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Microsoft si avvicina a Linux

16 Ottobre 2000

Microsoft si avvicina a Linux

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Red Hat si conferma leader del settore. Buone performance anche di Turbo Linux e IBM, mentre il gigante di Redmond entra nel mondo Open Source tramite Corel

Anche stavolta non scarseggiano certamente le notizie in ambito open source in arrivo dagli Stati Uniti, pur promettendo prossime puntate sul fronte europeo. La panoramica di questa settimana include buone nuove per Red Hat e Turbo Linux, in entrambi i casi con lo zampino del colosso IBM, mentre il CEO della stessa TurboLinux azzarda il prossimo arrivo di un’unica edizione del sistema operativo alternativo buona per tutti. Senza però dimenticare una sorta di collaborazione (o incursione?) sul fronte Linux attivata niente meno che da… Microsoft.

Vale la pena d’iniziare proprio da quest’ultimo fronte. Da tempo in cattive acque, la canadese Corel ha ricevuto un investimento di 135 milioni di dollari dal gigante di Redmond. Le due società hanno anche messo a tacere amichevolmente alcune pendenze legali avanzate sempre da Corel. Com’è noto quest’ultima è assai attiva sul fronte Linux, e gode tuttora di buona popolarità per via di pacchetti multi-piattaforma quali WordPerfect e CorelDraw. Da una parte, la manovra minimizza di molto il possibile assorbimento di Corel nella scuderia dei maggiori distributori Linux, in particolare Red Hat, eventualità vista non troppo positivamente da buona parte del giro Linux per ovvie e pericolose centralizzazioni.

L’iniezione di contante consente altresì a Corel di allontanare lo spauracchio della chiusura forzata cui pareva destinata di qui a pochi mesi. D’altra parte, però, la mossa conferma l’urgenza da parte di Microsoft di impostare una strategia seria e a lungo raggio sull’open source. Ciò per evitare in primis gli scontri frontali, mirando poi a qualche tipo di integrazione nel recente progetto che fa capo all’architettura denominata.Net.

Questa almeno l’opinione di alcuni esperti, secondo i quali, essendo.Net basata su un ambiente che ruota al di sopra del sistema operativo, offre tutte le potenzialità per consentire l’uso dei medesimi applicativi su qualunque tipo di piattaforma. In tal modo da qui a 10 anni la posizione del mercato software di Microsoft non potrebbe che risultare ulteriormente rafforzata indipendentemente dai sistemi operativi in voga. O meglio, anche nel caso in cui Linux finisse per rosicchiare, come pare oggi, spazi sempre più consistenti a Windows (e Unix).

In maniera analoga, l’inevitabile spinta per l’adattamento delle suite Corel all’ambiente.Net, consentirà nel prossimo futuro l’attrazione di nuovi utenti verso quest’ultimo. A conferma della posizione secondo cui la supremazia nel mercato spetta comunque a chi controlla l’interfaccia e gli altri elementi base delle programmazione. Microsoft lo ha dimostrato alla grande con Windows, e ora sembra volerci riprovare sul Web, sfruttando anche l’onda lunga della penetrazione Linux. Strategia vincente? Impossibile a dirsi nella fluidità attuale, dentro e fuori Internet. Non resta che seguirne gli sviluppi, senza dimenticare infine come l’investimento in Corel vada inteso anche in quanto “pezza d’appoggio” da utilizzare nelle prossime battaglie legali per il processo anti-trust.

Red Hat prosegue intanto nel rafforzamento della propria posizione leader tra i distributori. Grazie ad un nuovo accordo con IBM, d’ora in poi i nuovi server e mainframe di quest’ultima gireranno interamente su Red Hat Linux. Finora questo era presente soltanto su una delle quattro serie di macchine IBM. In tal modo Red Hat guadagna l’accesso ad una nuova ed ampia fetta di clientela, quella dei cosiddetti “server high-end”, a fronte di una tendenza odierna che vedrebbe Linux target preferito per utenza e applicazioni low-end.

A sostegno del salto di qualità (e di mercato), Red Hat ha già annunciato la prossima disponibilità di pacchetti software in cui la propria versione di Linux verrà integrata con programmi quali database e applicazioni per la piccola imprenditoria derivati direttamente da IBM. Nelle parole di Scott Handy, direttore del marketing Linux per IBM, i nuovi server – ufficialmente commercializzati in partnership con il marchio Red Hat – “aiuteranno Linux a raggiungere un nuovo livello di penetrazione.”

Si gongola anche in casa TurboLinux, grazie al prossimo arrivo di un cospicuo investimento che dovrebbe condurla quanto prima all’agognata entrata in borsa. Trenta i milioni stanziati da un pool di qualificate aziende con a capo IBM e Intel, seguite da nomi quali Fujitsu, Hitachi, SGI e Softbank. L’iniziativa si aggiunge a quella similare d’inizio anno, quando la società californiana capitalizzò 57 milioni di dollari con i contributi di Dell, Compaq e alcune entità giapponesi.

Gli esperti mettono però in guardia sui rischi derivanti dal fatto di avere oggi per le mani una sostanziosa quantità di contante. Son finiti i tempi dell’abbraccio a Linux dei venture capitalist, e ogni investitore vorrà quanto prima un accurato rendiconto operativo, nonché poter contare rapidamente i propri ritorni economici. E soprattutto nel business model dell’open source, ciò non rappresenta mai un traguardo facile nè ravvicinato da raggiungere. Ergo, sottolineano gli analisti, cosa mai potrà far altro ora TurboLinux se non correre a Wall Street? Con non pochi rischi e scivolate a latere. Lo confermano d’altronde gli stessi dirigenti, pur non entrando nei dettagli e ricordando la necessità dei recenti licenziamenti per rendere più profittabile l’azienda in tempi brevi.

Dulcis in fundo (o forse no?), sembra vada affacciandosi all’orizzonte un’unica versione di Linux per “standardizzare” in qualche modo la moltitudine di versioni attualmente in circolazione. Questo almeno quanto ha dichiarato Paul Thomas, da giugno nuovo CEO di TurboLinux, nel corso di un affollato meeting dedito ai programmatori open source svoltosi nei giorni scorsi a San Francisco. “Il mondo non ha certo bisogno di 150 versioni differenti” ha ribadito il dirigente, “e la necessaria consolidazione sta per avverarsi.” Cosa vuol dire in concreto? Intanto che i maggiori distributori attuali – Red Hat, TurboLinux, SuSE, Caldera – spingeranno per l’implementazione del cosiddetto Linux Standard Base. Questa dovrebbe fornire l’infrastruttura tecnica in cui convergeranno poi le diverse versioni di Linux.

Durante la medesima conferenza, anche Caldera, da tempo appassionato propugnatore del Linux Standard Base, ha sottolineato la necessità dell’adottamento di “una standardizzazione che possa consentire alle software house di certificarne rapidamente la compatibilità dei propri prodotti con Linux.”
Una sorta di maturazione che potrebbe non far molto piacere alla comunità-base composta da hacker ed appassionati, ma che va imponendosi con sempre maggior urgenza onde rendere Linux più appetibile alle grandi corporation. Almeno così pare.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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