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Ma per chi ci prendi?

19 Marzo 2002

Ma per chi ci prendi?

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Ehi amici, siete caldi? Siete tutti con noi? Siete pronti per il Digital Hub? E allora meno tre, due, uno...

Appena sveglia la Camilla di Belgirate, invece di alzarsi dal letto, sfiora la tastiera del suo nuovo iMac che prontamente si accende. Le avevano spiegato che quando faceva così, l’altro le avrebbe risposto: “Benvenuta!”. Poi le hanno precisato che questa è una delle cose che non ci sono più e che, da che c’è MacOS X, sono politicamente scorrette.

Poco importa! Felice del suo nuovo acquisto, rotea rapidamente il braccio periscopico per portare lo schermo LCD 15″ che-però-fanno-come-17″ (questa cosa la turba un po’ perché non ha mai capito: se una cosa è in un modo, perché la chiamano in un altro? Meglio lasciare perdere, se no l’amico Steve del negozio di via Trebisonda le fa una capa tanto).

Rimane per un attimo a contemplare i riflessi cangianti dello schermo sulla camicia da notte di seta e sul lamé dello scialle, poi cerca la tastiera per metterla sul grembo. Ma il filo non ci arriva. Pensa che almeno avrebbero potuto metterne una senza fili. Persino la Mic… No, Steve del negozio di v. Trebisonda le ha detto che quel nome non si deve pronunciare se non si vuole che si materializzi la bestia dell’apocalisse. Insomma, qualcuno ne ha fatta una che dovrebbe essere compatibile, ma perché loro non ci hanno pensato? Dev’essere anche questa politicamente scorretta: non si abbina bene con Aqua di OS X. Pazienza, si tirerà un po’ su con la schiena sui cuscini per fare arrivare il filo.

Si ricorda che ieri doveva cancellare quel file e allora si accinge a buttarlo nel cestino, ma quello le dice che non ha i privilegi di accesso. Ricorda che Steve di v. Trebisonda le ha detto di non usare mai OS Classic, perché se no deve ricominciare con quello per buttare via le cose che ha spostato da lì, anche sul disco di OS X. Anche se poi c’è il modo, ma non se lo ricorda più ed è meglio che lasci perdere, perché se mischi le cose in quelle cartelle piene di “punto-qualche-cosa”, non funziona più nulla. Il fatto è che ieri sera si era vestita un po’ in classico per gli ospiti a cui avrebbe mostrato il nuovo gioiellino informatico del salotto (ne ha presi due: uno in camera da letto e l’altro in salotto) e pensava che il sistema Classico si abbinasse meglio; pazienza! Quando una cosa è vecchia bisogna buttarla via e Steve di v. Trebisonda le ha detto che da quest’estate il classico non lo mettono più neppure sui computer della mela che ha perso anche i colori.

Finalmente si accinge ad aprire il programma di testo (già, perché di programmi Office non ce n’è, ma Steve ha promesso che più avanti gliene viene a installare uno a casa: quant’è carino, Steve!) e a controllare il menu di oggi, per programmarlo nella sua bella cucina Merloni che ha preso in affitto per un pugno di decine di migliaia di euro all’anno e che le consente di impostare da Internet tutto quello che avviene nella stanza di sotto. Fa per mettere a lavare i piatti che la Luisa ha messo in lavastoviglie ieri sera e accendere il forno con i piatti che la Luisa ha preparato ieri mattina e ha messo in forno prima di andare via e mettere a lavare i vestiti del ciclo delicato che la Luisa le ha preso dal cesto, messo nella lavatrice e che oggi pomeriggio stirerà. Poi si ricorda che non è sicura, forse la Merloni funziona solo con i programmi della bestia dell’apocalisse, e allora lascia perdere. Mette a posto la lista delle robe da fare e la manda in stampa alla Luisa in cucina (le stampanti fanno un po’ “prima repubblica” e quindi non stanno bene in stanza) e si accinge a passare alla parte creativa della giornata.

