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Lo strano caso delle banconote anticopia

08 Aprile 2004

Lo strano caso delle banconote anticopia

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Fotocopiatrici e software grafici contengono segretamente funzioni che impediscono la scansione e la fotocopia di molti tipi di banconota, anche per gli usi consentiti dalla legge. Cos'altro c'è nascosto nel software chiuso?

Alcuni utenti di Photoshop CS hanno scoperto che se si tenta di scandire o editare un’immagine di una banconota (per esempio euro, sterline, dollari), il software si rifiuta di farlo e fa comparire un avviso che ammonisce l’utente che sta eseguendo una “elaborazione non autorizzata di immagini di banconote”. Lo stesso fanno anche Paint Shop Pro 8 e alcune fotocopiatrici e stampanti a colori di alta qualità. Si rifiutano e basta. Non c’è appello, e la funzione non è documentata.

Adobe ha ammesso l’esistenza delle istruzioni segrete e ha dichiarato che il blocco della scansione o modifica di immagini di banconote è stato introdotto su istruzioni del Central Bank Counterfeit Deterrence Group, organizzazione costituita dalla Banca Centrale Europea insieme ai principali enti di produzione di banconote e altre banche centrali, e che tale introduzione è stata tenuta segreta su specifica richiesta dell’organizzazione governativa.

A prima vista questa sembrerebbe una lodevole iniziativa contro la contraffazione delle banconote, per la quale fotocopiatrici e software di fotoritocco sono strumenti preziosi: secondo l’US Bureau of Engraving and Printing, equivalente grosso modo al Poligrafico e Zecca dello Stato italiano, dal 1995 al 2002 le banconote false create digitalmente sono passate dall’1 al 40%. Ma è la modalità con la quale è stata introdotta, e la sua efficacia assai discutibile, con danno agli utenti onesti, che suscita perplessità. Sembra una variante del patetico copione già visto nel campo dei sistemi anticopia adottati dall’industria discografica.

Bloccati anche gli usi leciti

Come i sistemi anticopia musicali, questo codice segreto blocca l’utente anche quando sta eseguendo operazioni perfettamente lecite. Capita spessissimo di vedere banconote riprodotte nelle pubblicità, in quanto simbolo molto diretto ed eloquente. Anche la parodia fa spesso uso di immagini di banconote, sostituendo la normale effigie presente sulla banconota con quella del personaggio famoso di turno. Libri di testo, enciclopedie, guide turistiche, documenti ufficiali e siti Web devono poter presentare immagini di banconote per informare i loro fruitori.

Questi usi sono infatti previsti e consentiti dalla legge, come indicato persino dalla funzione nascosta in Photoshop CS, che rimanda al sito Rulesforuse.org, dove trovate una mappa interattiva per reperire le norme riguardanti ciascun paese. Le norme della Banca Centrale Europea per l’euro sono molto semplici e intuitive; quelle statunitensi sono assai più severe.

Scandire l’immagine di una banconota non è di per sé illegale, insomma, ed è evidente che in casi come questi la contraffazione non c’entra nulla. Ma anche questi usi legali vengono bloccati dall’intervento del sistema anticopia. Fra l’altro, sembra addirittura che non sia possibile scandire i soldi del Monopoli, anche se potrebbe trattarsi di una burla d’aprile un po’ stantia.

Il parallelo con le “soluzioni” anticopia dei discografici non finisce qui: anche questa tecnologia è infatti facilmente aggirabile persino dai dilettanti; figuriamoci cos’è in grado di fare un vero falsario. Le versioni precedenti del software Adobe e di molti altri software grafici, tuttora in circolazione, non contengono questa funzione, per cui sono tranquillamente utilizzabili per scandire banconote. È chiaro che il software open source, come il celebre GIMP, non può contenere questa funzione nascosta, poiché il suo codice sorgente è pubblico.

