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Napster: il problema sono i soldi

21 Febbraio 2001

Napster: il problema sono i soldi

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Napster annuncia la realizzazione di un sistema di contribuzione per il suo servizio di scambio di MP3. Intanto, la RIAA insiste nel voler far chiudere il sito del “peer-to-peer”. A …

Napster annuncia la realizzazione di un sistema di contribuzione per il suo servizio di scambio di MP3. Intanto, la RIAA insiste nel voler far chiudere il sito del “peer-to-peer”.

A termine del processo Napster, tutta l’industria discografica si felicita per la decisione della nona corte d’appello di San Francisco.
Napster è riconosciuta colpevole di infrazione alle leggi sul copyright.

Malgrado questo, però, il sito di scambi di file musicali resta ancora in attività.
Il 15 febbraio scorso, la Recording Industry Association of America (RIAA) e la National Music Publishers Association (NMPA), decidono di contrattaccare e sottomettono alla corte una nuova ingiunzione preliminare.

Secondo i termini di questa nuova ingiunzione, Napster dovrà impedire lo scambio di brani musicali sottomessi alle leggi sul copyright e “cancellare” gli utenti “fuorilegge”.
L’industria musicale, dal canto suo, identificherà le musiche che circolano senza autorizzazione sui server del peer-to-peer.

Napster, intanto, dopo la sua alleanza con Bertelsmann, cerca di rientrare nella legalità.
Il sito, infatti, annuncia la realizzazione di un sistema di contribuzione per il suo servizio, che permetterà di raccogliere i soldi necessari a regolarizzare i diritti d’autore degli artisti.

Il sistema elaborato dalla Digital World Service, permetterà lo scambio di file protetti tra i membri paganti di Napster.
Così, solo gli abbonati al servizio potranno “craccare” legalmente la protezione inserita sui file. Anche le copie di MP3 su CD saranno limitate.

Hank Barry, amministratore delegato di Napster, ha dichiarato che “le vere questioni sull’avvenire di Napster sono ormai economiche e non più tecniche o legali” e chiama al sostegno i suoi utenti.

Una sezione del sito “Speak Out” li incita a scrivere al Congresso per non far chiudere il servizio, mentre un’altra, chiamata “Action Network” propone di proporre idee con lo scopo di salvare il servizio P2P.

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