Il mondo open source è un settore variegato e del tutto particolare. Esistono differenze notevoli che, a prima vista, possono contrapporsi al classico modello di business. L’uso non esclusivo e proprietario del software, l’assenza dei costi di licenza o la mancanza, in senso tradizionale, di strutture aziendali possono sembrare ostacoli alla realizzazione di un profitto. A dispetto di tutto questo si è dimostrato, però, come anche con il software open sia possibile creare giri d’affari soddisfacenti.
Non prodotti ma servizi
Un segmento fondamentale è quello della distribuzione e del relativo supporto. I distributori vendono copie di software libero e/o open source: certo il software è reperibile anche in rete, ma spesso necessita di conoscenze tecniche che non sono nel bagaglio culturale di chiunque. L’utente medio non ha sempre le competenze per affrontare agevolmente l’installazione e la gestione dei pacchetti software, dunque preferisce pagare una cifra ragionevole per disporre di una distribuzione costruita apposta per essere accessibile anche ai meno esperti. Accanto alle distribuzioni sono forniti a pagamento una serie di prodotti e servizi di supporto post vendita. Ecco quindi che aziende come Red Hat, Turbo Linux, Mandriva Linux fondano il loro business fondamentalmente sulla vendita al pubblico di un pacchetto completo pronto da installare contenente, oltre al kernel, un insieme di utility per meglio sfruttare il prodotto. Questa è un’applicazione tipica: i beni ceduti non sono prodotti ma servizi. Ciò che si vende è il valore aggiunto dall’assieme dei diversi moduli software e la garanzia di un buon funzionamento e compatibilità con altri sistemi della stessa marca, oltre all’assistenza gratuita per un certo periodo di tempo.
Questo non è il solo segmento in cui l’open software genera reddito. Alcune aziende, infatti, si specializzano in particolare modo sui servizi. Quelli più diffusi sono il supporto tecnico, la personalizzazione del software, la formazione su un prodotto e la correzione di bug a pagamento. Le imprese che appartengono a questo settore basano il loro modello commerciale prevalentemente o esclusivamente sul supporto tecnico, partecipando nel contempo allo sviluppo di alcuni progetti open source, tipicamente quelli che più interessano al loro business. L’esempio che possiamo citare è senz’altro l’americana Microcross, azienda che fornisce una serie di soluzioni per il mondo embedded. Distribuisce una versione per diverse piattaforme hardware e fornisce supporto e assistenza allo sviluppo. Il prodotto è in realtà una raccolta di software Gnu e open source completamente funzionante e provata su diverse architetture. Adacore, invece, fornisce diversi ambienti sviluppo per differenti Cpu: una cross-factory per il linguaggio Ada; in realtà garantisce supporto per Gnat, il compilatore Ada della famiglia Gnu, e correda la sua distribuzione di un Ide per utilizzarlo mediante un’interfaccia grafica. Mentre Kpit Cummins Infosystems fornisce documentazione e alcune distribuzioni della cross-factory Gcc per alcune famiglie di microprocessori.
Chiedi al consulente
Non tralasciamo, poi, il settore importante della consulenza specialistica. In quest’area operano persone o società che fornisco supporto specialistico ai prodotti open. Alcuni forniscono servizi orientati alla qualità del software o certificativi in ambito open; a questo riguardo, esiste, da diversi anni, un ente di certificazione delle conoscenze in ambito Linux, anche se diventa difficile capire in che modo si certifica un certificatore open. Il Linux Professional Institute promuove e certifica le competenze necessarie all’uso di Linux e delle tecnologie open source in ambito professionale. L’istituto è stato fondato a Toronto nel 1999 come organizzazione internazionale senza scopo di lucro e occupa una posizione di rilievo nelle certificazioni professionali Linux per la formazione, le sponsorizzazioni, il supporto all’industria IT e il sostegno della comunità nata intorno alla condivisione del codice. Un altro esempio è la piccola società di Kevin Dankwardt, K Computing, che offre corsi di formazione specialistica sul sistema operativo Linux (anche in Italia). La qualità del software applicata al mondo open è una nuova attività ancora in fase embrionale.
