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L’ossimoro del Knowledge Management

04 Giugno 1998

L’ossimoro del Knowledge Management

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Si è svolta dal 10 al 13 maggio '98, al palazzo del Lingotto di Torino, la settima conferenza internazionale triennale del IACEE, l'Associazione Internazionale per l'Ingegneria dell'Educazione Continuativa.

Rappresentanti delle principali Università, Imprese e Società che nel mondo sono coinvolte nelle tecnologie della conoscenza si sono ritrovati all’insegna della “Knowledge Revolution, l’impatto delle tecnologie nell’apprendimento”. Salvo rari momenti in plenaria dedicati a interventi augurali e politici, i lavori si sono snodati nelle molte sale del palazzo dei congressi del Lingotto, sotto forma di workshop per addetti ai lavori. E questo intento era talmente chiaro che si è scelto, anche in ragione della schiacciante prevalenza dei convenuti stranieri rispetto a quelli nostrani, di parlare esclusivamente in inglese e senza traduttori.

Fra i temi maggiormente ricorrenti spiccavano quelli del Knowledge Management (KM) e della Distance Learning (DL). Che la conoscenza sia da gestire e che lo si possa fare è naturalmente il punto di partenza per una politica dell’Educazione Permanente e a questo devono pensarci soprattutto i governi e le istituzioni preposte all’educazione. Eppure, soprattutto sul fronte aziendale, il termine viene ad assumere un significato decisamente diverso. In questo momento svariate realtà nel mondo, fra cui ISVOR-FIAT e Telecom Italia, si stanno occupando di KM, ma si tratta di lavori top secret e non c’è modo, neppure in conferenza, di saperne di più.

Da quando, in conseguenza della riflessione sulla Learning Organization, i guru del management, primi fra tutti Porter e Drunker, hanno deciso che l’ultima risorsa strategica per una vera competizione fra le imprese non è costituita tanto dalle componenti tecnologiche o strutturali, ormai talmente livellate da consentire guadagni solo con i tagli sul funzionamento, quanto da quelle originate dal potenziale di conoscenza e dalle competenze che ogni impresa può al suo interno vantare.

Purtroppo il sapere è un bene non sempre ben retribuito in rapporto alla sua rapidità di obsolescenza, che è tale da costituire un rischio per chi lo possiede (che una volta sfruttato diventa inutile) e per chi ne trae vantaggi (che non sempre può procurarselo e non è detto che sia in grado poi di tenerlo per sé). Allora sorge il versante gestionale del problema: come progettare delle aziende che siano dei sistemi per amministrare, generare e fare circolare conoscenza e come fare in modo che questa conoscenza diventi business senza fuoriuscire dal perimetro dell’impresa a vantaggio della concorrenza? Perché questo sia possibile occorre dare garanzie ai lavoratori e provvedere a investire in formazione permanente, in termini di mezzi, tempo e riconoscimento. Ma esistono delle tecnologie che facilitano e rendono efficiente un tale sistema? E qui la questione si fa spinosa.

Di sicuro molto passa tramite le reti e a questo si collega il tema della DL, ma la Formazione a Distanza (FAD), così come la Formazione Multimediale (FM) è ben lungi dall’essere consolidata e uniforme. A fronte di esperienze come quella dell’Università di Georgia (USA) il cui rettore sostiene che gli studenti preferiscono ricorrere alle risorse remote, persino dalla Casa dello Studente (dormitory), piuttosto che recarsi in aula, una gran parte dei presenti utilizza quasi esclusivamente il supporto cartaceo come mezzo di formazione.
Se le tecnologie offrono opportunità quasi sconfinate per la comunicazione e la didattica, quando si passa alle infrastrutture, come le reti o i servizi, la questione cambia aspetto, diventando vieppiù critica mano a mano che si affrontano aspetti più strettamente pedagogici e di contenuto, come pure di sistema di somministrazione e di integrazione.

Ci sono grosse difficoltà, fanno sapere dal Politecnico di Milano, a trovare gli autori dei corsi, a pagarli o a motivarli adeguatamente per il loro lavoro e a chiedere un prodotto di qualità pedagogica. Non si può pensare a dei corsi basati esclusivamente sul testo o sull’archiviazione di documenti, immagini e filmati, perché poi nessuno li usa, dicono dei responsabili universitari statunitensi: “Si tratta soltanto di libri “scannerizzati” che nessuno ha voglia di leggere, meno che mai a video. Il vero problema è quello di fornire un aiuto e una guida alle persone, ma questo non avviene che nel 10% dei casi. Occorre passare dalla centralità del testo al decentramento dei media, usando strumenti e situazioni didattiche il più diversificate possibile, come videotapes, broadcasting e audio-video conferenze, accanto a dispense, libri, aule…

Diversamente da quanto avviene a casa nostra, dove un peso rilevante nella didattica multimediale si rifà soprattutto all’apprendimento programmato e agli eredi dei CBT (l’apprendimento attraverso esercitazioni digitali), negli altri paesi come gli USA e la Scandinavia, dove la tradizione è più remota nel tempo, è molto chiara la distinzione fra corsi multimediali che possono essere erogati da più supporti (essenzialmente CD e rete, ma anche floppy o altro) e i mezzi della DL, che sono essenzialmente di natura comunicazionale (e-mail, newsgroup, riviste on-line, siti Web…). Multimedialità e telematica sono due categorie molto diverse fra loro.

È fondamentale avere ben chiare le possibilità della formazione a distanza e come queste vadano inserite in un sistema misto di aula, domicilio, gruppi di apprendimento, collegati insieme dalle tecnologie di rete. Le Nuove Tecnologie non fanno miracoli e soprattutto non vanno viste come dei sostituti dei mezzi più efficienti, ma come un loro potenziamento (tecnologia come empowerment). Gli effetti speciali seducono spesso più i committenti che gli utilizzatori, i quali cercano soprattutto migliori servizi e aiuti didattici. Non è un caso che la maggior parte dei corsi siano sviluppati con interfaccia Web e che il vecchio e limitato linguaggio HTML sia ancora privilegiato rispetto ad altri sistemi autore proprio per la sua universalità, leggerezza e flessibilità.

Il gruppo di ricerca coordinato da Gallino e Boniolo sulla didattica multimediale fa rilevare che ben pochi dei prodotti in commercio nel nostro paese soddisfano i requisiti di qualità pedagogica indispensabili. I ricercatori mettono in evidenza che non esiste alcuna corrispondenza fra grado di multimedialità ed efficacia didattica. C’è la necessità di gruppi di coordinamento ad alta professionalità per gestire sistemi di formazione multimediale e a distanza. Questi esperti dovrebbero prima di tutto invertire i fattori di una formazione ora troppo pensata in funzione dell’insegnamento e troppo poco in funzione dell’apprendimento.
L’ingegneria dell’apprendimento, sembrano dire, tirando le somme, i lavori della conferenza, offre ottime opportunità, a patto di investirci ancora molto, soprattutto nella gestione e nella componente pedagogica e in quella più umana, prima di ogni altra.

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