La musica digitale diventa mainstream. Questo lo scenario che va ormai concretizzandosi nel panorama a stelle e strisce. Si moltiplicano le iniziative di aziende grandi e piccole, alla ricerca della definitiva affermazione di un mercato legale e a pagamento. Pur se proseguono tranquillamente, a ormai quattro anni dalla prima beta di Napster, i rilanci di pezzi non autorizzati via internet. Oltre agli scambi dei circuiti P2P a livello “underground”. Un fermento generale che da qualche settimana ha trovato riscontro nel fulmineo successo di iTunes Music Store lanciato da Apple e, in queste ore, dalla pronta replica di Listen.com. Com’è noto, il primo vende brani musicali di ogni genere a 99 cent cadauno (meno se acquistati in gruppo), avendo superato quota due milioni in appena dieci giorni dal lancio. Il secondo rilancia al ribasso: 79 cent a pezzo, scelti tra oltre 200.000 canzoni disponibili, pur se con l’aggiunta dell’abbonamento mensile di 9.95 dollari.
Oltre che ai cyber-utenti, il trend piace anche agli esperti. “Quella di Listen.com è una buona notizia per i consumatori che avranno maggiori opzioni per trovare musica online a prezzi competitivi,” spiega Susan Kevorkian, analista presso IDC. “È incoraggiante vedere che sia le etichette discografiche sia i servizi a pagamento vogliano sperimentare con le tariffe onde meglio soddisfare la domanda del pubblico. Ciò significa che le major puntano davvero a creare un vero e proprio mercato.” Ultimo esperimento in ordine di tempo, appunto, l’iniziativa di RealNetworks che aveva acquistato Listen.com il mese scorso. L’azienda di streaming possiede altresì il 40 per cento di MusicNet, altro servizio di musica online lanciato insieme a EMI e AOL Time Warner, pur dichiarando di volerlo mollare e di competere anzi per la medesima fascia d’utenza. RealNetworks ha annunciato i dettagli di Rhapsody/Listen.com durante la All Things Digital Conference in California: accesso illimitato alla più vasta raccolta di musica da etichette note e indipendenti, con oltre 330.000 pezzi disponibili per l’ascolto on-demand e più di 200.000 per diretto trasferimento su CD. Sempre al modico prezzo di 79 c. cadauno e con immediato accesso al nuovo catalogo di Listen.com, pur se dietro abbonamento di 9.95 dollari al mese e 14 giorni di prova gratuita.
Il tutto come aggressiva risposta al successo di iTunes (disponibile soltanto per Mac), come chiarisce il vicepresidente per il marketing di RealNetworks, Dan Sheeran: “Vogliamo distogliere l’attenzione che hanno conquistato prima che se ne escano con un servizio per Windows.” Un’ampia manovra di assestamento, in sostanza, visto che l’offerta promozionale di Rhapsody, appena un paio di mesi fa, proponeva download al prezzo stracciato di solo 49 cent. Pare insomma questo il momento buono per sperimentare con business model diversi, in attesa delle verifiche del mercato. “Siamo ai primi passi di una grossa transizione in atto rispetto al consumo dei media,” insiste Mike McGuire, direttore delle ricerche al Gartner/G2. “Siamo nella fase di passaggio dalle cose materiali come i CD ai file digitali”. E il successo di iTunes sembra mostrare che “c’è domanda download a la carte” e che la gente è disposta a pagare per “file di alta qualità pur sapendo che molto probabilmente quello stesso file è disponibile gratis da qualche parte”. Tuttavia, prevede ancora McGuire, nessuno di questi modelli risulterà dominante: “ciascuno finirà per trovare un proprio pubblico fidato”.
Sul fronte meno roseo, ecco Apple ricorrere prontamente ai ripari per bloccare “pratiche illegali” commesse proprio da alcuni utenti di iTunes. I quali non potranno più condividere su internet i brani musicali prelevati a pagamento dal servizio. La versione appena diffusa, iTunes 4.0.1., impedisce infatti la diffusione dei file al di fuori di una rete locale, riportando il software al suo uso previsto e disabilitando ogni ridistribuzione via internet. Gli attivisti del file-sharing e delle reti P2P avevano fatto presto a creare programmi che consentivano l’accesso ai file resi disponibili da utenti iTunes compiacenti. Pratiche mal digerite, anche se probabilmente già previste. In ogni caso, un comunicato dell’azienda di Cupertino specifica che: “La musica acquistata nell’iTunes Music Store può essere ascoltata su un massimo di tre computer Macintosh”. Aggiungiamo il boom continuo di Kazaa e analoghi sistemi for-free, oltre alle voci di un fondato ritorno di Napster, ed è facile verificare come il giro globale della musica “a sbafo” sia tutt’altro che sepolto, nonostante le battaglie legali da tempo intentate dalle major discografiche.
Comunque sia, nel complesso oggi si va delineando quella “ridefinizione della musica che i visionari di internet aveva promesso per anni,” come si legge un’articolata inchiesta avviata da CNet. La prima puntata, appena pubblicata, offre una panoramica dello scenario in divenire continuo, affiancato da un elenco super-dettagliato dei vari soggetti coinvolti, inclusi nomi, cifre e background di ciascun servizio online. Tra i punti qualificanti dell’analisi, la distribuzione digitale potrebbe aiutare in maniera determinante a rivoluzionare il modo in cui la musica viene prodotta, diffusa e perfino creata. Può darsi davvero che il grande arrivo di pure aziende high-tech nel settore, da Apple a Microsoft a Yahoo, finisca per stravolgere le arrugginite strategie cui ci vorrebbe abituati l’industria dell’entertainment. E vista la varietà di offerte, attuali e potenziali, alla portata di ogni tipo di utente digitale, è impossibile prevedere come andrà a finire.