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Nuovi scenari per la comunicazione online?

27 Settembre 2002

Nuovi scenari per la comunicazione online?

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Gli utenti giocano tra web e TV, mentre i grandi media sono nel pallone e prosperano i super-blog.

Rimane alterno in USA il connubio tra informazione, intrattenimento e Internet. Da una parte sembra che TV e computer vadano a braccetto, almeno per oltre la metà dei 45 milioni di adulti che li usano spesso in contemporanea. Questo il dato centrale di un recente sondaggio curato da comScore Media Metrix. Peccato che, attenzione attenzione, subito dopo si scopre che quel web-surfing non ha nulla a che fare con quanto va in onda sul piccolo schermo. La ricerca riporta infatti come per ben il 74 per cento dei suddetti “l’uso di Internet non ha alcuna relazione con la trasmissione che stanno guardando in TV.” Di straforo arriva poi la notizia che i consumatori non dimostrano alcuna fretta di passare alla TV digitale, acquistando ancora gli apparecchi tradizionali e costringendo i produttori a sfornarne in gran quantità. Poco importa che la FCC stia per andare su tutte le furie, dopo aver fissato al scadenza “improrogabile” del 2004 per il passaggio al “tubo” esclusivamente digitale. E se ancora non bastasse, ecco gli analisti di Merrill Lynch prevedere che da qui a due anni l’intera industria dei media statunitensi possa ritrovarsi sotto un management piuttosto nuovo. Tutto a posto e niente ordine, insomma — a parte, forse, l’inarrestabile ascesa dei blog (abbreviazione di web log).

Per i più distratti, questi sono esplosi all’alba del 2000, grazie al boom del relativo software appositamente studiato per gli “editori dilettanti”, occupandosi di tutto un po’. Dai diari online alla pop culture, dai commentari d’attualità all’ironia dilagante, con ampio sfoggio di link reciproci. Un sacco di gente che si diverte e informa per un fenomeno che oggi raggiunge cifre vicine al mezzo milione di siti, almeno stando ad alcune fonti. E il bello è che la maggior parte puntano sulle news, rubando o integrando l’utenza delle grandi testate, assemblando idee a destra e a manca. Il successo è dimostrato, tra l’altro, da un paio di fatti sostanziali: il famoso Oxford English Dictionary sta considerando l’introduzione nella prossima edizione cartacea del termine “blog”; e la University of California di Berkeley si appresta a dare il via al primo corso di Web-log, tramite la quotata Graduate School of Journalism.

Ancora, secondo il Pew Internet & American Life Project il grande boom dei blog va posizionato in contemporanea con i tragici eventi dell’11 settembre 2001. L’enorme numero di utenti che in quel giorno si è riversato su Internet non di rado ha trovato ingolfati i grandi siti di news, ripiegando così rapidamente su quei blog che facevano velocemente rimbalzare notizie di prima mano raccolte a livello locale. L’occasione ha trasformato molti “blogger” in “giornalisti do-it-yourself”, reporter a caccia di informazioni da assemblare al volo, spesso anche per conto altrui. Questa l’istantanea offerta da uno studio, appena diffuso dallo stesso Pew Internet Project, centrato su “11 settembre e Internet, un anno dopo.” Tra le varie risultanze, si nota come i due terzi degli interpellati deleghino al governo ogni decisione su quali informazioni vadano diffuse o meno sul web, onde evitare siano di aiuto ai terroristi. Anche se il 47 per cento aggiunge che simili forme di “segretezza” non avranno ripercussioni sostanziali nella lotta al terrorismo. Ancora più netta la spaccatura sui poteri assegnati alle agenzie federali per il monitoraggio di e-mail ed attività online dei singoli: il 47 per cento si dichiara contrario a tali poteri, il 45 per cento favorevole.
Passando all’analisi del cambiamento del web un anno dopo, l’indagine del Pew Internet & American Life Project segnala come Internet sia divenuto ancor più un “luogo virtuale comunitario,”, non soltanto a ridosso di quei fatti ma spesso ancora oggi, sia per la mole di foto e notizie circolanti un po’ ovunque sia, appunto, per quel fenomeno di “giornalismo autoprodotto” dei blog che da allora ha conquistato spazi in pianta stabile.

E di pari passo all’ampliamento esponenziale della “blog-o-sphere,” ecco che i titani dei media sembrano avere i piedi d’argilla. Con un valore azionario medio del 40 per cento inferiore rispetto allo scorso anno, giganti tipo AOL Time Warner, Disney e Universal Entertainment si apprestano a drastiche riduzioni dei vari conglomerati — incluso lo “scaricamento” delle unità maggiormente in crisi. Dopo aver trascorso lo scorso decennio tra fusioni e centralizzazioni a non finire, le quali hanno coinvolto società via cavo, network TV, catene di negozi video, società di provider e servizi Internet, ecco un po’ tutti correre ai ripari. Un gran confusione che lascia intravedere grossi mutamenti gestionali, almeno nella visione degli esperti di Merrill Lynch: “Da qui a 20 anni potremmo trovarci davanti al più grande riallineamento della storia, ed è probabile che entro due anni l’industria dei media verrà guidata da un management del tutto nuovo.”

Quali le basi per un simile pessimismo? Bé, intanto il carosello delle poltrone eccellenti tuttora in corso. Basti citare Gerald Levin e Bob Pittman buttati fuori da AOL, con il recente salvataggio in extremis del boss Steve Case; oppure l’autodistruzione di Jean-Marie Messier di Vivendi, e l’addio di Thomas Middelhoff nel gruppo Bertelsmann AG. E, udite udite, crescono le pressioni per il ritiro di Michael Eisner dalla guida del colosso Disney. Motivo? Le entrate dei costosi “theme park” restano stagnanti, ABC è sempre all’ultimo posto tra i network TV, il titolo borsistico è su ribassi mai visti. In pratica, gli azionisti avrebbero perso fiducia nella capacità di Eisner di armonizzare le molteplici attività del gruppo Disney, non ultima l’area cinematografica ora vicina all’espansione online.

Certo, è anche possibile che per ovviare alla crisi si apra una nuova stagione di inglobamenti, fusioni e quant’altro. Intanto però i singoli cercando di sfruttare al meglio il momento usando in maniera complementare i vari media, integrando a piacimento TV, web, riviste, radio nonché il sempre attuale passa-parola. Dalle comunità virtuali di ieri ai blog odierni agli esperimenti futuri, insomma, sembra che l’importante sia comunicare in maniera interattiva e senza filtri…

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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