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Network poco sicuri in USA, Patriot Act forse in versione europea

13 Novembre 2001

Network poco sicuri in USA, Patriot Act forse in versione europea

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Dalle libertà civili al mondo high-tech, sempre in primo piano le ricadute dell'11 settembre.

“L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è la censura. Occorre comprenderlo e attivare le scelte giuste. Ma come possiamo farlo se ci si chiede di credere ciecamente alle iniziative governative?” Questa la posizione di Kathleen Bradbury, responsabile del comitato anti-censura di PEN New Mexico, associazione internazionale di scrittori a sostegno della libertà d’espressione. L’occasione per tali annotazioni è data da un forum pubblico per informare correttamente sulle conseguenze a largo raggio del recente USA Patriot Act. Iniziativa che, per quanto decentrata (sta per svolgersi in quel di Santa Fe, New Mexico), testimonia l’attivismo del movimento “controcorrente” a sostegno delle libertà civili in un momento assai difficile.

Un movimento che continua a trovare poco spazio sui media, a meno che non si tratti di ricordare lo “stereotipo” del Comune di Berkeley che qualche settimana fa aveva approvato una mozione “contro la guerra.” E sul tutto arrivano le voci di una possibile replica della cosiddetta legge anti-terrorismo statunitense, stavolta in Europa. La settimana scorsa George Bush avrebbe infatti scritto all’attuale presidente (belga) della UE invitandolo a introdurre apposite norme per consentire la sorveglianza elettronica anche nei paesi europei.

Su quest’ultimo punto, si chiede specificamente la modifica alla direttiva a tutela della privacy approvata quest’estate per consentire ampia libertà di manovra agli investigatori. Una simile legislazione non farebbe altro che reintrodurre dalla finestra quello che si è lasciato fuori dalla porta. Secondo esperti inglesi nell’ambito delle libertà civili, si cercherà di rendere “più appetibili” vecchie proposte (già respinte dal Parlamento Europeo) finalizzate all’indiscriminata raccolta di dati personali da parte degli organi repressivi. Come già accaduto in USA, il progetto verrebbe camuffato come una “normativa anti-terrorista.” È ancora presto per vedere se e come queste voci troveranno concretezza, ma la vigilanza è già iniziata.

Nel frattempo la fobia da anthrax rimane, anche se non fa più notizia, o meglio: quasi tutti fanno finta di niente. Anche perché va celebrata la giornata del Veteran’s Day, ghiotta occasione per sventolare un numero ancora maggiore di bandiere, con manifestazioni locali che non tardano ad accomunare i caduti nella Seconda Guerra Mondiale con quanti hanno perso la vita nel crollo delle Twin Towers di New York City. Ancor più s’insiste sull’inopportunità di posizioni meno che patriottiche. È il caso della mozione “pacifista” approvata con un solo voto di scarto dal consiglio comunale di Berkeley, California, qualche settimana fa. Iniziativa di cui i locali continuano a dibattere tranquillamente, ma che per qualche giornale è divenuto un chiodo fisso. Nei giorni scorsi ci è tornato su il Washington Post, ad esempio, che riporta tutte posizioni opposte al comportamento dei consiglieri. Ribadendo come oggi sia anacronistico abbandonarsi a quel vento pacifista che spazzò via la guerra in Vietnam oltre 30 anni addietro.

Ad onor del vero di tanto in tanto passa perfino qualche editoriale “progressista”, come quello dello storico Orlando Romero: “noi Americani non sappiamo distinguere tra l’avidità delle corporation, la democrazia e il patriottismo.” Il riferimento è soprattutto diretto a certe manovre pro-business che, con la scusa del terrorismo, dovrebbero rilanciare l’economia made-in-USA — a spese dei contribuenti. Spiega Romero, le cose più strane accadono in periodi grande nazionalismo, vedi le pesanti purghe anti-comuniste volute dal Senatore McCharty negli anni ’50. Carriere rovinate, persone ridotte sul lastrico, sorveglianza e sospetti diffusi. Fino alla pubblica condanna, nel dicembre del 1954, nei confronti dello stesso McCharty da parte del Senato, tramite l’approvazione di documento in cui si leggeva, “per condotta contraria alle tradizioni senatoriali.” Ma il danno era ormai fatto. In un clima, quello odierno, che potrebbe rievocare vecchi fantasmi, ecco il passaggio, nel silenzio generale, di un leggina che offre sgravi fiscali pari a un miliardo di dollari per mega-società quali General Electric e General Motors, tra le altre. Mentre, appunto, si prepara una grossa corsa agli acquisti nazionali (meglio se online) per Thanksgiving e subito dopo per Natale. E i consumatori abboccano.

Nel frattempo si attendono le prime ripercussioni dopo l’entrata in vigore USA Patriot Act, soprattutto nell’ambito della sorveglianza su Internet. Ambito per il quale va ricordato come le disposizioni specifiche emanate dall’Attorney General, all’indomani della firma di Bush, siano del tutto “classified”, cioè segrete. Si spera non succedano cose turche, intanto che l’intero settore high-tech viene chiamato a ripensare la propria infrastruttura. I grandi network non sono affatto sicuri, ha ribadito il consigliere speciale di Bush sulla sicurezza in cyberspace. Intervenendo nel corso della conferenza su Trusted Computing organizzata da Microsoft nella Silicon Valley, Richard Clarke ha affermato tra l’altro che “i nostri nemici useranno la tecnologia contro di noi, e anche se non possono costruirla, sono certamente in grado di capirne il funzionamento.” Ergo, rivolgendosi ai CEO industriali, occorre innalzare il livello di sicurezza informatica. Anche se ciò spesso significa investire un bel gruzzoletto. Tuttavia, ha concluso Clarke, “se la libertà non si ottiene gratis, lo stesso vale per la sicurezza.”

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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