Nel 2009 Linux dominerà il mercato server. A farne le spese saranno le versioni proprietarie di Unix firmate Hewlett-Packard, Sun e IBM. Questa la previsione offerta dall’ultimo rapporto del Butler Group, il quale esamina il futuro di 11 sistemi operativi alla luce di criteri sia tecnici sia commerciali. Secondo l’indagine, grazie all’impiego del sistema open source i manager dell’info-tech avranno a disposizione una libertà sempre maggiore nel mettere a punto applicativi per ogni specifica necessità aziendale. Elemento questo essenziale, appunto, per la penetrazione di Linux nel mondo business dei prossimi anni. Un trend confermato, per rinfrescare la memoria, dal fatto che grossi nomi dell’industria statunitense si apprestano a passare a Linux, inclusi Boeing e General Motors, mentre l’anno fiscale chiusosi lo scorso 30 giugno aveva riportato un più 18% per i server Linux contro un più 3% per le macchine basate su Windows.
In attesa di raggiungere un simile traguardo, o quantomeno di avvicinarvisi, il pinguino cresce a vista d’occhio in casa IBM. La quale ha confermato la grande fiducia in Linux scegliendolo come sistema operativo per il lancio della nuova serie di supercomputer denominata “Blue Gene”. Si tratta di un programma che richiede un investimento pari ad almeno 100 milioni di dollari, mirato a creare da qui a 3-4 anni delle macchine in grado di un operare un quadriliardo di calcoli al secondo. Il primo di tali sistemi, composto da 65.000 processori e 16 triliardi di byte di memoria, entrerà in azione al Lawrence Livermore National Laboratory per simulazioni sugli effetti delle armi nucleari. “Per la serie Blue Gene potevamo scegliere tra un apposito sistema tutto da costruire e Linux,” ha spiegato Bill Pulleyblank, direttore dell’Exploratory Server Systems presso IBM Research. “Abbiamo optato per quest’ultimo poichè è aperto e perché riteniamo possa essere esteso onde soddisfare le prestazioni richieste a Blue Gene. Vogliamo inoltre sfruttare il vantaggio nell’uso di un sistema operativo sostenuto dalla comunità open source, in modo da stimolarne l’apporto e il feedback.” Pur se il progetto richiederà comunque parecchio lavoro, il gruppo di ricerca dell’IBM sta già operando con un cluster Linux per simulare le operazioni del nuovo supercomputer.
Saltando all’ambito consumer, prosegue la carica di LindowsOS. Ovvero, il sistema che si va affermando come la distribuzione Linux a buon mercato più appropriata per gli utenti alle prime armi. Ciò grazie anche all’importante accordo raggiunto con Walmart.com, il sito della mega-catena di supermercati, dove vengono offerti PC con Lindows preinstallato alla modica cifra di 200 dollari. Un successo che riceverà ulteriore slancio con la nuova versione, la LindowsOS 3.0 Membership Edition, prevista sul mercato USA per metà novembre. La release è specificamente intesa per quanti si avvicinano per la prima volta ad un computer, composta da due CD e annesso manuale a colori. Importante novità di LindowsOS 3.0 è la presenza di Click-N-Run Express, funzione che permette un’installazione-lampo per gran parte dei programmi inclusi nel pacchetto. Il tutto per un prezzo al pubblico di 129 dollari (più spese di spedizione), con uno sconto di dieci dollari a chi opterà per il download diretto dal sito Lindows.com.
Per quanto invece concerne la prossima versione del kernel Linux, dovrebbe vedere la luce nel giugno del prossimo anno. La notizia giunge in questi giorni dallo stesso Linus Torvalds, nel corso di un recente intervento tenuto a bordo della “Geek Cruise” nei Caraibi: “Siamo prossimi al completamento delle nuovi funzioni della 2.6… l’effettiva release è prevista per il secondo semestre del 2003.” Dopo che le tipiche difficoltà dello sviluppo open source avevano ritardato di parecchi mesi l’arrivo della 2.4, Torvalds e gli altri programmatori più coinvolti hanno adottato un approccio assai più strutturato onde riversare le funzioni riservate alla fase di sviluppo incluse della 2.5 nella versione successiva destinata al mondo intero. In pratica, a giorni si chiuderà il periodo di test per l’introduzione di opzioni aggiuntive, mentre all’inizio del nuovo anno è stato fissato il termine ultimo per la messa a punto del codice relativo a tali opzioni.
Altro segnale della maturità raggiunta dal processo di sviluppo è stata la decisione di passare, lo scorso febbraio, da un modello a ruota libera ad un software più formale (BitKeeper) per la gestione dell’enorme mole dei sorgenti generati dai numerosi collaboratori. Grazie a BitKeeper, Torvalds e gli altri “top programmer” appaiono maggiormente in grado di seguire le fila del lavoro sparso in giro. Ma soprattutto, ha aggiunto il programmatore finnico trapiantato a Silicon Valley, “ciascun sviluppatore ha a disposizione un proprio magazzino, identico a quello degli altri.” Ennesima riprova della struttura egalitaria dell’intero processo. Anche se la scelta ha fatto rizzare i capelli di Richard Stallman ed altri sostenitori del software libero: BitKeeper rientra infatti nella categoria del software proprietario. Da parte sua Torvalds ha ribattuto che, pur preferendo un equivalente open source, questo purtroppo ancora non esiste. “Spero che qualcuno nella comunità open source possa vedere la luce e la smetta di spingere per l’utilizzo di CVS (il software gestionale Concurrent Versions System) per cercare invece di realizzare qualcosa di analogo a BitKeeper,” ha spiegato l’ideatore di Linux — meglio, GNU/Linux.