Le chatroom possono essere considerate alla stregua di un luogo pubblico e, pertanto, deve essere vietato praticarvi qualunque forma di discriminazione religiosa, a norma del Civil Rights Act, emamato nel 1964.
Sono queste le principali argomentazioni sostenute dall’avvocato Kamran Memon a sostegno dell’azione collettiva avviata contro AOL nei giorni scorsi, davanti al Tribunale di Alexandrie, in Virginia, da un gruppo di cittadini di religione musulmana e finalizzata a ottenere che i fornitori d’accesso siano obbligati a impedire ai loro abbonati di inserire nelle chat messaggi razzistici.
Le chat di America OnLine sfuggono, infatti, a qualunque forma di controllo preventivo. Il servizio tecnico del fornitore d’accesso è tenuto ad adottare misure appropriate solo in seguito alle segnalazioni che riceve dagli utenti.
Saad Noah, promotore dell’azione giudiziaria e abbonato di AOL da lungo tempo, contesta al fornitore d’accesso americano di non aver vigilato in maniera efficace, nonostante le ripetute sollecitazioni, sulla diffusione di proposte a contenuto razzista su alcune chat che pure erano espressamente dedicate all’Islam.
L’esito della causa, presumibilmente, sarà pesantemente condizionato dal fatto che la compagnia americana gestisce circa 14.000 chat, suddivise secondo i diversi argomenti.
La giustizia americana, inoltre, è piuttosto incline a esonerare gli intermediari tecnici da ogni responsabilità in merito ai contenuti che vengono diffusi online dagli utenti.