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Microsoft coopta Linux?

12 Dicembre 2000

Microsoft coopta Linux?

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Non ora, ma in futuro potrebbe davvero accadere....

Pesce grande mangia pesce piccolo. Questa la pratica più diffusa del mondo commerciale, soprattutto in ambito high-tech. Una pratica ancor più in voga, manco a dirlo, nel fluire continuo di Internet, dove inglobamenti e acquisizioni sono pressoché all’ordine del giorno. Basti citare l’esempio di AOL pigliatutto, da Netscape a Time Warner. Oppure l’ombra minacciosa della solita Microsoft che fa tremare un pòtutti. Del tutto logico quindi che il movimento open source si trovi spesso sotto la pressione di possibili accaparramenti da parte del gigante di Redmond, suo nemico giurato. Come impedire un’eventuale cooptazione del movimento? O meglio, la diffusione alla grande di versioni Microsoft sia del sistema sia del software Linux? Ipotesi che per ora restano tali ma che in futuro non vanno affatto escluse. Lo sanno bene gli stessi programmatori open source, che però non sembrano volersene curare più tanto: “purché il codice rimanga comunque open & free,” ribadiscono. E tuttavia: è mai possibile scommettere su simili scenari?

Stavolta a provarci è un lungo articolo apparso nei giorni scorsi su CNBC.com, il cui corrispondente da Silicon Valley propone un titolo intrigante – Will Linux Save Microsoft? – anche se il pezzo lo è un pòmeno. In pratica si ripropongono le tesi di cui sopra sull’eventualità di massicci interventi di Microsoft a favore del software open source, nel caso in cui questo dovesse conquistare spazi di mercato più consistenti degli attuali. Interessante però il contesto generale in cui ciò viene posto. Si parte dalla constatazione del sensibile declino borsistico registrato quest’anno per l’azienda madre di Windows (dai 120 dollari ad azione del dicembre ’99 ai 50 odierni), con ulteriore meno sette per cento segnato qualche giorno fa a seguito della stima di Goldman Sachs che prevede un mancato guadagno di 350 milioni di dollari per gli ultimi due trimestri dell’anno fiscale in corso.

Al di là delle preoccupazioni degli azionisti Microsoft, va detto che tale quadro è in perfetta sintonia con il costante ribasso delle quotazioni high-tech, in particolare col recente tonfo del Nasdaq seguito a bilanci meno rosei del previsto annunciati da nomi quali Compaq, Gateway e Intel. Nonostante le recenti rassicurazioni di Alan Greenspan, chairman della Federal Reserve, prosegue la svendita di questi e altri titoli una volta in auge, mentre gli investitori si confermano sempre più scettici proprio nei confronti di Microsoft. Non va infatti dimenticato l’effetto-antitrust, in attesa del risveglio delle diatribe giudiziarie momentaneamente appisolate. E neppure è il caso di sottovalutare – eccoci al punto – la rampante scalata del fenomeno Linux, con l’annessa attenzione del mercato, dall’ambito business al desktop agli apparecchi embedded. Però, se in un siffatto scenario si può dar ragione ai dubbi di Wall Street, in tempi medio lunghi toccherebbe esattamente al pinguino immolarsi sull’altare del nuovo rilancio Microsoft, una sorta di ancora di salvezza per gli attuali e futuri problemi di Gates & co. Almeno questo intende suggerire l’articolo in questione – lo testimonia qualche rapido stralcio:

“Microsoft non parla granché della propria strategia Linux. Ma è un segreto noto a tutti in Silicon Valley che la società potrebbe rubare con facilità l’idea ad aziende Linux capricciosamente popolari quali Caldera e Red Hat, e farlo quando meglio le aggrada.
In realtà Microsoft potrebbe cooptare il movimento open source allo stesso modo in cui operò nel settore dei Web-browser – dopo essersi resa conto le tecnologie proprietarie online non erano in grado di competere con l’Internet che Netscape stava rendendo popolare.”

E più avanti:

“A Microsoft basterebbe distribuire la propria versione di Linux, anche se non esiste alcun motivo per farlo ora, vista la minima percentuale di mercato coperta attualmente da Linux, soprattutto rispetto all’utenza finale. Ma se tale mercato dovesse crescere ancora, Microsoft si troverebbe davanti a una scelta precisa: o cedere parte della propria egemonia nell’ambito dei sistemi operativi oppure competere testa a testa con le aziende Linux.
Ironicamente, Microsoft può permettersi di attendere fino a quando le società Linux sprecadenaro riusciranno finalmente a perfezionare il sistema open source. In tal modo, Microsoft potrebbe trar vantaggio – qualcuno direbbe meglio, appropriarsi – di ogni bit del costoso lavoro di ricerca e sviluppo portato avanti dal movimento open source. Éprobabile che gran parte dei programmatori inorridisca all’idea che software da loro creato venga alla fine venduto da Microsoft. Ma quest’ultima in passato ha già fatto inorridire più di qualche rivale.”

L’articolo di CNBC.com affronta poi una serie di dettagli operativi ed esamina le possibili conseguenze del processo anti-trust. Per concludere in maniera esplicita:

“Cosa significa tutto ciò?
Probabilmente che Microsoft finirà per spuntarla, anche se dovesse perdere sia in tribunale sia quote di mercato nei confronti di Linux.
Con il settore informatico sempre più simile allo spettacolo televisivo ‘Survivor’, esistono buoni motivi per ritenere che alla fine sarà Microsoft l’ultimo giocatore a rimanere sull’isola.”

Cos’altro aggiungere? Intanto che alcuni commenti a latere su Slashdot.org dimostrano la tipica spensieratezza di qualche giro open source. L’importante, appunto, è che il codice rimanga comunque open & free – anche se è chiaro che questa sola eventualità non potrà soddisfare l’intera comunità, business incluso. Sembra insomma trovar forza la tesi della possibilità di spazio per tutti.
Non va infine sottovalutata la proverbiale fluidità dell’odierna panorama high-tech. Il potere di Microsoft è un dato di fatto, e tutti hanno imparato la lezione della battaglia dei browser tra Internet Explorer e Netscape, vinta in poche battute dal primo pur costretto a recuperare l’ampio vantaggio accumulato dal secondo.
Éperò lecito attendersi ogni genere di sorprese, da decisi interventi governativi a possibili alleanze strategiche a quant’altro potrà accadere nel turbinio industriale di questi tempi.. Ovvero, non è per nulla detto che ai pescecani debba andar sempre bene. Giusto?

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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