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L’Iran e il web che cambia il mondo

18 Giugno 2009

L’Iran e il web che cambia il mondo

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Venti minuti in podcast tra ritagli di carta e bit, in compagnia di un ospite. Oggi con Giuseppe Tempestini, alle prese con una ricerca su web sociale e paesi in via di sviluppo. Parliamo del ruolo della rete nella protesta in Iran, tra racconti, consigli tecnici e rilanci e un'audience connessa che può cambiare il mondo

Dopo le contestate elezioni presidenziali iraniane che hanno visto la vittoria del presidente uscente Mahmoud Ahmadinejad e l’accusa di brogli elettorali a lui rivolta dal candidato sconfitto Hossein Mousavi, numerose tragiche proteste si sono susseguite in Iran, sotto l’occhio un po’ cinico dell’opinione pubblica mondiale e dei media tradizionali. La Rete ha invece reagito con grande partecipazione, specie ai tentativi di blocco governativo di servizi di social networking come Twitter, Facebook o Friendfeed e in generale delle comunicazioni via internet. Ne parliamo con Giuseppe Tempestini, blogger che sta svolgendo una attività di ricerca sull’uso del web sociale nei paesi in via di sviluppo e sui cortocircuiti tra eventi dentro e fuori la rete. «C’è un flusso dei contenuti continuo e molto intenso che sta arrivando dagli utenti di tutto il mondo, contenuti multimediali ma anche commenti testuali e rilancio di link e risorse utili. C’è il racconto di chi testimonia quello che accade, e da tutto il mondo il tentativo di supportare concretamente la protesta: per esempio con consigli tecnici e indicazioni per superare le censure e confondere i controllori (dal rilancio dei proxy utili alla modifica manuale del luogo di residenza). Forse per la prima volta la comunità web mondiale si scopre appunto comunità vera, e muove in direzione dell’appoggio alla protesta, superando le barriere culturali, la diffidenza degli ultimi anni verso il mondo islamico, avendo le nuove tecnologie come piattaforma comune di comunicazione e relazione».

Riaggregazione dei contenuti

C’è il racconto, multimediale. L’azione di sostegno contro i blocchi e le censure. Emergenza che muove all’azione e contemporaneamente alla comunicazione. Uno dei problemi è la polverizzazione dei contenuti che richiede una riaggregazione dei contenuti, che rimettano in forma e in frame tutte le risorse, selezionando e validando le informazioni che sono utili (vedi il livetwetting the revolution di Andrew Sullivan): «Nell’incredibile flusso dei messaggi di queste ultime ore, ci si può perdere facilmente. Ci sono contenuti di tutti i tipi, postati da tantissime persone e con molteplici finalità (vedi per esempio il caso delle ciyberwar guide con consigli più o meno tecnici postati e rilanciati dalla blogosfera su come muoversi in maniera intelligente per dare una mano): c’è comunicazione, racconto, e insieme supporto a questa comunicazione e racconto di prima mano dall’Iran. La diffusione immediata e il rilancio delle informazioni è elemento fondamentale del fenomeno di queste ultime ore: che da una parte confonde i controllori e anzi rende impossibile il controllo delle informazioni in uscita, dall’altra apre la necessità a soggetti che selezionino spam e contenuti non verificati, filtrino la ridondanza, e mettano in ordine queste informazioni in maniera intellegibile. Per esempio aggregatori come Iran Twazzup permettono una visione di contesto delle notizie che girano: sia con contenuti validati e confermati provenienti dalle varie fonti, sia con reporting e testimonianze dirette da parte di utenti certificati dal territorio».

Una nuova opinione pubblica.

L’Iran è ai primissimi posti mondiali per numero di blog e per attività di comunicazione nel web sociale, e parte della protesta si è mossa in modo veloce e partecipato attraverso i nodi del web abitato, in collaborazione con iraniani all’estero e altri soggetti attivi e più o meno giornalistici in giro per il mondo. Una nuova opinione pubblica connessa capace di coordinarsi più o meno spontaneamente per sostenere una causa? Il primo vero caso compiuto di un movimento “rivoluzionario” che si muove insieme, a braccetto, sui territori digitali e reali? Che ruolo svolgono i media tradizionali – i nuovi media bastano a sé stessi? «Questo movimento di attività e di supporto online della protesta in Iran sicuramente attrae l’attenzione dei media tradizionali, contribuendo a tenere alta e desta l’attenzione dell’opinione pubblica classica su quello che sta avenendo in Iran. D’altro conto c’è anche una sorta di autoreferenzialità dei nuovi media, inteso non in senso negativo ma come capacità dei nuovi media di influenzare sempre più, e con la forza autonoma delle conversazioni attive che generano, l’agenda pubblica e politica dal basso. E’ la vera forza dei nuovi media, che si vede anche in altri casi provenienti da paesi in via di sviluppo (dal Pakistan all’Egitto, dal Kenia alla Colombia): un cortocircuito positivo tra eventi e partecipazione sul territorio e eventi e partecipazione sui social network. E’ una audience connessa che trova nel web sociale un luogo e un territorio di azione politica, libertà d’espressione e comunicazione talora inediti».

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L'autore

  • Antonio Sofi
    Antonio Sofi è autore televisivo e giornalista. Consulente politico e sociologo della comunicazione, ha un blog dal 2003 ed è esperto di social network e nuovi media.

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