“Oggetto: Copiare Software non è reato! Segnalazione/Denuncia di pubblicità ingannevole ai sensi del Decreto Legislativo n. 25/01/1992 n. 74.”
Questa l’intestazione dell’esposto formale inviato lo scorso 26 ottobre all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato da parte di Emmanuele Somma [email protected], in qualità di “semplice cittadino, consumatore di software e programmatore”. Sotto accusa è lo spot radiotelevisivo “Copiare Software è Reato” della BSA, Business Software Alliance, trasmesso a livello nazionale a partire dall’ultima settimana di ottobre. In particolare il testo dello spot recita: “Quarantaquattro software su cento sono duplicati, copiati, venduti come originali. Utilizzare software copiati in azienda è un reato. Con la nuova legge si rischiano fino a tre anni di reclusione. Per controllare se nella tua azienda il software è legale, contatta BSA.”
Peccato però che quest’ultima sappia di mentire: non è affatto vero che la semplice operazione di copiare software sia illegale. E al di là del tono inaccettabilmente intimidatorio (vieppiù con le crude immagini d’accompagnamento), si tratta di posizioni poco corrette. Lo illustrano a dovere alcuni passaggi testualmente ripresi dalla suddetta denuncia: “…la rappresentazione della situazione ritrae un’Italia e le sue istituzioni senza le minime garanzie di uno stato di diritto ed è quindi di dubbio gusto ma soprattutto presumibilmente non veritiera o corretta ai sensi del comma 2 dell’articolo 1 del citato Decreto Legge …non è illegale neppure quando si tratta di copie di riserva di software coperti da licenze commerciali…sicuramente è però completamente scorretto non aver opportunamente considerato che è proprio attraverso la legittima copia e distribuzione pubblica anche gratuita che prolifera e aumenta la diffusione del software NON commerciale, con licenze di libera distribuzione, appartenenti alla famiglia del software cosiddetto libero come la GNU Public License o le licenze di distribuzione a codice aperto, comunemente denominate Open Source, o di dominio pubblico senza ulteriori licenze di distribuzione.”
Sulla base di queste evidenze, Emmanuele Somma chiede quindi “all’Autorità di intervenire per garantire la non criminalizzazione, il diritto all’immagine, nonché anche quelli economici e patrimoniali degli utenti e di quanti esercitano attività commerciali, industriali, artigianali e professionali avvalendosi di software libero, di pubblico dominio, a codice aperto o comunque non commerciale la cui copia e distribuzione è completamente lecita e non
comporta, e non deve comportare, alcun tipo di criminalizzazione.”
In attesa di vedere come andrà a finire, l’eco dell’iniziativa ha trovato pronta eco su diverse testate italiane (per lo più online), con un prima serie di repliche positive da parte della variegata comunità open source nostrana. Buono lo spazio riservato anche da (Linux Today), il cui editor ha puntualizzato come, pur di fronte a diffuse lamentele su tali abusi d’informazione, in realtà pochi decidono poi di scendere in piazza e fare davvero qualcosa. E la pubblica denuncia del direttore di Linux Magazine vuole proprio spezzare tale tendenza, magari stimolando altri ad unirsi in questa sorta di campagna tanto informale quanto “popolare” contro i comportamenti scorretti e intimidatori delle corporation del software.
L’altra iniziativa di casa nostra a sostegno dell’open source arriva da Interlex, rivista d’informazione online su diritto e tecnologia. Il 19 ottobre il direttore Manlio Cammarata pubblica una lettera aperta – inviata poi al Dipartimento della Funzione Pubblica, all’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione e al Ministero del Tesoro – sotto l’esplicita intestazione “Soggezione informatica dello Stato italiano alla Microsoft”. In pratica, vista l’ampia penetrazione anche in Italia di Linux e applicazioni open source in ambito didattico, istituzionale e imprenditoriale, si spinge per l’adozione di tale software negli apparati della pubblica amministrazione. Ciò risulta d’altronde in piena sintonia con specifici documenti approvati prima dal Parlamento francese e poi da quello danese, a testimonianza di un chiara pratica anti-monopolistica che va concretizzandosi a livello globale e istituzionale. L’uscita di Interlex è inoltre il naturale sbocco di un crescente fermento in tal senso, in parte veicolato dall’intervento di ALCEI al Forum per la società dell’informazione (giugno ’99) e da una precedente lettera aperta diffusa proprio all’interno della pubblica amministrazione.
Il documento ha raccolto già 1200 firme di supporto in due settimane, con annessa risonanza su testate d’informazione online e offline. Insieme a numerosi messaggi di feedback, il successo ha sorpreso finanche lo stesso Cammarata, il quale si è affrettato a diffondere un addendum per spiegare che si non tratta di una “campagna contro, ma di una campagna per”.
Meglio anche qui riprendere testualmente i passaggi più significativi: “L’iniziativa della lettera aperta non è contro la Microsoft, non è contro il Ministero del tesoro, non è contro il Dipartimento della funzione pubblica, non è contro l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione….Ora c’è una situazione nuova, perché lo strapotere della casa americana viene messo in discussione da varie parti e per diversi motivi…Ma l’elemento determinante è che negli ultimi tempi i sistemi operativi e le applicazioni open source si sono evoluti anche nelle interfacce e nella facilità di impiego, avvicinandosi molto a quell’impostazione “amichevole” che è uno dei motivi del successo dei programmi della casa di Redmond.”
In conclusione, la lettera aperta “non è una crociata, è una proposta. Non è contro qualcosa o qualcuno, ma è per un ulteriore passo avanti nella modernizzazione della pubblica amministrazione e del sistema-Paese, un passo che soltanto ora è possibile proporre.”
Anche in questo caso, non resta che seguire da vicino gli ulteriori sviluppi, non mancando di notare come la coincidenza temporale delle due iniziative non potrà che rafforzare la penetrazione e il supporto trasversale per Linux e l’open source anche in Italia come altrove nel mondo.