Ha ragione Giuseppe Granieri (@gg) a ricordarci una nozione fondamentale che forse viene equivocata o sottovalutata troppo spesso, oggi, quando parliamo di editoria e di editoria digitale:
Il libro, però, non è hardware. Non era hardware – lo dicevamo – nemmeno quando il supporto era la carta e, commentavamo, ridurre il libro al medium in fondo lo svilisce.
Condivido con Granieri anche lo scarso interesse nei confronti dell’hardware. Amazon ha presentato alcuni nuovi device, d’accordo, ma non è questo il punto. È lo stesso Jeff Bezos a non lasciare spazio ai fraintendimenti:
“People don’t want gadgets anymore,” Bezos explained yesterday. “They want services.” […] We want to make money when people use our devices, not when they buy our devices.
Rientrano in questa logica le offerte speciali di Amazon inserite sul lock screen dei Kindle HD. Se si vuole farne a meno, bisogna pagare 15 dollari in più (e Amazon è comunque tornata sui suoi passi dopo aver annunciato in un primo momento che non sarebbe stato possibile eliminarle). Questo dovrebbe chiarire quanto Kindle Fire non sia un tablet; ovviamente lo è, ma è irrilevante. La sua funzione è consentire il miglior accesso mobile possibile al retail di Amazon, che comprende prodotti e servizi e che è il vero core business della società.
Ancora più interessanti – e probabilmente incisivi sul lungo periodo – i Kindle Serials, pubblicazioni a puntate aggiornate automaticamente a ogni nuova release, senza costi aggiuntivi per i lettori. Anche in questo caso, la cosa veramente interessante non è il recupero del feuilleton come forma narrativa, ma le conseguenze sul processo di scrittura e pubblicazione dei contenuti. I Kindle Serials consentono agli autori di monitorare il comportamento dei lettori e di adattare di conseguenza gli sviluppi della storia. Amazon ha intenzione inoltre di mettere a disposizione luoghi dedicati al confronto tra autore e lettori, in cui ognuno sarà libero di esprimere la propria opinione sulle puntate già pubblicate e sugli sviluppi a venire.
In questo modo Amazon si posiziona con intelligenza all’intersezione di alcune tra le tendenze più recenti e interessanti che riguardano la produzione di contenuti: agile publishing (di cui si era parlato già a Editech, qui una selezione di link sull’argomento), piattaforme di scrittura e pubblicazione collaborativa (come Wattpad a cui partecipa, tra gli altri, Margaret Atwood), aggregazione e analisi dei dati sui comportamenti di lettura.
È molto probabile che, in alcuni casi,
publishing one segment at a time will enable authors, like app developers, to make decisions based on user activity.
E se qualcuno di sicuro rabbrividirà di fronte a un’ipotesi di questo tipo (per gli appassionati del genere, è di pochi giorni fa la pubblicazione dell’ennesimo manifesto contro la contemporaneità, firmato questa volta da 451 intellettuali francesi e non solo, che se la prende, tra gli altri, con programmi software, ordini online, correttori ortografici), mi sembra che sia semplicemente il modo migliore – il più adatto – di agire all’interno del contesto culturale e tecnologico in cui viviamo.