È risaputo che Internet diminuisce la produttività dei dipendenti. Infatti, non è raro che il lavoratore, avendo a disposizione la connessione gratuita – o, più esattamente, a spese altrui – alla Rete, durante l’orario di lavoro approfitti della possibilità di navigare liberamente per accedere ai siti più disparati che, il più delle volte, nulla hanno a che vedere con le sue mansioni.
Da un’indagine condotta da Datamonitor è emerso che, su un campione di 200 imprese europee, i due terzi di queste controlla gli accessi ad Internet dei propri dipendenti e il 59% impone dei filtri per limitarli.
I siti più censurati da parte delle imprese sono quelli pornografici, non solo a causa della perdita di produttività del lavoratore distratto dalla consultazione, ma piuttosto per il turbamento che le pagine visitate possono provocargli, anche una volta terminata la navigazione.
È infine da sottolineare che, tra le imprese che vorrebbero filtrare l’accesso dei dipendenti a Internet, più della metà ha scelto soluzioni tecniche per gestire le restrizioni applicate, mentre le altre hanno confidato nell’efficacia di regolamenti interni ad hoc e delle consuete lettere di richiamo, per arginare il problema.