Tira fuori dal comodino la Coolpix della Nikon che Steve di v. Trebisonda le ha detto che va tanto bene, anche se adesso che esce quella a 5 megapixel gliene procura una nuova nuova e la collega alla modernissima porta Firewire, bella calda-ardente (ricorda che Steve di v. Trebisonda le ha messo uno scotch rosso per distinguerla dagli altri 15 buchi: certo che ne ha proprio tanti!). All’altra Firewire adesso ci attaccherà delle telecamere a circuito chiuso perché, come diceva Francis Ford Coppola nel film, anche lei può diventare una regista con l’iMac nuovo: e così pensava di fare un piccolo Grande Fratello di Belgirate da mostrare agli amici il giovedì sera. Intanto, le è partito quasi automaticamente iPhoto (quant’è moderna questa “i” dappertutto!) che le mostra tutte le immagini contenute nella macchina.

Ieri ha passato la giornata a preparare un servizio fotografico ad Adalgisio. Lo ha preso in tutte le pose: “Guarda qui! Quant’è tenero quando fa la pipì! E questa con le orecchie stirate sulla poltrona? E qui che mi dà il bacetto sul naso con la lingua? Certo che è proprio il più bel bassotto del mondo, il mio Adalgisio!”

Adesso corregge un po’ quella dove ha gli occhi rossi: certo che è proprio facile! Le mette una in fila all’altra e prepara l’album che Steve di v. Trebisonda le ha detto che se lo manda all’apposito servizio, non so se della Apple italiana o di quella in america, le spediscono un album tutto bello moderno (sì perché “classico” non va bene). Ci pensa su un po’ e, visto che l’unico indirizzo annotato del programma di posta è quello dello Steve, lo manda a lui che c’ha le conoscenze in Apple.

Poi fa clic sul tasto per masterizzare e ficca il dischetto vuoto che è pronto in un amen. Mette su anche il disco di Julio Iglesias, quello vecchio che non si trovava e che le ha passato la Andreina, prende gli appunti che le ha scritto lo Steve, trascina l’icona del disco sull’iTunes e fa la conversione in MP3, che ce ne stanno tanti, tutti su un disco che ti fa risparmiare, con quello che costano i CD oggi! E poi si sente molto meglio così la musica, perché è molto più moderno questo sistema dell’altro. Tira fuori il CD delle foto e ne ficca uno nuovo. Adesso ha un disco MP3 per ogni CD musicale che aveva in casa e, invece che nello stereo, se li può mettere tutti nell’iMac che le hanno collegato all’impianto e che ha poi anche un po’ di belle casse moderne tutte trasparenti che la musica la senti proprio meglio così.

Mentre parte “pensami tanto tanto intensamente…” si perde con lo sguardo, un po’ nei paesaggi del lago, un po’ sulle vetrine di v. Trebisonda, mentre mette giù la mano e sfrega le orecchie dell’Adalgisio stirato sul tappeto del letto e gli dice entusiasta e trasognata:
“Sei contento Adalgisio del nuovo iMac, vero? L’altro, con quello scatolone per terra non ti è mai andato giù: era sempre a riparare perché, stando per terra, gli andavi sempre a fare i bisognini su. Questo invece è bello bianco. E robusto. Pesa tanto che non riesco neanche ad alzarlo. Non so cosa ci hanno messo dentro. Ma così, almeno, giro lo schermo in lungo e in largo senza paura che mi cada addosso. E, soprattutto, senza paura che cada addosso a te quando lo tiri per i fili. Tu non lo sai, ma qui, anche se siamo un po’ in provincia, non siamo mica dei provinciali: abbiamo il Digital HUB (almeno mi sembra che si dica così) che collega tutto da qualsiasi posto e facciamo tutto come se fossimo gli esperti di ogni cosa.
Adesso lo Steve dice che faranno anche un collare digitale per te, così ci sarai anche tu, nel Digital HUB; il mio amore. Vuoi mica che il mio bell’Adalgisio sia da meno degli altri di casa?! A proposito, quando arriva Steve? È meglio che chiami la Sandrina un po’ presto, che così mi viene a mettere un po’ a posto la faccia e i capelli e mi fa due massaggini rassodanti prima che arrivi lui. Oh, vai a farti un giro, neh, quando arriva! Mi raccomando!
Lo sai che mi ha detto che adesso i nostri Digital HUB sono collegati, connessi, avvinti, indissolubilmente?!”

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