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Ma dove va la televisione?

06 Agosto 2008

Ma dove va la televisione?

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Negli Stati Uniti il pubblico televisivo invecchia, nuove forme televisive cercano un proprio spazio, le aziende fanno fatica a cambiare i modelli di comunicazione. Che ne sarà del caro vecchio apparecchio domestico?

Anche se l’Italia, televisivamente parlando, non è un paese normale, guardare all’estero può essere uno stimolo utile per cogliere dei segnali che, presto o tardi rischiano di influenzare anche noi. Un segnale forte viene dagli Stati Uniti dove per la prima volta il telespettatore tipico ha raggiunto la riguardevole età di 50 anni. E verrebbe da dire che si tratta del segnale di un media che invecchia e che si trascina dietro spettatori intenzionati a invecchiare serenamente insieme a lui (fenomeni comparabili si possono vedere anche su certi nostri canali Tv).

Il target 50+ per molte aziende non è quello più interessante; e per queste aziende si pone il problema di come raggiungere i propri target più giovani; facendo dunque sempre più meno della Tv? O almeno di quella generalista/tradizionale. Anche qui da noi mi sa che potremmo presto vedere spostamenti rilevanti di investimenti dalla Tv verso altri mezzi, complice la situazione non rosea dell’economia e la necessità per le aziende di ridurre gli investimenti in comunicazione, anche solo per poter mantenere i prezzi dei propri prodotti a livelli accettabili per un pubblico che soffre (o teme) una riduzione del proprio potenziale d’acquisto.

Se la Tv generalista soffre, più vitalità dimostrano le reti satellitari italiane (mentre negli Stati Uniti anche la Tv via cavo mostra segni di un invecchiamento del pubblico). Ma l’interesse di molti attori si sta spostando verso forme alternative di Tv, il cui futuro è ancora tutto da scrivere. Il pensiero va subito a YouTube ed è significativo che i produttori di televisori, Sony in testa, lo stiano incorporando come uno dei canali cui si può accedere dal telecomando. D’altra parte YouTube è un posto molto interessante per operazioni di User Generated Content, di Viral – molto meno per il classico “spot” cui molte aziende, che fanno comprensibilmente fatica a comprendere e abbracciare un marketing innovativo, restano strettamente legate.

Nuove forme di Tv che siano spot-friendly potrebbero allora essere i nuovi canali alternativi di diffusione di contenuti video, quelle Tv on demand che ci permettono di costruirci nostri palinsesti. Da esperimenti come Joost o Hulu ai canali proposti dai Telecom Operator sulle proprie piattaforme IP, ai canali di video on demand che le stesse major televisive stanno mettendo in piedi per permettere la fruizione dei propri contenuti di pregio bypassando la scatola televisiva. Alla Tv mobile (al momento applicazione di nicchia, ma domani si vedrà), ad Apple che con il suo iTunes ha tutta l’intenzione di scardinare il sistema televisivo come sta facendo con quello musicale.

Il nome del gioco appare essere quello di un maggior controllo da parte degli utenti che già negli Stati Uniti hanno fatto venire i capelli bianchi a non pochi dirigenti televisivi utilizzando il TiVo per godersi una televisione tutta in differita, tutta preprogrammata in base ai propri interessi e fruita spesso saltando gli spazi commerciali. E, guarda che combinazione, ora anche YouTube lo si può guardare dal TiVo.

Ma se l’utente imbocca la strada di un maggiore controllo del suo entertainment, se inizia a riflettere se non ci sia un modo migliore di godersi la vita rispetto all’adagiarsi sul divano e lasciare che qualcun altro decida per lui come intrattenerlo, può essere il concetto stesso di Tv a far fatica – aprendo la strada a soluzioni alternative per riempire il tempo libero, alternative più attive come Internet, la socializzazione (online? offline?), i videogiochi – sicuramente più emozionanti di buona parte del palinsesto Tv e, nel caso della Wii, più dinamici e coinvolgenti anche dal punto di vista fisico – solo per fare qualche esempio. E nello stesso mondo della Tv ci spiazza l’arrivo, spontaneo o fomentato dai marketer di nuova generazione, di quantità rilevanti di contenuto User Generated, di forme più trendy, fresche, alternative di contenuti video.

C’è, d’altra parte, un fattore che riequilibra i giochi ed è un fattore qualitativo. Anni di Tv patinata ci hanno abituato a elevati livelli qualitativi nei contenuti video: dal punto di vista tecnico, ma anche (purtroppo non sempre) dal punto di vista della scrittura, fotografia e realizzazione dei programmi. Ci indebitiamo per acquistare schermi televisivi sempre più grandi e sempre più ad alta definizione, schermi su cui il film piratato, il video amatoriale o il flusso da Internet mostrano in modo ancor più drammatico le proprie limitazioni in termini di produzione e/o di qualità dell’immagine. Comprarsi un Lcd da 32 pollici per poi guardarsi un film pixelato o un videozzo di YouTube dilatato a 20 volte la sua dimensione ottimale non è proprio un investimento gratificante.

Credo che ci sia ancora spazio per un entertainment made in Hollywood o nei grandi studi televisivi, ma a due condizioni. La prima che il contenuto non badi solo alla qualità produttiva ma alla forza delle idee, se vuole attirare un pubblico per il quale Sex and the City appare troppo lontano in termini di età e di cultura per avere un significato. La seconda è che il modello lineare della Tv, il concetto di palinsesto e di concentrazione sullo schermo della Tv sta mostrando la corda. Sono molto d’accordo con chi dice che ciò che conta è il contenuto, disponibile quando lo voglio, sullo schermo che voglio, a seconda di cosa sto facendo, dove sono, che ora è. Anche in un’ottica di immersione totale in un mondo immaginario, con cui non voglio staccare il contatto dopo 45 minuti, ma cui voglio continuare a intergire, esplorandolo più a fondo, esplorandone gli angoli nascosti forzatamente lasciati in ombra dai tempi televisivi, ma che potrebbero essere ampiamente sfruttati su altri mezzi e altri schermi. Il tutto però a condizione che mi sia comodo: credo sia da pazzi pensare a un uso domestico dell’iPhone al posto del televisorone che troneggia in soggiorno (oddio, magari in cucina…).

Quanto alla pubblicità, anche lì noi pubblicitari dobbiamo interrogarci, accompagnati in questo dai nostri clienti, verso lo studio di nuove forme di comunicazione commerciale che possano seguire quei target per cui la Tv non è più la killer app. Meglio sarebbe farlo con calma e prendersi i tempi per pensare e sperimentare, anche se so già come andrà a finire: che qualcuno comincerà a chiedere di staccarsi dalla Tv, magari in modo acritico e non meditato, partendo lancia in resta a cercare soluzioni praticabili e implementabili (e di sicuro effetto) nel giro di poche settimane, per salvare il fatturato e il piano di business dell’anno in corso. E magari, già che ci siamo, soluzioni ben più misurabili e valutabili in termini di ROI (Return On Investment) della pubblicità televisiva.

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