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Mucche e digital divide

25 Luglio 2016

Mucche e digital divide

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Uno dei proprietari dell’azienda in cui lavoro vive in Svizzera, in un paese dove, se c'è ressa, ci sono venti persone e dieci mucche.

L’individuo, pur non essendo un nerd in senso stretto, ha la passione per la tecnologia (e, per essere una persona normale, se la cava anche bene a usarla). Ci spende somme stratosferiche (se lo può permettere) e ogni volta compare in ufficio con la tipica espressione del bambino che vuol far vedere il giochino nuovo agli amici (con l’aggravante di sapere benissimo che ci fa rodere come castori).

Ha fatto così quando si è comprato iMac, Xbox One, Surface Pro 3, Surface Book top di gamma, i nuovi access point, il sistema di domotica, il firewall e tutto il resto.

L’ultima volta, i colleghi e io ci siamo guardati con la classica espressione da Nooooo, di nuovo ma non abbiamo potuto evitare di chiedergli Cosa c’è di nuovo? (altrimenti sarebbe rimasto lì a gufare per tutta la mattina). La risposta è stata peggio del solito:

La nuova connessione in fibra. Ora ho una 250 megabit in download, 50 megabit in upload.

Io abito a 50 chilometri da Milano, in una cittadina da diecimila abitanti, con una centrale telefonica a carbonella e gli operatori che passano il tempo a terrorizzare i criceti che forniscono energia ai MUX. Sono partito da una sette megabit che, con il vento in poppa e io fuori dalla finestra rivolto a oriente in posizione del loto, forse risolveva un nome DNS; sono passato alla stessa configurazione con Infostrada (con la quale ho rischiato di andare per avvocati); poi è arrivata Eolo con una venti megabit e un tetto da 30 gigabyte che consumavo in circa una settimana (e mi costringeva a passare il resto del mese a quattro megabit), per giungere all’attuale trenta megabit in download e tre megabit in upload, senza tetti, costata un rene per la conversione di piano tariffario (Eolo ha una politica commerciale verso gli attuali clienti che deve essere stata ispirata dal marchese De Sade) e una salassata ogni mese.

Cavi di rete

Banda larga e fibra distinguono i Paesi civilizzati dagli altri. E l’Italia è indietro.

Quando mia moglie sta facendo spese ho due scelte: passo il tempo con il cane in macchina oppure cerco un Mediaworld/Unieuro/Expert/altra catena di elettronica e cerco di ammazzare il tempo. Ogni sacrosanta volta mi avvicina un tipo, dal fare che in Stazione Centrale attirerebbe le attenzioni delle forze dell’ordine, e mi dice Sono XXXX YYYY dell’operatore ZZZZ! Che connessione ha a casa sua?

Comincia il teatrino. Io lo lascio parlare, lui mi parla di mirabolanti connessioni da dozzilioni di exabyte, offerte da pochi euro al mese per sei mesi, io faccio la faccia da vorrei tanto vedere la fibra, lui tira fuori il contratto urlando Ma te la porto io la fibra! Dieci minuti dopo la conclusione è sempre la stessa:

No, mi spiace, la sua zona non è coperta, ma come fa ad avere una trenta megabit?

Lì ripenso ai 250 megabit con la fibra dentro casa in mezzo alle mucche e mi vedo in mezzo alle mappe dei latini, nella parte solo abbozzata con la scritta Hic sunt leones. E mi chiedo come mai. Certo l’orografia del territorio Svizzero non è la migliore per portare fibra in giro; la popolazione è limitata e dispersa in centri piccoli che rendono assolutamente antieconomica la sua stesura, eppure loro sono servitissimi. Qui o vivi in una metropoli, o in una cittadina limitrofa, o ti becchi una connessione da terzo mondo.

I re della montagna

Non penso sia un caso che TIM abbia scelto, immagino inconsapevolmente, come nuovo simbolo il trigramma Ken. La montagna. il simbolo dell’immobilità, del sedersi, della meditazione e della resistenza al cambiamento.

È facile apprendere che una infrastruttura digitale veloce potrebbe creare nuovi posti di lavoro, permettere una migliore qualità di vita, sviluppare l’economia, salvaguardare l’ambiente eccetera.

Tutte cose già viste e sentite, che Svizzera e altri Paesi hanno capito benissimo, mentre la nostra classe dirigente, con la sua età media da reparto geriatrico, preferisce tralasciare per dedicarsi a grandi opere più faraoniche, meno pervasive, meno utili e certamente meno remunerative nel lungo periodo.

Vabbeh, godiamoci il ponte sullo Stretto e il raddoppio delle tratte regionali a binario unico, oppure i treni locali modernissimi.

Ah? Mancano anche quelli? Torno a sognare nei mondi virtuali…

L'autore

  • Andrea Ghirardini
    Andrea Ghirardini è uno dei precursori della Digital Forensics in Italia. Sistemista multipiattaforma (con una netta preferenza per Unix), vanta una robusta esperienza in materia di sicurezza informatica ed è specializzato nella progettazione di sistemi informativi di classe enterprise. È CTO in BE.iT SA, una società svizzera del gruppo BIG focalizzata sulla gestione discreta e sicura di sistemi informativi aziendali.

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