Mentre il Giappone continua a effettuare sperimentazioni di telefonia di quarta generazione, l’Europa procede lentamente sulla strada della terza generazione. In occasione del SIMO – un salone dedicato all’informatica, al multimedia e alle comunicazioni, che si è svolto a Madrid tra il 5 e il 10 novembre scorsi – Samsung, Vodafone e Nortel Networks hanno effettuato i primi esperimenti di strumentazioni UMTS.
Le prove sono state realizzate con un terminale Samsung di classe 10, dotato di sei canali (o time slots). La classe 10 permette, infatti, di gestire, simultaneamente, quattro canali della rete verso il cellulare o due canali del cellulare verso la rete.
Il risultato di questo piccolo esperimento è stato particolarmente interessante: Samsung ha annunciato che la banda ottenuta è stata di 64 Kbits/s in emissione e 384 Kbits/s in ricezione. Siamo, quindi, molto lontani dalla larghezza di banda annunciata nel momento di massima “febbre dell’UMTS”, cioè 2 Mbits/s. Peraltro, un responsabile tecnico di Samsung ha precisato che, se si può prevedere di arrivare a 512 Kbits/s in tempi rapidi, sarà, comunque, molto difficile andare oltre.
Il problema non risiede soltanto nei limiti delle reti, ma anche nei terminali. Questi devono, per supportare larghezze di banda significative, integrare un numero elevato di canali. Ma, più il terminale è capace di gestire canali, più consuma energia e, quindi, necessita di batterie molto potenti. E tutto ciò significa telefonini di grandi dimensioni, più costosi e più pesanti.
Nonostante il mezzo fallimento dell’esperimento spagnolo, le tre società coinvolte ritengono che la tecnologia UMTS sia una “realtà imminente”. Non la pensano così molti altri protagonisti del mercato della telefonia mobile, che hanno preferito gettare la spugna. Tele2, ad esempio, ha appena restituito la licenza UMTS che deteneva in Norvegia, realizzando in questo modo un risparmio di 500 milioni di euro.