A volte le aziende di questo segmento forniscono una consulenza estremamente specializzata: è il caso di Validated Software, che permette la certificazione di RTOS ucos-II di Micrium in ambito RTCA-178B. Validate Software fornisce la documentazione necessaria a certificare l’intero ciclo di vita del sistema operativo: ucos-ii è distribuito in codice sorgente e può essere utilizzato senza problemi per fini di studio o personali, ma per le applicazioni commerciali è necessario utilizzare una licenza fornita dal produttore. Quest’area è sicuramente ancora tutta da esplorare.
Galeotto è il driver
I produttori di hardware per far funzionare le proprie schede utilizzano sempre con maggiore incisività prodotti open, dal sistema operativo Linux agli ambienti di sviluppo. Questo pone in evidenza un altro settore che è sfruttato per produrre profitto, vale a dire di chi utilizza il software per il funzionamento di hardware o parti di esso. L’hardware non può funzionare senza il software appropriato (driver, applicazioni o interi sistemi operativi), ecco perchè i produttori e i distributori di hardware investono somme considerevoli per sviluppare e aggiornare i driver: esistono intere distribuzioni di Linux per hardware dedicato o moduli software per interfacce dedicate, per esempio il Bios. Normalmente questo software è reso liberamente disponibile, ma senza i codici sorgenti – anche se ultimamente un numero cospicuo di produttori tende a rilasciarlo come software open source per stimolare la ricerca di maggior compatibilità e il supporto ai loro prodotti. Koan, per esempio, offre un servizio ad ampio spettro: sviluppa software, presta supporto e formazione, distribuisce una serie di prodotti – tra cui una distribuzione open source Gnu/Linux embedded e royalty free per applicazioni industriali.
Un altro settore importante è, senz’altro, quello della documentazione. Qui prosperano i manuali, i libri, le riviste, i servizi di news, tutto materiale che diffonde informazioni e ciò che è utile sapere riguardo al software libero e open source. La caratteristica di queste aziende è che in genere non partecipano direttamente allo sviluppo dei prodotti, ma offrono un supporto documentativo e mediatico all’intero sistema. L’esempio per antonomasia è la casa editrice americana O’Reilly. Esistono poi una serie di riviste internazionali come il Linux Journal o il Linux Magazine.Non si può poi trascurare il merchandising, ovvero quell’insieme di attività promozionali che ruotano attorno alle attività di sviluppo e sostegno. Si vende ogni sorta di accessori: dalla maglietta alle tazzine, tutte con il logo della comunità.
Pensi al pinguino, ma è una civetta
Accanto a società che hanno come obiettivo quello di trarre profitto dal software open esistono anche quelle che utilizzano l’open source come prodotto civetta. Si usa il software open source per creare o mantenere una posizione di mercato per un software proprietario che genera una fonte diretta di profitti. In questo modo la libera distribuzione del codice sorgente di un prodotto porta l’attenzione verso altri prodotti a pagamento, liberi o proprietari, che costituiscono la vera fonte di guadagno dell’azienda. Così è Netscape/Mozilla, il cui arcinoto browser “libero” e l’altrettanto diffuso client gratuito di posta elettronica agevolano indirettamente le vendite di soluzioni software per server. E non dimentichiamo il recruitment: esistono diverse agenzie, come Hot Linux Jobs, che offrono servizi mirati alla ricerca di un impiego nel settore dell’open source.
Infine il guadagno più diffuso e meno apparente, quello di coloro che sostengono l’open source utilizzandolo nella propria attività quotidiana. Sono le centinaia di migliaia di aziende, professionisti e semplici utenti che non partecipano direttamente allo sviluppo delle applicazioni a codice aperto, ma nelle proprie attività quotidiane le preferiscono alle soluzioni proprietarie ogni volta che se ne presenta la possibilità. Il loro guadagno è indiretto, ma lampante: il risparmio sul costo delle licenze dei programmi utilizzati.