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Musica: gratis o a pagamento?

06 Dicembre 2001

Musica: gratis o a pagamento?

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La musica su Internet sta provocando due fenomeni agli antipodi: da un lato iniziano a essere operativi i servizi a pagamento benedetti dall’industria discografica, dall’altro aumentano i proseliti dei discepoli …

La musica su Internet sta provocando due fenomeni agli antipodi: da un lato iniziano a essere operativi i servizi a pagamento benedetti dall’industria discografica, dall’altro aumentano i proseliti dei discepoli di Napster.

Il sito americano Listen.com ha lanciato Rhapsody, uno dei primi servizi per abbonamento degni di questo nome, che propone l’accesso a migliaia di canzoni a pagando da 5,95 a 7,95 dollari al mese.

A differenza di RealOne, questo servizio si avvarrà dei cataloghi delle case indipendenti, da Tito Puente a DJ Grey Boy, anche se ha aperto un negoziato con gli artisti a contratto con le cinque major discografiche.

Lo conferma un portavoce di Listen.com che ha dichiarato che il sito spera di “poter proporre le cinque major entro la metà del 2002 al più tardi”.

Il 21 dicembre dovrebbe scendere in campo Pressplay, il servizio considerato il vero concorrente del già attivo RealOne, di cui però ancora poco si conosce se non che sarà proposto su Yahoo! e MSN.

Dall’altra parte della barricata, proliferano i siti che hanno raccolto l’eredità di Napster, schiacciato dalle cause intentate dalla RIAA.
I siti a pagamento, infatti, a differenza di quelli gratuiti (diciamo così per semplicità) non consentono agli abbonati di trasferire musica dai PC verso dispositivi digitali o computer da tasca, né incidere CD.

E così i siti che usano la nuova tecnologia realizzata da FastTrack si stanno imponendo sul mercato in modo folgorante.

Kazaa, MusicCity e Grokster hanno raccolto circa 1,3 milioni di internauti connessi simultaneamente in media nel mese di ottobre, secondo i dati riportati da Webnoize.

Sarà difficile per i nuovi siti a pagamento far fuori questo tipo di concorrenza e, come dice anche l’analisi di Webnoize, anche se ci riuscissero altri raccoglierebbero il testimone dello scambio gratuito di musica su Internet.

Una battaglia perduta in partenza, dunque, che dovrebbe spingere i “signori” del disco piuttosto che a spendere soldi in avvocati a cercare delle soluzioni di marketing che spingano i consumatori a rivolgersi a loro piuttosto che al mercato del baratto.

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