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Madonna, che parolacce negli Mp3!

30 Aprile 2003

Madonna, che parolacce negli Mp3!

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La popolare cantante adotta una nuova strategia contro la pirateria musicale: smoccolare in formato Mp3 nei circuiti di scambio musicale. Peccato che le sue parolacce siano rivolte al bersaglio sbagliato. Intanto viene approvata la tassa SIAE sui CD vergini, che paradossalmente viene scambiata per un condono che legittima la pirateria

Per contrastare la diffusione nei circuiti peer-to-peer di copie abusive del suo nuovo album American Life, Madonna ne ha pensata un’altra delle sue: inquinare i medesimi circuiti introducendovi un gran numero di file il cui nome richiama i titoli delle canzoni del suo disco, ma il cui contenuto, invece della canzone, è semplicemente la voce di Madonna che dice “Ma cosa ca**o credi di fare?” (in inglese), con ilbon ton che da sempre la contraddistingue.

La teoria è che gli utenti smetteranno di scaricare dai circuiti di scambio se quello che scaricano ha alte probabilità di non essere il brano desiderato. Per l’utente medio, infatti, non c’è modo di distinguere fra il brano originale e la Smoccolating Version finché non finisce di scaricare il file e se lo ascolta. La conseguente perdita di tempo e lo shock di sentire all’improvviso la viva voce della popstar che li sgrida dovrebbero così indurre gli incauti utenti a desistere dai propri atti pirateschi e precipitarsi al più vicino negozio di dischi per comperare l’originale.

È una tattica già adottata in passato da altri nomi blasonati della scena musicale internazionale (Eminem, per citarne uno), con effetti assolutamente trascurabili. È difficile pensare che i consiglieri di Madonna non siano al corrente di questi tentativi precedenti, per cui è probabile che si tratti di una riuscita mossa per far parlare di sé più che di una vera misura di contrasto alla pirateria online.

Bersaglio sbagliato

Infatti la sua iniziativa ha ottenuto notevole risonanza anche nella stampa generalista, che però si è quasi sempre dimenticata di far notare un dettaglio fondamentale: l’album di Madonna era disponibile online prima che venisse distribuito nei negozi.

Questo significa che il pirata originale, quello che ha preso i brani e li ha messi online, non è un ragazzino qualunque che si è comperato il CD (o quello che adesso spacciano per CD, viste le misure anticopia che li rendono incompatibili con lo standard ufficiale dei CD audio) e l’ha schiaffato su Kazaa. È un addetto ai lavori.

In altre parole, Madonna dovrebbe fare la cortesia di rivolgere il suo “Ma cosa ca**o credi di fare?” ai suoi compagni di lavoro prima che alla comunità dei suoi fan online. Anche perché non è la prima volta che le capita una fuga di note: anche il suo album Music era disponibile online prima che nei negozi. Ai Radiohead è andata anche peggio, con un disco che dovrebbe uscire a giugno e invece è già in giro su Kazaa e compagnia bella.

La presenza di “talpe” all’interno degli studi di registrazione e anche delle case di produzione cinematografiche non è una novità, come testimoniato da altri casi recenti di “anteprime” involontarie realizzate con la complicità di persone dell’ambiente, ma si preferisce far finta di niente e incolpare soltanto gli utenti comuni.

Tutti in galera per un mese

Utenti comuni che a questo punto, fra dischi costosi e protetti da farraginosi sistemi anticopia che ne impediscono l’uso al legittimo acquirente e la nuova tassa SIAE sui CD vergini (applicata sia ai CD usati per registrare musica, sia a quelli sui quali masterizziamo i nostri file personali), si sentono presi per i fondelli proprio fino in fondo.

La gabella SIAE, infatti, colpisce indiscriminatamente gli utenti onesti e quelli disonesti. E allora tanto vale essere disonesti, come dicono in tanti, ma veramente tanti, nei forum della Rete in questo periodo, visto il sostanziale raddoppio dei prezzi dei CD da registrare causato dalla tassa in questione.

Paradossalmente, questa tassa, nata per combattere la pirateria audiovisiva, viene invece vista come una forma di legittimazione della duplicazione artigianale. Dopotutto, si argomenta, visto che sul CD vergine si è pagata una congrua “multa” che compensa gli artisti piratati, che danno fa piratarli?

È la triste conseguenza della strategia del condono tanto cara a generazioni di governanti di ogni colore: si fa pagare qualcosina a tutti perché si è incapaci di punire chi evade. Rendiamoci conto della sconcezza perpetrata da questa legge: far pagare una tassa antipirateria su ogni CD vergine è come far fare un mese di galera a tutti, donne e bambini compresi, perché non si riesce ad acciuffare Unabomber. Complimenti.

E sia ben chiara una cosa: questa tassa non è, come si vuol far credere, un’imposizione della Comunità Europea. Grecia, Inghilterra, Irlanda, Lussemburgo, Norvegia, Portogallo e Spagna hanno anch’esse l’obbligo di recepire la direttiva comunitaria dalla quale scaturisce la tassa SIAE, eppure non hanno alcun balzello sui CD vergini. La responsabilità di questo abominio legale è dunque tutta del legislatore italiano.

Al cittadino, considerato pirata anche quando non lo è, non resta che andare a fare shopping di CD, memorie per fotocamere, videocassette e minidisk in paesi dove esiste ancora la presunzione di innocenza. Turandosi il naso al rientro.

L'autore

  • Paolo Attivissimo
    Paolo Attivissimo (non è uno pseudonimo) è nato nel 1963 a York, Inghilterra. Ha vissuto a lungo in Italia e ora oscilla per lavoro fra Italia, Lussemburgo e Inghilterra. E' autore di numerosi bestseller Apogeo e editor del sito www.attivissimo.net.

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