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Linux sempre più protagonista dell’arena globale

21 Luglio 2003

Linux sempre più protagonista dell’arena globale

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In Afghanistan gran successo dei primi corsi per certificazione Linux, mentre in USA tutti prudenti sulla 'par condicio' tra open e closed source

Prosegue l’avanzare del pinguino a livello globale. Senza voler toccare per stavolta alcun ambito business e/o enterprise, è un fatto che l’open source (e, in misura minore, il software libero) viene ormai prescelto da uffici pubblici, enti governative e strutture internazionali. L’ultima notizia in tal senso arriva dall’Afghanistan, dove diversi impiegati civili si apprestano ad applicare in diversi ambiti il training ricevuto nei corsi di certificazione Linux. Il tutto grazie ad un progetto sponsorizzato dalle Nazioni Unite, tramite l’apposita agenzia UNDP (United Nations Development Program). Un successo di base da aggiungere alla lunga lista di proposte legislative, approvate o in discussione, per l’introduzione dell’open source nella PA. Un elenco parziale include Sud Australia, Portogallo, Spagna, Bulgaria, Ucraina, Estonia, Corea, Brasile, Perù e ovviamente Italia. Oltre a una manciata di stati USA — tra cui Texas, Oregon, Delaware, California — i cui legislatori spingono per l’adozione di Linux pur tra molte cautele.

Il tutto viene analizzato, sotto l’azzeccato titolo di “le politiche del software open source”, dall’attento Declan McCullagh in un recente articolo su CNet. Dove vengono illustrati sia il contesto generale sia le iniziative specifiche in atto, tentando di bilanciare le ragioni di entrambe le parti, il movimento open source e quello “closed source”. A dire il vero, quest’ultimo riceve maggiore attenzione, a partire dai rappresentanti della Initiative for Software Choice (ISC), entità opposta alle iniziative legislative pro-Linux, anche se i suoi animatori giurano sia tesa soltanto a garantire un terreno di neutralità per la scelta del miglior software a livello statale. Spiega Bob Kramer, executive director di ISC: “Finora siamo riusciti a bloccare ogni proposta di legge in USA, e ci piace pensare che potremo sconfiggerli tutti. Ma ne sono stati già approvati a livello provinciale in Brasile mentre in Spagna sono passati due decreti amministrativi”.

L’entità si dice infatti una delle poche associazioni commerciali con “concreti agganci internazionali” e dichiara proprio scopo quello di “consentire la molteplicità di sviluppi software, business model e licenze varie, basati sui meriti e senza regole statali che ne preferiscano uno rispetto a un altro”. Ribadendo in generale una posizione non di parte, abbracciata guarda caso dalla stessa Microsoft, uno dei membri fondatori e potente sponsor di ISC, pur declinando di rivelare l’ammontare delle somme versate. Altri attivi sostenitori dell’organizzazione includono Intel, Wind River (maggior azienda mondiale di applicazioni per sistemi embedded, molte basate su Linux) e numerosi rivenditori al minuto — i quali, nota l’ex-editorialista di Wired News, vivono delle percentuali sul software commerciale che riescono a piazzare nell’imprenditoria ma soprattutto in grosse strutture governative e statali.

Insomma, si legge più avanti, se tutto quello che Microsoft e ISC vogliono è la neutralità sugli acquisti, ciò è positivo, no? E i sostenitori di Linux non sono forse intenzionati ad andare testa-a-testa contro Windows? Non proprio. Ecco perciò che a questo punto vengono chiamati in causa la Sincere Choice, nata in diretta opposizione alla Initiative for Software Choice e il suo ideatore, Bruce Perens, noto programmatore di software libero. Il quale sostiene tra l’altro: “Il loro messaggio non è soltanto che le legislazioni di preferenza per l’open source siano qualcosa di sbagliato. Sostengono posizioni contro l’open source in generale.” In sostanza, però, anche Perens si fa prudente, facendo capire come ogni posizione rigida in un senso o nell’altro potrebbe presto rivelarsi un patatrac. Ciò per via del mercato statunitense sempre iper-fluido e per certa idiosincrasia pubblica su qualsiasi interferenza governativa nel settore informatico. Il tutto porta il buon McCullagh a una semplice conclusione: le agenzie statali dovrebbero poter fare in autonomia le proprie scelte, al pari di ciascun utente. Perché non far competere i prodotti open source e closed source nel libero mercato, e lasciar vincere il software che meglio è adatto alle specifiche circostanze?

Certo, sarebbe bello e proficuo per tutti. Peccato che ci si dimentica del potere, di mercato ma anche mediatico, da tempo acquisito dalle grandi software house, Microsoft in prima fila. A partire naturalmente dagli USA per estendersi al resto del mondo. Uno strapotere in cui pare difficile, se non utopistico, trovare spazio per un’improbabile ‘par condicio’. Ma da queste parti, si sa, il free market è il vangelo, e perfino esponenti ‘radicali’ stanno bene attenti a non urtare i sentimenti (e le tasche) dei più potenti — pena disastrosi effetti-boomerang per Linux & co. Per fortuna, altrove nel mondo scenari e strategie sono un po’ (o tanto) diverse, e gli esempi di cui sopra lo dimostrano. Oltre, appunto, all’interessante notizia in arrivo da Kabul. Dove l’agenzia delle UN definisce con toni assai felici il risultato raggiunto: “un grande miglioramento per i ministri e tutti gli altri dipartimenti istituzionali dell’Afghanistan nello stabilire il ritmo con cui la nazione potrà rientrare nel giro dell’economia globale”.

L’iniziativa dell’UNDP ha così aperto le porte all’alfabetizzazione informatica su larga scala, con corsi specifici su Information and Communication Technology e sulla certificazione Linux, settori in cui ovviamente l’Afghanistan manca di adeguata infrastruttura e forza-lavoro in loco. Secondo Gaurab Raj Upadhaya, istruttore per il programma, “i benefici di un simile training sono numerosi… potremo offrire nuovi servizi in ogni settore, anche a livello di reti avanzate”. Il programma è stato interamente finanziato dall’UNDP e implementato all’interno di un più vasto progetto sotto il titolo Capacity Building Projects per la ricostruzione dell’Afghanistan. A riprova che dove esiste un mercato emergente con bisogni variegati e flessibili, l’open source rimane una scelta positiva e redditizia — PA inclusa.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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