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Linux s’allarga tra le agenzie federali…

02 Febbraio 2004

Linux s’allarga tra le agenzie federali…

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...oltre che nel settore impiegatizio USA, mentre s'avvia alla chiusura UnitedLinux

Cresce il numero di agenzie federali USA che passano all’open source. Appena cinque anni fa, spiega una panoramica del Government Executive Magazine, il ricorso a software “off-the-shelf”, i pacchetti comunemente in vendita, era pratica comune e pressoché obbligatoria. Non soltanto per via della tipica notorietà, ma anche perché “il software commerciale era percepito come più affidabile e sicuro dell’open source, che poteva essere personalizzato praticamente da chiunque.” Ma il costante successo dei primi esperimenti, dal sistema operativo ad Apache, da Mozilla Firebird a MySQL, ha convinto parecchie strutture allo storico passaggio.

Tra questi spicca il National Weather Service, che ha gradatamente abbandonato il software proprietario proprio per la sua difficoltà (meglio sarebbe dire, impossibilità) a subire le personalizzazioni del caso. Al contempo la stabilità e la maturità raggiunta dal sistema, insieme al supporto continuo di distributori quali Red Hat e SuSE, ha convinto anche i dirigenti più titubanti. Così Barry West, responsabile del Weather Service: “Esisteva qualche rischio, perché poche agenzie ci avevano provato, ma quando mettemmo sul tavolo fatti e cifre il comitato direttivo ha deciso di procedere.”

Da allora il servizio meteorologico nazionale ha così potuto tagliare considerevolmente i costi generali, fino al 75 per cento in meno, soprattutto perché la struttura odierna richiede poca manutenzione – l’opposto del precedente sistema basato su piattaforma HP-Unix. Oltre ad offrire la tipica elasticità operativa, con Linux che funziona ottimamente con diversi tipi di hardware e ambienti. L’esempio `e stato seguito da altre agenzie governative, tra cui il Census Bureau, che ha sviluppato un sistema per informare i cittadini basato su una gamma di programmi open source (Apache Web Server, Linux, MySQL e Perl), e la National Security Agency, che ha messo a punto un sistema Linux super-sicuro per l’infrastruttura del Dipartimento della Difesa.

Buone nuove anche nell’ambito lavorativo legato al pinguino. Al rialzo l’offerta di impiego per tecnici Linux e salgono, di pari passo, i relativi salari mensili. Questa l’analisi tracciata da David Foote, presidente dell’agenzia di rilevazioni del Connecticut Foote Partners. “Credo la risalita per gli stipendi in ambito Linux sia iniziata un anno fa, e direi che nel complesso la tecnologia Linux si trovi oggi in una posizione molto più forte di 12 o 15 mesi fa,” ha chiarito Foote. L’opinione sembra basarsi su solidi dati appena rilevati: lo scorso anno lo stipendio medio per esperti di software e certificazione Linux è salito del 25 per cento, mentre il resto dell’industria high-tech è scivolato in basso, con un meno 7,6 per cento complessivo. E se un’azienda che cerca un network administrator o sviluppatore generico trova qualcuno capace anche in Linux, non esita a offrire immediati aumenti fino al 10 per cento.

La tendenza al rialzo per stipendi e posti di lavoro nel settore open source sembra destinata a continuare almeno per i “prossimi due anni”, se ne dichiara convinto lo stesso David Foote. E d’altronde ci sono altre fonti autorevoli a confermare un simile, promettente scenario. Secondo l’Information Technology Hiring Index and Skills Report, nel primo trimestre di quest’anno il 16 per cento dei dirigenti high-tech è alla specifica ricerca di amministratori Linux. Recentemente Forrester Research ha diffuso la propria lista dei maggiori trend tecnologici del 2004, e Linux era in cima alla classifica. Prevedendo tra l’altro che “entro fine 2004, quasi il 10 per cento delle prime 2.000 società globali saranno passate dai server Windows a quelli Linux per l’infrastruttura di base.”

Si chiude intanto una delle varie esperienze del pinguino, quella di UnitedLinux. Il consorzio, sulla carta ancora esistente, era composto da Conectiva (Brasile), Turbolinux (Giappone) e SuSE (Germania), oltre a SCO dell’era precedente la saga legale contro IBM e gli utenti Linux. L’iniziativa mirava in certo senso a creare un fronte anti-Red Hat e si prefissava scopi precisi: attirare nuovi partner sia in ambito hardware che software, creare uno standard Linux comune, pompare la ricerca e lo sviluppo. Una serie di obiettivi analoghi a quelli del più recente Open Source Development Labs (OSDL), che sembra invece riuscire laddove ha fallito UnitedLinux anche perché coalizione più neutrale e arricchita dalla presenza di Linus Torvalds. Non a caso le energie dell’ex general manager del consorzio, Paula Hunter, sono ora dirette a trovare alleanze e rilanci con l’OSDL sulla East Coast statunitense.

In generale, l’ambizioso sforzo collettivo si è arenato a causa di alcuni cruciali mutamenti nel mondo open source del 2003, in primis proprio il clamoroso voltafaccia di SCO. La quale, pur avendo abbandonato ogni attività in ambito Linux, si era rifiutata di abbandonare UnitedLinux. “Con loro ancora membri del consorzio, fu impossibile iniziare alcun progetto nuovo,” spiega Paola Hunter. Va poi aggiunta la recente acquisizione di SuSE da parte di Novell, con annessi 50 milioni di dollari come finanziamento supplementare ricevuto da IBM. Anche grazie a tale manovra, la sola SuSE va dimostrando di tenere validamente testa a Red Hat, e in tal senso il consorzio era divenuto una specie di distrazione generale. Anche il presidente di SuSE, Richard Seibt, ha confermato che l’azienda continuerà a collaborare variamente con gli altri due partner dell’ex UnitedLinux.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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