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Modelli aperti per la proprietà intellettuale del domani

11 Ottobre 2004

Modelli aperti per la proprietà intellettuale del domani

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Respinto (per ora) in USA un brevetto Microsoft di uso comune, mentre la Dichiarazione di Ginevra del WIPO include il software libero e open source

L’open source ottiene due rilevanti riconoscimenti nell’ambito globale della proprietà intellettuale. Per qualcuno si tratta addirittura di vere e proprie “vittorie” contro i sistemi proprietari e chiusi innanzitutto a livello culturale. E comunque sia, questi recenti riconoscimenti dimostrano quantomeno un cambiamento d’attitudine a livello internazionale. Importante, in particolare, la promessa fatta a Ginevra dalle Nazioni Unite: il World Intellectual Property Organization (WIPO) si adopererà per riconoscere le licenze del software libero e open source onde bilanciare le esigenze dei titolari di copyright con quelle del pubblico in generale. Negli Stati Uniti, invece, il Patent and Trademark Office ha respinto in prima istanza un brevetto di Microsoft sul sistema di riconoscimento dei file, tecnologia ampiamente in uso da tempo.

In questo caso, a gridare vittoria sono non soltanto i sostenitori dell’open source ma anche buona parte dell’industria informatica e i semplici utenti. Si tratta infatti di una semplice modalità della programmazione che permette a chiunque di creare e trovare file sul computer usando nomi facili da ricordare. Simili funzioni vanno condivise liberamente, insistono i patiti dello sviluppo aperto, ed è proprio quello che è successo finora, e continua a succedere, su macchine dotate sia di Windows che di altri sistemi operativi che per file relativi a periferiche varie (lettori musicali portatili, macchine fotografiche digitali). “È come avere il brevetto sulla torta al formaggio”, ha spiegato Greg Aharonian, esperto che gestisce l’Internet Patent News Service. Motivo per cui ci sono buone probabilità che il brevetto venga respinto definitivamente. Anche se per dirlo con certezza occorrerà attendere la fine del lungo processo formale appena avviato. Microsoft ha già annunciato ricorso sulla decisione del Patent and Trademark Office.

Il gigante di Redmond sostiene in pratica che tale brevetto le spetta in quanto la sua implementazione rientra in un sistema più ampio usato per archiviare i file, denominato File Allocation Table, pur non rivendicando il controllo sull’intero sistema. Il punto è che lo scorso autunno Microsoft iniziò a richiedere alle aziende l’acquisto di licenze per la propria implementazione di tale sistema, incluso quel brevetto che deteneva dal 1996 e che invece ora è stato formalmente respinto. La mossa aveva suscitato preoccupazione per le possibili negazioni della licenza a quelle società che usavano tecnologie open source, limitandone così la capacità di competere con la piattaforma Windows. Motivo per cui la Public Patent Foundation, sostenuta a vari livelli dal movimento open source, ha chiesto la riesamina del brevetto che poi ha portato alla recente decisione. Va aggiunto che in simili revisioni chieste da terze parti, l’esito finale più comune è però l’inclusione di qualche modifica, non il suo rifiuto definitivo. E pur se il portavoce di Microsoft non si è dimostrato granché preoccupato in un caso o nell’altro, quest’ultima eventualità sarebbe un bello smacco almeno a livello di immagine, il che non è poco.

Passando a Ginevra, nei giorni scorsi un gruppo di Organizzazioni Non Governative ha ottenuto l’approvazione di una ‘development agenda’ che include alternative quali la licenza GNU GPL. Come ha spiegato James Love, direttore di CPTech, oggi “il WIPO ha sostenuto un approccio che enfatizza il software open source e i beni di dominio pubblico quali il genoma umano, le eccezioni sui brevetti per l’accesso alle medicine, il controllo su pratiche anticompetitive e altre misure per anni ignorate dallo stesso WIPO.” Senza esagerare, si tratta di un cambiamento cruciale riguardo una tendenza attiva da anni all’interno dell’organizzazione mondale sulla proprietà intellettuale. Basti ricordare, ad esempio, nell’estate del 2003 la repentina cancellazione di una riunione già convocata che avrebbe dovuto trattare proprio di “progetti aperti e per la creazione di beni pubblici”. Questi comprendevano sessioni sulla biomedica, sul sistema di posizionamento globale e (udite, udite) sul software open source e libero. Proprio quest’ultima discussione suscitò i sospetti e le ire di Microsoft, che convinse prima il governo USA a ritirarsi dal meeting, con successiva cancellazione decretata poi dal WIPO.

Giustificato dunque l’entusiasmo di Cory Doctorow, coordinatore degli affari europei per la Electronic Frontier Foundation: “La crescente presenza e pressione di ONG quali CPTech e EFF alle riunioni del WIPO ha iniziato a farsi sentire… Ora l’organizzazione sta facendo i primi passettini verso posizioni equilibrate… Non ci faremo più prendere in giro”. Ecco quindi il senso dell’agenda stipulata nella Dichiarazione di Ginevra, come sottolineato da alcuni passaggi-chiave: “Stiamo assistendo a… centinaia di sforzi collaborativi per creare beni pubblici, tra cui Internet, il World Wide Web, Wikipedia, le Creative Commons, GNU Linux ed altri progetti di software libero e open source, come pure strumenti per la didattica a distanza e la ricerca medica… C’è un interesse crescente in norme per le responsabilità compensatorie, premi per l’innovazione o per l’intermediazione competitiva, come modelli di incentivo economico per la scienza e la tecnologia capaci di facilitare l’innovazione successiva ed evitare gli abusi monopolisti”.

Un bel passo avanti sul quale occorrerà tenere gli occhi puntati per seguirne gli sviluppi concreti.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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