Home
Nuovo abbraccio tra grandi capitali e il pinguino

27 Luglio 2005

Nuovo abbraccio tra grandi capitali e il pinguino

di

Grazie a business plan solidi e innovativi, il software aperto/libero attira grossi affari e investimenti

Il software open source attira nuovamente i grandi investimenti. Questo il trend che viene riscoperto dai venture capitalist statunitensi, a cinque anni dal memorabile botto della bolla-Internet che trascinò con sé parecchie aziende e investitori legati al giro Linux. Allora a rimetterci le penne furono nomi quali VA Software, la cui IPO (Initial Public Offering) rimane tuttora imbattuta nella storia borsistica: nel dicembre 1999 ogni azione venne quotata a 300 dollari. Peccato che subito dopo il business aziendale, la vendita di hardware con Linux pre-installato, iniziò a scemare, per poi essere definitivamente abbandonato. Oggi VA Software è noto solo come editore di Slashdot e simili siti legati all’open-source, con il titolo quasi defunto a Wall Street (sotto i 2 dollari al pezzo). E pur se Red Hat `e rimasta a galla, adesso le sue azioni valgono appena un decimo dei 150 dollari cadauna di quei giorni gloriosi. Attenzione però: se quel sogno dei “Linux milionari… è in gran parte svanito, ora i grandi investimenti stanno seriamente riempiendo i forzieri delle start-up legate al pinguino e analoghe applicazioni.

Perché mai questo ritorno di fiamma? Lo spiega Dan Kusnetzky, uno dei vicepresidenti dell’agenzia IDC: “I venture capitalist sono alla ricerca di opportunità che offrano livelli di rischio accettabili e ritorni positivi a breve e medio termine…. In altri termini, quel che li attira non è tanto l’imprenditoria strettamente open source per sé, quanto piuttosto le applicazioni aperte connesse a applicativi di più ampia portata, quali strumenti di sviluppo e di utilizzo nei campi più disparati. “I venture capitalist – insiste l’esperto di IDC – sono convinti che queste tecnologie verranno considerate sempre più come dei beni consumo…. D’altronde ciò pare confermare lo scenario generale, con il software aperto e/o libero che va trovando applicazione concreta un po’ in ogni ambito, dai cellulari di nuova generazione alla contabilità imprenditoriale agli elettrodomestici intelligenti. Ovvero l’open source come business model ideale per le nuove opportunità del dilagare tecnologico.

In netta crescita anche l’interesse per le applicazioni “end-user…. Basti pensare alla credibilità acquisita giorno dopo giorno da OpenOffice, con tutte le conseguenze del caso. Mentre la stessa ascesa di Red Hat, con la crescita esponenziale di proposte e servizi differenziati per tutti i gusti, con un più 46 per cento delle entrate generali, dimostra il fondamentale incremento della domanda di mercato in tal senso. Mentre gli investitori sono proprio alla ricerca di fatti concreti e prospettive solide, come si conviene in ogni ambito tradizionale, e non più preda dell’illusione di guadagni facili e stratosferici. Sintetizza bene la situazione il senior editor di eWeek, Steven Vaughan-Nichols, in un recente editoriale: chi è alla ricerca di capitali, deve chiarire ai possibili investitori di possedere un “business plan solido e attivo per raggiungere un cash flow positivo e far decollare l’attività, anziché perdere tempo e tirar su soldi o avere una strategia per trarsi d’impaccio in caso di problemi….

Tra le start-up open source che vanno interessando le grosse agenzie d’investimenti, c’è Black Duck Software, produttore di software relativo alle varie licenze d’uso, con 12 milioni di dollari ottenuti da Fidelity Ventures. Stessa somma data a SpikeSource, azienda che cura servizi info-tech, da Fidelity Ventures e Kleiner Perkins Caufield & Byers. Mentre ActiveGrid ne ha ottenuti 10 da Worldview Technology Partners soprattutto per l’applicazione per server basata su un sistema misto comprendente Linux, Apache, MySQL e PHP/Python/Perl. Senza dimenticare una serie di società (e cifre) minori comunque relative al settore convergente tra comunicazioni e informatica, oltre che nelle applicazioni per embedded computing e wireless.

D’altra parte c’è chi dimostra come sia possibile far soldi pur producendo software open source e/o libero, sfruttandone al meglio il metodo di produzione e distribuzione. E quelli che lo applicano bene guadagnano alla grande: basta guardare a HP, IBM, Google, Yahoo!, Amazon oltre che a rivenditori “puri… come Red Hat, JBoss e MySQL. Il primo business plan che funziona è certamente quello della doppia licenza: di fianco alla versione open source, generalmente gratuita, il produttore offre una licenza commerciale a pagamento. È il caso di MySQL e Openoffice.org, entrambi pacchetti leader dei rispettivi settori, motivo per cui gli utenti sono disposti a pagare per le versioni più avanzate. E lo stesso succede con analoghi programmi di nicchia: in 10 anni le release di TrollTech, conosciuta solo agli sviluppatori, ne hanno permesso una crescita costante fino a dare lavoro a 130 impiegati.

Anche il secondo modello è tanto semplice quanto efficace, e riguarda la fornitura di supporto tecnico a pagamento. Esempio classico rimane Red Hat, soprattutto con recenti iniziative in tal senso, oltre che ovviamente il gigante IBM. Chiaro, non tutti possono aver successo, e trattasi pur sempre di un business plan per nulla semplice da implementare. Nel senso che soprattutto nel mare magnum dell’open source occorre avere le idee chiare a livello imprenditoriale. Ma la combinazione tra simili modelli innovativi e il ritorno dei grandi investimenti fa ben sperare per l’ulteriore rilancio del pinguino.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

Iscriviti alla newsletter

Novità, promozioni e approfondimenti per imparare sempre qualcosa di nuovo

Gli argomenti che mi interessano:
Iscrivendomi dichiaro di aver preso visione dell’Informativa fornita ai sensi dell'art. 13 e 14 del Regolamento Europeo EU 679/2016.