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L'ispettore generale

09 Gennaio 2015

L'ispettore generale

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Un ex premier venne sbertucciato quando consigliò come strumento tecnologico alle aziende "l'utilizzo di Gògol". Eppure…

Era il 2010 quando, nel corso di una conferenza stampa congiunta con l’amico Hosni Mubarak, l’allora presidente del consiglio dei ministri Silvio Berlusconi consigliò appunto alle imprese italiane di approfondire la pratica di Gògol.

Col senno di poi, non aveva tutti i torti. Il motore di ricerca più famoso al mondo può dare visibilità ad aziende e professionisti, ma può anche mettere in luce alcuni aspetti men che lusinghieri, proprio come fece l’ispettore generale nella più famosa commedia di Nikolai Vasi’levič. Ne accennavo su queste pagine quando scrissi che chi vuole aumentare i visitatori al proprio sito attraverso i motori di ricerca dovrebbe innanzitutto chiedersi perché lo desidera. Ho clienti che prima hanno smaniato per avere una pagina su Wikipedia, poi sono rimasti esterrefatti quando si sono resi conto che chiunque può scriverci dentro quel che vuole, ed è praticamente impossibile far sparire il testo se corrisponde almeno parzialmente a verità. E, ovviamente, una pagina Wikipedia è quasi certamente tra i primi risultati di Google.

Una volta che Google ha messo le sue zampine rapaci su una informazione è tipicamente impossibile fargliela dimenticare. Se si tratta di materiale coperto da diritto d’autore o segreto industriale (per esempio, se un sito copiasse pari pari da quello che state leggendo) si potrebbe intervenire qui e se un privato ha commesso qualche leggerezza in gioventù può chiedere il diritto all’oblio qua. In entrambi i casi resta esplicita traccia nei risultati del motore di ricerca, e per questo motivo qualche visitatore si incuriosirà e vorrà cercare il materiale che è rimasto sul web, essendo sparito solo il puntatore ad esso che Google teneva. La pecetta, insomma, è ben visibile e ha questo aspetto.

Schermata di Google: alcuni risultati possono essere stati rimossi nell'ambito della normativa europea sulla protezione dei dati

Il soggetto s’è dato da fare per nascondere qualcosa. Chissà che peccatuccio era?

 

Non è pura questione web. Se usate Maps su smartphone, Google tiene traccia di tutti i posti che avete visitato, correlata a date e orari. Il gigante di Mountain View ha un elenco di tutti gli accessi che avete effettuato ai suoi servizi – data, ora e numero IP. Grazie a questi dati deduce la vostra età, sesso e interessi. Questi dati vengono passati ai software che autorizzate in tal senso, magari distrattamente (qui un elenco) e, in forma statistica, agli inserzionisti di Google.

Insomma, il grande fratello orwelliano sotto molti punti di vista sembra vivo, vegeto e ben quotato in borsa, nonché simpatico ai più. La prossima volta che ci incrociamo su questo sito magari preparo due parole sui palliativi che sono stati immaginati a vantaggio di marchi e persone in grado di spendere per la propria immagine pubblica.

L'autore

  • Luca Accomazzi
    Luca Accomazzi (@misterakko) lavora con i personal Apple dal 1980. Autore di oltre venti libri, innumerevoli articoli di divulgazione, decine di siti web e due pacchetti software, Accomazzi vanta (in ordine sparso) una laurea in informatica, una moglie, una figlia, una società che sviluppa tecnologie per siti Internet

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