Anche senza ricorrere a programmi meno recenti, molti utenti riferiscono di aver aggirato il sistema anticopia usando un’altra applicazione per la scansione e poi adoperando il copia-e-incolla per inserire l’immagine in Photoshop, oppure invocando Photoshop da altre applicazioni Adobe oppure ancora scandendo porzioni di banconota e riassemblandole. Girare intorno alla protezione è insomma un gioco da ragazzi. La montagna della BCE ha partorito il topolino.

Il segno del potere

Ma come funziona (si fa per dire) questo sistema anticopia? Il software ha in memoria una riproduzione di ogni tipo di banconota del mondo? E come si fa ad aggiornare il riconoscimento per includere i nuovi tagli di banconote?

In realtà c’è un trucco. Come notato dall’esperto di crittografia Markus Kuhn, il software non riconosce la banconota in quanto tale, ma riconosce uno speciale disegno presente in ogni banconota protetta. Si tratta di cinque cerchi disposti grosso modo a X deformata. Li trovate esaminando con attenzione le banconote; sono spesso in colori poco contrastanti e dissimulati insieme ad altri dettagli apparentemente innocenti (nelle sterline, per esempio, i cinque cerchi sono annidati in mezzo ai pallini delle note di un pentagramma musicale). Basta includere questi cinque cerchi nel disegno di una banconota per far scattare il blocco anticopia.

Il disegno, stando alle prove fatte da vari esperti e appassionati, resiste alla rotazione, al cambio di colore e all’ingrandimento e alla riduzione, anche se sarebbe necessaria una sperimentazione più approfondita per determinare quali sono gli elementi chiave effettivi del sistema anticopia. Se avete Photoshop CS, potete dilettarvi.

Se queste indagini preliminari sono esatte, i cinque cerchi anticopia delle banconote si prestano a molti usi interessanti e probabilmente non previsti dagli inventori. E più questo sistema anticopia si diffonde nel software e negli apparecchi, più interessanti diventano le sue applicazioni inattese.

Per esempio, se si include il disegno anticopia in un documento, quel documento diventa impossibile da duplicare con fotocopiatrici o software contenenti il sistema di protezione. Questo consente a un’azienda il controllo totale dei documenti interni: basta imprimere il disegno anticopia su ogni documento e dotarsi esclusivamente di fotocopiatrici anticopia. Nessuna talpa potrà trafugare copie di dossier compromettenti, né a fini di spionaggio industriale, né soprattutto per raccogliere prove di illeciti aziendali.

Ma proviamo a estrapolare, basandoci sul fatto che esistono già proposte per rendere obbligatoria l’introduzione di questa funzione anticopia in ogni apparecchio utilizzabile dai falsari. Man mano che si evolve la risoluzione delle fotocamere digitali, diverrà possibile usarle come scanner per fotografare e duplicare banconote. Già ora c’è chi va nei punti vendita e fotografa le pagine delle riviste usando la fotocamera del cellulare. Allora, se il modo di pensare della BCE non cambia, bisognerà introdurre questa funzione anticopia anche nelle fotocamere, nei cellulari e nelle telecamere: praticamente in qualsiasi oggetto in grado di acquisire un’immagine. Altrimenti i falsari acquisteranno i dispositivi che non includono la funzione anticopia e tutto sarà stato inutile.

Ma il disegno anticopia può essere applicato alla superficie di qualsiasi oggetto. A quel punto sarà interessante vedere cosa succede se una persona indossa una T-shirt che reca il disegno anticopia o semplicemente sventola un cartoncino sul quale ha stampato una copia del disegno davanti all’obiettivo. La fotocamera si rifiuterà di scattare? In tal caso le forze dell’ordine avranno regalato ai criminali il mantello dell’invisibilità. Non potranno infatti essere ripresi, se indosseranno indumenti recanti il disegno. Sarà ancora più interessante se questa funzione anticopia arriverà nei chip delle telecamere di sorveglianza. Un borseggiatore o un ladro non dovrà far altro che indossare il Segno Che Protegge, e la telecamera si oscurerà automaticamente.

