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Minare per l’umanità

13 Luglio 2018

Minare per l’umanità

di

Bitcoin significa soldi, sicuro. Architetture analoghe sono comunque usate per fare del bene a fatica zero.

[Pubblichiamo un estratto da Investire in Bitcoin, manuale che risponde alle domande di chi guarda con interesse alle criptovalute e però non sa o non osa fare il primo passo, quando bastano pochi buoni consigli.]

È stato sollevato anche un dubbio di pericolosità ambientale nei riguardi proprio delle attività di mining: in fin dei conti drenano enormi quantità di energia elettrica (pur in Paesi nei quali l’energia ha un costo modesto) tanto che viene da domandarsi se tale energia e tutto il calore prodotto non possano essere destinati a utilizzi migliori.

Se dopo scoperto tutte le opportunità, dalle più banali ed economiche alle più complesse e costose nel campo del mining di criptovalute, pensaste che, in fin dei conti, non valga la pena di racimolare somme così piccole, considerate un’ultima possibilità.

SETI@home e BOINC

Esistono criptovalute e sistemi di mining rivolti a vere e proprie attività di beneficenza. Il capostipite di queste iniziative è il progetto SETI@home, nato nel lontano (considerando l’epoca delle criptovalute) 1999 in seno all’Università della California, Berkeley.

SETI@home

La pagina web del progetto SETI@home sopravvive ancora oggi.

L’idea era quella di sfruttare su base volontaria l’enorme potenza di calcolo rappresentata dai computer di tutto il mondo, con lo scopo di analizzare i dati resi disponibili dai radiotelescopi, alla ricerca di segnali radio che inducessero a pensare all’esistenza di un’intelligenza extraterrestre (Search for ExtraTerrestrial Intelligence – SETI). All’epoca si trattava di scaricare un software dal sito dell’Università, il quale utilizzava i tempi morti del funzionamento del computer, per procedere nell’esecuzione dei calcoli: in pratica il sistema non subiva alcun rallentamento e, nel contempo, svolgeva un lavoro utile per la comunità scientifica.

Quella iniziativa, col tempo si è evoluta, sempre nell’egida di Berkeley, inglobando nella stessa logica di utilizzo di potenza di calcolo distribuito offerta volontariamente, molte altre iniziative molto più terrestri, nell’ambito di un progetto software denominato Berkeley Open Infrastructure for Network Computing, BOINC.

Sostanzialmente si tratta di scaricare dal sito web un software il quale rimarrà in funzione sul sistema, dedicando la sua potenza di calcolo in eccesso ad attività nell’ambito della fisica, della matematica, delle scienze della terra, della biologia, della medicina, delle scienze cognitive, dell’intelligenza artificiale e molto altro ancora. La prossima figura elenca le decine di progetti ai quali potete contribuire senza, sostanzialmente, alcun aggravio in termini di reattività del sistema.

BOINC

L’iniziativa BOINC di Berkeley consente di donare la potenza di calcolo del proprio computer a decine di progetti di ricerca che si occupano, per esempio, di curare malattie, studiare il riscaldamento globale, scoprire nuovi corpi celesti e molti altri ambiti scientifici.

L’iniziativa BOINC conta anche sulle capacità di elaborazione degli smartphone (attualmente solo Android): basta scaricare dal Play Store l’apposita app.

BOINC

La disponibilità di un’app per smartphone Android consente di dedicare anche i vostri apparecchi portatili a questa attività benefica.

Curecoin (CURE)

Ma esiste anche una vera e propria criptovaluta, dedicata in particolare alla biologia molecolare: il suo nome è curecoin. L’idea, in sé, è molto semplice. Come sapete già, l’emissione di nuova criptovaluta, poniamo bitcoin, è legata alla risoluzione di un determinato problema matematico. In quel caso, è proprio tale problema a regolare la disponibilità di nuova criptovaluta; in caso contrario ne verrebbe stampata troppa e andrebbe incontro immediatamente a svalutazione. L’iniziativa curecoin, legata all’università di Stanford, si rivolge proprio all’idea del problema da risolvere per poter emettere nuova criptovaluta: nel caso delle normali criptovalute, il problema da risolvere è di natura, se vogliamo, inutilmente matematica: viene creato con l’unico scopo di essere risolto. Nel caso di curecoin, il problema è invece legato direttamente alla soluzione di problemi legati al ripiegamento proteico (Protein Folding).

Criptovalute e biologia molecolare

La home page di curecoin, dalla quale potete scaricare tutto il necessario per minare per il bene comune.

Proprio per questo motivo, il mining di curecoin viene, più propriamente, chiamato folding, proprio dal ripiegamento delle proteine. Questa attività di mining benefico può essere svolta su sistemi Windows, MacOS o Linux ed è perfino prevista da alcuni contratti di mining (da Genesis Mining, per esempio). In pratica la vostra macchina risolverà i problemi (di ripiegamento delle proteine) che le verranno proposti dal sistema e, in cambio, verrete ricompensati con la criptovaluta curecoin, il cui valore attuale è di circa 28 centesimi di euro e che prevede un suo wallet e una sua convertibilità.

Inoltre il software prevede il folding più semplice, all’interno di una finestra del browser Google Chrome (nella figura seguente), regolabile a piacere a seconda del livello di utilizzo che intendete fare della macchina, e anche un’app per smartphone Android, che interverrà nel modo più discreto possibile, ovvero solo quando il telefono è in carica e la batteria carica almeno al 98 percento.

Folding@home

In questo momento la mia macchina sta dando il proprio contributo alla ricerca contro il cancro, l’HIV/AIDS e il morbo di Alzheimer.

Quindi se pensate che l’idea di racimolare qualche soldino non valga la pena di essere seguita, per gli scarsi risultati che dà o magari preferite affidarvi a una società più professionale che esegua il mining per voi, ma l’idea del mining per il bene dell’umanità vi attrae, ecco alcuni spunti di riflessione e opportunità di scelta.

Folding@home dal cellulare

Anche il telefono vuole dare il suo contributo, ma solo quando io dormo (o almeno quando è connesso all’alimentatore e ben carico).

L'autore

  • Paolo Poli
    Paolo Poli in oltre vent'anni di attività ha scritto e tradotto oltre duecento libri di informatica. Grande appassionato di viaggi e di fotografia, ha in particolare curato diversi volumi sull'impiego di Photoshop per l'elaborazione digitale delle immagini e per la gestione del colore. Dal 2015 segue gli sviluppi di Bitcoin e Blockchain.

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