Le regole stanno affondando in modo più profondo nel tessuto stesso della rete e nel 2011 ne vedremo gli effetti. La tendenza traspare da alcune notizie di questi ultimi giorni, all’apparenza scollegate ma in realtà figlie di un nuovo orientamento che si sta imponendo (perlomeno) in Occidente. A livello mondiale, si distingue la decisione della Federal Communications Commission, l’authority delle telecomunicazioni americane, di sistematizzare per la prima volta le regole sulla neutralità della rete. Da noi, l’Autorità garante delle comunicazioni ha pubblicato pochi giorni fa la delibera che inaugura l’iter verso una nuova tutela del diritto d’autore online.
C’è un aspetto comune tra i due provvedimenti, pur diversi nel merito: per la prima volta, cercano di rendere ordinato e sistematico, con regole, aspetti della vita di internet finora affidati a consuetudini e ad accordi più o meno trasparenti tra le parti. Entrambi inoltre investono il rapporto tra utenti, operatori e funzionamento della rete. Forse questi due tentativi falliranno, per incidenti del percorso normativo. Ma comunque è probabile che ne seguiranno altri simili, perché la tendenza sembra ormai chiara.
Neutralità made in Usa
Per prima cosa, sbaglieremmo a pensare confinate all’America le regole appena stabilite dalla Fcc. Certo, riguardano quel mercato e i loro operatori; ma la filosofia di fondo è perfettamente in linea con quanto detto dalla Commissione Europea, cioè l’organo massimo deputato a guidare il dibattito sulla neutralità nel Vecchio Continente. Il succo, in comune tra Usa ed Europa, è: mettiamo solo le regole necessarie per evitare le distorsioni palesemente più gravi all’innovazione e alla concorrenza su internet; garantiamo in ogni caso almeno la trasparenza: il diritto cioè dell’utente a sapere come il proprio operatore gestisce il traffico. Per il resto, lasciamo fare al mercato (dicono in coro Julius Genachowsky, presidente di Fcc, e la commissaria europea Neelie Kroes), per non ostacolare i futuri investimenti nelle reti di nuova generazione.
Sì quindi, per ora, a esperimenti di reti a più velocità. Prepariamoci a vedere servizi con velocità garantita end to end, per l’intrattenimento, la sicurezza domestica, le smart grid, grazie ad accordi tra i fornitori e gli operatori. «Sono permessi, purché non minaccino l’innovazione e la normale internet», specifica Fcc. Come se fosse facile stabilirlo in anticipo o fermare la macchina, una volta avviata: ma è un rischio che le istituzioni pensano si debba correre. Fcc è stata convinta dagli operatori che il mercato della banda larga mobile necessita di regole più leggere. Aspettiamoci quindi offerte ancora più labirintiche delle attuali, negli Usa ma anche in Europa (dove al momento le authority lasciano fare i mobili senza intervenire).
Un bit non sarà più un semplice bit: come si vede da nuove tecnologie appena presentate, i mobili potranno far pagare il traffico agli utenti a seconda del tipo di applicazione utilizzata. Oppure chiedere un pedaggio ai fornitori di servizi per raggiungere gli utenti. Due cose vietate da Fcc agli operatori fissi. Problema: internet futura sarà sempre più spostata verso l’accesso mobile, già preferito dai ceti sociali più bassi e dagli immigrati. Non sarà più la stessa internet per tutti. Persino l’America, pioniera di internet e baluardo della libertà d’espressione, ha acconsentito a questa svolta. Non illudiamoci che l’Europa ponga freni più forti agli operatori.
Agcom contro la pirateria
A Corrado Calabrò, presidente di Agcom, è riuscito il tentativo di mettere d’accordo (quasi) tutti. Il nuovo regolamento – ora in consultazione pubblica, primo passo per poi diventare norma efficace – è applaudito bipartizan. Poche le voci contrarie e di certo sono favorevoli tutte le associazioni del copyright. Il trucco di Agcom è stato di non introdurre niente di davvero nuovo. Si limita a istituzionalizzare e sistematizzare gli attuali strumenti anti pirateria. Due, in particolare: richiesta al sito/servizio di rimuovere il contenuto pirata (o il suo link); oscuramento del sito e servizio tramite Dns o Ip, con la collaborazione degli operatori e – promette Calabrò – le forze dell’ordine. Finora sono state procedure gestite direttamente dai detentori di copyright. Potranno continuare a farlo, ma nel 2011 avranno l’alternativa di affidare il compito “poliziesco” ad Agcom.
Vogliamo essere ottimisti? Forse l’intervento di Agcom eviterà nuovi casi di eccesso di zelo da parte delle forze dell’ordine o dei detentori di copyright. Come l’oscuramento di interi siti o Ip che fanno capo a molteplici contenuti, invece di una rimozione più chirurgica. Verrebbe da auspicarsi la stessa saggezza anche per i reati di diffamazione sul web, per non vedere più sequestrati interi forum o blog per un singolo post o commento contestati. Il pericolo futuro è di natura opposta. Non viene dagli eccessi irrazionali di repressione, tipici di un rapporto ancora immaturo tra internet e le istituzioni. Ma è di ritrovarci immersi in un traffico tutto regolato da normative, che per la prima volta nella storia di internet ne decideranno le direzioni future. A seconda di ciò che permetteranno o vieteranno agli operatori o ai fornitori di servizi.
Bisogna augurarsi che il legislatore sia saggio abbastanza per prevedere oggi quali pratiche si riveleranno domani pro o anti innovative. È la prima volta che accade, quindi è tutto davvero nuovo. Su internet già valgono regole del codice civile e penale e riguardano i comportamenti dei loro utenti. Le nuove regole invece mirano a introdurre prassi nuove nel funzionamento stesso di internet, andando a orientare l’accesso tecnico a contenuti.