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Misurata la massa del primo buco nero dell’universo

02 Aprile 2003

Misurata la massa del primo buco nero dell’universo

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Misurata, per la prima volta, la massa di un buco nero. La scoperta si deve a un gruppo di astronomi canadesi e inglesi. Il buco nero in questione si era …

Misurata, per la prima volta, la massa di un buco nero. La scoperta si deve a un gruppo di astronomi canadesi e inglesi.

Il buco nero in questione si era formato all’inizio della storia dell’universo e scoperto grazie alle osservazioni effettuate con l’aiuto del telescopio a infrarossi inglese, UKIRT collocato alle Hawaii.

Studiando la luce infrarossa che proviene dalla quasar conosciuta più lontana, i ricercatori hanno trovato che contiene un buco nero la cui massa è uguale a mille miliardi di volte quella della Terra.

“Abbiamo visto questa quasar come appariva quando la sua luce veniva emessa 13 miliardi di anni fa – spiega uno degli astronomi – quando l’età dell’universo era uguale a 6 anni rispetto alla sua età attuale”.

“Questo lavoro – continua il ricercatore – ha un’importante incidenza sulla nostra comprensione del modo in cui la materia si è ammassata nelle galassie che noi osserviamo oggi”.

Le quasar sono astri di apparenza stellare, considerati come gli oggetti più lontani attualmente osservabili nell’universo e il cui spettro presenta una forte prominenza verso il rosso. Emettono energia dalla liberazione dell’energia gravitazionale, quando la materia è attirata da un buco nero molto potente al loro centro.

“I ricercatori si sono interessati agli atomi ionizzati di magnesio presenti nel gas che è in caduta libera verso il buco nero – spiega un altro degli astronomi del gruppo di ricercatori – Da questi atomi si possono dedurre alcune caratteristiche del buco nero, calcolando la velocità con la quale il gas ionizzato gira intorno”.

“La presenza di questi potenti buchi neri così presto nella storia dell’universo – spiega l’astronomo – si oppone alle teorie che non predicevano alcun buco nero o che pensavano che fossero molto poco potenti”.

“Speriamo di seguire l’evoluzione dei buchi neri – conclude Matt Jarvis dell’università di Oxford – e delle galassie nelle quali si trovano dall’inizio dell’universo fino ai giorni nostri”.

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