Mafe De Baggis, in un suo recente post riassume, in dodici punti, ciò che ha imparato sulla rete e che non ha più voglia di ripetere. Il sesto punto recita:
I nativi digitali sono abituati alla tecnologia, non consapevoli delle sue potenzialità e in quanto tali nati miracolati sulla via di Damasco: meravigliarsi o dispiacersi che usino Facebook per commentare X-Factor e non per fare la rivoluzione è come darmi un’asta e meravigliarsi se non salto da un palazzo all’altro.
Mi domando se ciò non sia in parte colpa di chi nativo digitale non è. Un esempio pratico è quello delle applicazioni della geolocalizzazione, ossia l’identificazione di latitudine e langitudine rilevate da un dispositivo. La Geolocation Api è una interfaccia di programmazione davvero semplice e rappresenta parte integrante della piattaforma web aperta. Anche per questo ad essa è dedicato un capitolo in ogni manuale di Html5 seppure tecnicamente non faccia parte di tale specifica.
Ora alzi la mano chi ha sentito parlare di FourSquare! Chi conosce invece FixMyStreet? A meno che non abbiate letto Nova24 – inserto di “Innovazione e Tecnologia” de “Il Sole 24 Ore” – del 29 gennaio scorso e vi siate lasciati catturare da un trafiletto a pagina 51, saprete poco o nulla a riguardo (in sintesi: un sistema al quale inoltrare una foto che documenti un disservizio/malfunzionamento, che permette di geolocalizzarla e inoltrarla al comune di competenza). Senza nulla togliere al social network basato sulla condivisione delle coordinate geografiche, FixMyStreet è un progetto (attivo solo in Gran Bretagna) che sfrutta le tecnologie legate al Web per un impiego di gran lunga più utile per la comunità e per uno stimolo concreto all’amministrazione cittadina ad occuparsi di una parte del proprio “core business” (pulizia e riparazione delle strade, sistemazione di lampioni non funzionanti, ecc.).
A proposito, a quando un “RiparaLaMiaStrada.it”?