Che record, l’Italia: è riuscita a trasformare il passaggio al digitale terrestre in un’occasione di accentramento di potere nelle mani dei soliti noti, invece che in opportunità di pluralismo. Che sarebbe stato l’esito più naturale, visto che il digitale moltiplica i canali disponibili a parità di frequenze. È un bilancio che si può già fare, su due fronti ora incandescenti: quello delle emittenti tv e quello della banda larga mobile. Partirà il 6 settembre, tra le polemiche, il beauty contest che darà gratis frequenze tv alle emittenti, mentre è in pieno svolgimento l’asta che assegnerà agli operatori mobili frequenze di vario tipo, tra cui le più pregiate sono quelle dello spettro 800 MHz, finora usato solo dalle tv.
Beauty contest televisivo
Quanto deciso dal governo ha scontentato tutti eccetto Rai e Mediaset. Tutte le minoranze, quindi. Contro alcuni aspetti del beauty contest Telecom Italia e Sky sono andati al Tar del Lazio. Le emittenti locali sono da tempo sul piede di guerra temendo di scomparire con il passaggio al digitale. L’opposizione (PD, con appoggio di Idv e Terzo Polo) ha contestato l’opportunità di regalare le frequenze alle emittenti, in questa contingenza economica, e ha chiesto di trasformare il beauty contest in un’asta. Il PD stima che lo Stato ne avrebbe ricavato 1-2 miliardi di euro, dalle emittenti. La richiesta era contenuta in un emendamento alla manovra finanziaria, bocciato però sabato scorso per un solo voto di scarto.
In questo, il governo (nella persona di Paolo Romani, ministro allo Sviluppo Economico) ha buon gioco a ricordarci che nessun Paese europeo ha fatto aste competitive per le frequenze tv. Secondo il PD, l’Italia poteva fare eccezione visto che si chiedono ora sacrifici straordinari per rintuzzare il debito pubblico. Ma in fondo la questione non era tanto se assegnare le frequenze gratis o a pagamento. Non si dice che la cosa grave è un’altra, segnalata da esperti come Antonio Sassano, docente alla Sapienza e consulente dell’Autorità garante delle comunicazioni per i temi delle frequenze: il governo ha fatto in modo che a Rai e Mediaset andassero un surplus di frequenze e anche quelle più pregiate.
Banda larga mobile
Sassano aveva proposto, con Paolo Gentiloni (PD), invece di evitare di assegnare due canali (55 e 58) al beauty contest e così avere uno spettro più libero, per risolvere interferenze e contenziosi con le emittenti locali. Risultato delle scelte del governo: sfavorite le emittenti nazionali diverse da Rai e Mediaset, perché finiranno su frequenze più soggette a interferenze; esigenza di risarcire le emittenti locali con 240 milioni di euro sottratti alle già sofferenti casse dello Stato. C’è il rischio infine che alcune locali scompaiano, con danno per il pluralismo, come denunciato nei giorni scorsi da numerosi consigli regionali (Puglia, Toscana, Liguria, tra gli altri). Le locali che perderanno le frequenze saranno costrette a liberarle entro dicembre 2012; possono poi trasformarsi in fornitori di contenuti (su reti altrui), come stabilito dal governo. Ma molte di loro affermano che i tempi sono troppo stretti per riuscirci.
Come Sassano ha detto più volte, il governo non sarebbe stato costretto a togliere tante frequenze alle locali – per assegnarle agli operatori mobili con l’asta – se avesse evitato di dare quel surplus di frequenze alle tv nazionali. Il potere si concentra, quindi. Lo si vede anche nell’asta degli operatori mobili. Le frequenze liberate con il passaggio al digitale terrestre (800 MHz) finiranno certo a Telecom Italia, Wind e Vodafone. È incerto persino che 3 Italia si riesca ad aggiudicare qualcosa. È il solo operatore infatti che sta gareggiando solo per un lotto a 800 MHz, dei sei disponibili, come risulta dalle offerte e dai rilanci che ha fatto finora. Gli altri tre mirano invece a ottenere due lotti ciascuno. Serve avere infatti avere due lotti contigui a 800 MHz per ottimizzare la copertura. Se quei tre riusciranno nell’intento, però, non resterà più nessun lotto per 3 Italia.
Concorrenza vs. qualità
Peggio ancora per i nuovi entranti: hanno dato forfait. Poste Mobile (operatore mobile virtuale) e Linkem (Wi-Fi e Wimax) erano considerati possibili partecipanti all’asta, ma poi non l’hanno fatto, probabilmente scoraggiati dagli alti prezzi: siamo già intorno ai 2,5 miliardi di euro, calcolate le offerte per tutti i tipi di frequenze. Niente da fare, le reti mobili voce e internet continueranno a svilupparsi intorno ai vecchi nomi. Quale scenario ci aspetta? Per gli utenti di banda larga mobile, le notizie sono tutto sommato positive. Non ci sarà un boom di pluralismo e concorrenza, ma almeno la qualità del servizio migliorerà. Le nuove frequenze consentiranno di migliorare la copertura e la velocità banda larga; daranno risorse opportune a a sviluppare la tecnologia 4G.
Andiamo verso reti mobili multilayer, in cui gli operatori useranno tipi di frequenze diverse a seconda delle varie esigenze del territorio e dei singoli utenti. Sfrutteranno anche quelle a 2.6 GHz, per cui all’asta stanno dimostrando grande interesse: probabilmente intendono utilizzarle per reti indoor (case, uffici) con apparati femtocell. In verità le nuove frequenze avrebbero potuto dare alle reti una qualità anche maggiore, ma pesa di nuovo la scelta del governo di intasare lo spettro per dare tante risorse alle emittenti nazionali. Il risultato è così che il lotto a 800 MHz su canale 61 è a grosso rischio di interferenze (sul 60 ci sarà la tv di Telecom Italia Media, a livello nazionale). Ecco perché è il solo lotto per cui, quando scriviamo, nessun operatore ha ancora fatto offerte, aspettando che il suo prezzo scenda.
Occasione perduta
Infine, perché i servizi siano veloci davvero e non solo in teoria, non servono solo frequenze ma anche collegamenti di backhauling tra le antenne e il resto della rete. E il backhauling migliore è in fibra ottica. Peccato allora che ristagnino i progetti per dare all’Italia una rete in fibra estesa a livello nazionale: la società del tavolo Romani non è più partita e ora restano solo i piani di Telecom Italia per una rete di nuova generazione. Ennesimo esempio di occasione perduta per vivacizzare il mercato.