L’ambiente musicale è in festa per l’attribuzione dei Grammy Award. Tutti, tranne l’industria discografica che si presenta all’avvenimento con il lutto al braccio.
Le vendite di CD ribassano, gli artisti si ribellano e la giustizia inizia a chiedere.
Negli Stati Uniti, soprattutto, manca il 4,1 % di vendite rispetto all’anno precedente, con un fatturato di 13,7 miliardi di dollari nel 2001, secondo le statistiche raccolte dalla RIAA, l’associazione americana dell’industria musicale.
Intermini di unità vendute (CD, cassette, ecc.) il ribasso è ancora più spettacolare: -10,3 %. In particolare i consumatori americani hanno dimenticato le cassette (-40 %) e comprano meno CD (-6 %).
Hilary Rosen, presidente della RIAA le colpe vanno suddivise.
“L’economia ha rallentato l’anno scorso – dichiara – gli attentati dell’11 settembre hanno disturbato il primo trimestre, ma la pirateria su Internet e la masterizzazione di CD hanno largamente contribuito al ribasso”.
Internet bussa a tutte le frontiere e alcuni non esitano a predire la fine dell’età dell’oro del CD, dopo quella delle cassette negli anni ’80.
Secondo gli analisti, il consumatore acquista più spesso un CD per due o tre canzoni e il resto dell’album non gli interessa.
Dunque, scaricando musica su Internet e con l’avvento di registratori digitali e masterizzatori, il consumatore di musica scopre che può controllare il contenuto dei suoi CD.
Di fronte a queste nuove possibilità, sono in molti a dire che il prezzo del CD, in una media tra i 14 e i 15 dollari, appare troppo dissuasivo.
Soprattutto se si aggiunge la concorrenza del DVD che, per qualche dollaro in più, diventa molto seducente.
“La sola soluzione per le case discografiche di fronte al ribasso delle vendite – spiegano alcuni analisti – è di mettere in opera servizi online che siano veramente allettanti per il consumatore”.
Pressplay e MusicNet sono avvertiti.