Un’altra applicazione creativa dei cinque cerchi magici è l’anti-Autovelox. Un’auto che rechi il segno anticopia sulla carrozzeria, magari come semplice adesivo sulla targa, potrebbe bloccare il chip della fotocamera. Sarebbe senz’altro più efficace del CD che tanti appendono al lunotto, convinti che accechi l’Autovelox.

Esercizio di futilità

Non è bello vedere che il proprio computer o fotocopiatrice ubbidisce agli ordini segreti di qualcun altro. La scoperta ha scandalizzato molti utenti e suscitato un’ovvia domanda: se è possibile nascondere una funzione così sofisticata in un programma, cos’altro c’è nascosto nel software che usiamo?

Che in molto del software più diffuso ci siano da sempre easter egg, ossia miniprogrammi nascosti, attivabili soltanto con una particolare combinazione di tasti o cliccate, non è certo una novità. Molti avranno sentito parlare del flipper nascosto in Word 97, del videogioco segreto di StarOffice o della “sala delle anime tormentate” infilata in Excel 7. Ci sono addirittura siti dedicati agli easter egg, e la mania (ora ufficialmente scoraggiata dai produttori di software) sta invadendo altri settori, come quello dei DVD, i cui menu spesso contengono aree cliccabili non dichiarate che portano a filmati o immagini supplementari.

Ma qui siamo di fronte a un salto di qualità. Dal giochino si è passati al Grande Fratello che si accorge se scandisci una banconota. Dato che il modulo di software creato dal CBCDG è una “scatola nera” sul cui contenuto non è permesso indagare, non sappiamo quali altre funzioni contiene. Qual è il prossimo passo? Un Word che riconosce quando un documento contiene le parole “Brigate Rosse” o “attentato” e lo segnala di nascosto alla polizia? Considerato anche il modo degno di uno stato totalitario con il quale è stata forzata l’introduzione di questo sistema anticopia, senza avere perlomeno il buon gusto di avvisare i cittadini di questa limitazione delle loro libertà, non è possibile escluderlo. Perlomeno il progetto Palladium è stato annunciato con largo anticipo.

Illusioni a caro prezzo

Questo episodio dimostra la natura “sovversiva” del software open source. Un sistema anticopia del genere è utilizzabile soltanto in un mondo in cui l’open source non esiste. Vista l’importanza della materia e il modo superficiale in cui è stata affrontata sinora, non vorrei che la disponibilità del codice sorgente fosse vista come un ostacolo, anziché un beneficio, da parte dei governi. Il software open source consente di aggirare i sistemi anticopia? Aboliamo dunque il software open source! Solo il controllo centrale permette di evitare il pericolo! E di questi tempi è facile zittire le voci contrarie o anche soltanto in cerca di una soluzione più efficace: chi obietta fa il gioco dei criminali, dei pirati, dei terroristi, eccetera. Esagero? Nossignori. C’è già chi prova a stabilire un nesso fra pirateria e terrorismo, affermando che i terroristi si finanziano vendendo copie pirata del Re Leone. Non ridete.

È chiaro che questo sistema anticopia, come altri suoi più contestati predecessori, ha dei costi di gestione che ricadono sugli utenti finali, cioè noi (ora sapete perché Photoshop è così caro). Ma è totalmente inutile, perché aggirabile persino dai dilettanti. Equivale insomma a costruire un muro di cinta impenetrabile, con campi minati e filo spinato, lasciando una porta di legno incustodita sul retro. Pagare la sicurezza mi sta bene, ma pagar cara l’illusione della sicurezza no. Quanto è costato e sta costando quest’ennesimo esercizio di futilità partorito dai pagatissimi euroburocrati?

Speriamo che le altre misure di sicurezza della fortezza Europa siano pensate con un po’ più di criterio.

L'autore

  • Paolo Attivissimo
    Paolo Attivissimo (non è uno pseudonimo) è nato nel 1963 a York, Inghilterra. Ha vissuto a lungo in Italia e ora oscilla per lavoro fra Italia, Lussemburgo e Inghilterra. E' autore di numerosi bestseller Apogeo e editor del sito www.attivissimo.net.

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