“La Corte stabilisce che la Microsoft ha conservato il suo potere monopolistico mediante pratiche anticompetitive e ha cercato di estendere il suo monopolio sul mercato dei Web browser, in violazione dell’art. 2 dello Sherman Act. La Microsoft ne ha inoltre violato l’art. 1, gemellando illecitamente la distribuzione del Web browser (Internet Explorer) al sistema operativo (Windows)”.
Queste sono le prime parole delle “conclusioni di legge” (disponibili sul sito http://www.dcd.uscourts.gov/microsoft-conclusions.html) del giudice federale Thomas Penfield Jackson, che hanno sancito ieri notte a Washington la fine del processo antitrust in cui la Microsoft era accusata di abuso di posizione dominante; si tratta in pratica della trasposizione in norme giuridiche delle “conclusioni di fatto” già rese note nel novembre del 1999 (vedi https://www.apogeonline.com/informaz/art_231.html).
La Microsoft è stata ritenuta colpevole di quasi tutti i capi di imputazione, eccetto quello riguardante l’illiceità degli accordi contrattuali stipulati con numerose aziende tra cui Compaq e Apple: tali accordi, sebbene abbiano danneggiato Netscape nella guerra dei browser, non avevano un sufficiente potere di esclusione per poter essere dichiarati illegali.
Il giudice Jackson avrà ora tempo fino ad ottobre per decidere quali sanzioni applicare alla sentenza di condanna: con ogni probabilità sceglierà di far dividere la Microsoft in tre o quattro aziende, di cui una detentrice dei sistemi operativi come Windows, un’altra dei programmi applicativi come Office.
Intanto la Microsoft ha già annunciato sul proprio sito (http://www.microsoft.com/presspass/press/2000/Apr00/ConclusionsPR.asp) la volontà di ricorrere in appello: una sentenza definitiva, data l’eventualità di un’ulteriore coda davanti alla Corte Suprema, potrebbe quindi farsi attendere fino al 2002.
Proprio per questa ragione Gates e Ballmer si sono dimostrati tanto fiduciosi nelle dichiarazioni rilasciate: la possibilità di prendere tempo gioca decisamente a loro favore, poiché la definizione della vicenda, con tutte le implicazioni che comporta a livello occupazionale ed economico, sarà uno degli argomenti su cui dovranno confrontarsi i candidati alla Presidenza degli Stati Uniti Bush e Gore; al riguardo Bush ha già dichiarato in maniera esplicita che se sarà eletto cercherà a tutti i costi una soluzione amichevole della causa.
Inoltre, la Corte d’Appello, per una questione analoga, ha già assolto la Microsoft, sostenendo che il beneficio che traevano i consumatori rendeva lecita l’unione di Internet Explorer con Windows 98, e quindi anche questa volta potrebbe dimostrarsi più benevola di quanto non sia stato il giudice federale.
Forse il vero problema della Microsoft è ora un altro, le cause civili che, sulla base della sentenza di Jackson, i consumatori americani intenteranno per farsi rimborsare il prezzo troppo elevato con cui veniva venduto Windows.
Infatti Jackson ha sancito che, grazie al suo potere monopolistico, la Microsoft commercializzava Windows ad un prezzo di 89 dollari, quando il prezzo concorrenziale sarebbe stato invece di 49 dollari: il risarcimento stabilito dalla legge americana in questi casi corrisponde al triplo del danno subito, e già ben 110 cause civili sono state aperte negli ultimi mesi.
Inevitabilmente il titolo Microsoft, a seguito della sentenza, sarà al centro dell’attenzione nelle principali borse mondiali: nella sola seduta di lunedì negli Stati Uniti aveva già perso circa il 15%.