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Linux Expo North America

17 Aprile 2000

Linux Expo North America

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Pur con qualche dubbio su mercato e borsa USA, la Linux Expo North America conferma il successo internazionale dell'open source

Ancor più e prima che negli USA, Linux va forte a livello globale. Questo il dato centrale ricavabile dalle prime impressioni a seguito della Linux Expo North America, svoltasi dal 10 al 12 aprile presso il Palais des Congres di Montreal, Canada. Nonostante il freddo polare e venti centimetri di neve, questa prima edizione dell’evento ha visto la presenza di un centinaio di vendor, con una partecipazione di pubblico calcolata in circa 7.000 persone. Al di là del riferimento geografico del titolo, gli organizzatori hanno dichiarato che addirittura il 90 per cento degli esibitori proveniva da paesi al di fuori dell’area nord americana, mentre tra i visitatori si parlavano parecchie lingue diverse. Una trans-nazionalità confermata per l’occasione dalle cifre riportate nel sondaggio del Linux Counter Project, indagine relativa agli utenti Linux registrati rispetto al totale della popolazione dei singoli stati. Ai primi posti troviamo paesi europei quali Olanda, Germania e Svezia con il Canada quindicesimo e soltanto diciannovesimi gli USA, dove pure risiedono le maggiori aziende Linux. A riprova di una globalità che rappresenta uno dei punti di forza dell’intero movimento open source. Senza dimenticare il prossimo appuntamento internazionale fissato per il 20-21 giugno a Sao Paulo per Linux Expo Brazil.

All’evento di Montreal il nutrito battaglione dei linuxiani canadesi era doverosamente guidato da Corel, la società con base a Ottawa da tempo in prima fila nell’implementazione del sistema open source. Non a caso la relazione introduttiva dell’evento è stata affidata al suo factotum, Michael Cowpland, il quale non ha mancato di sorprendere i presenti con rosee aspettative per il futuro di Corel: “entro fine anno prevediamo di avere sul mercato oltre 18 applicazioni desktop per Linux.” Aggiungendo inoltre che la fusione Inprise/Corel ha ottenuto il placet dell’antitrust ed entro 90 giorni si appresta a ricevere semaforo verde anche da entrambi i direttivi. Commentando poi sulla sentenza anti-Microsoft della scorsa settimana, Cowpland ha aggiunto che questa riveste quantomeno un importante valore simbolico, e potrebbe rivelarsi l’inizio della fine per l’impero di Gates, visti anche i frenetici ritmi di cambiamento dell’industria del software negli Stati Uniti. Rincarando la dose, Robert Young, CEO di Red Hat, ha sostenuto che, incarnando una storia di successo dal taglio fin troppo americano, nel resto del mondo Microsoft risulta un’entità sostanzialmente “straniera” e conquistatrice, lasciando così spazio all’avanzare di alternative locali in pieno stile Linux. “E il fatto che quest’ultimo – ha concluso Young – abbia tratto origine al di fuori degli USA è un punto a proprio favore.”

Secondo alcune fonti, l’aria internazionale della Linux Expo North America era altresì imputabile alla scarsa rilevanza all’evento riservata dalla scena statunitense. Al di là di una presenza in qualche modo “obbligatoria”, i grossi nomi non hanno annunciato alcuna novità di rilievo e qualcun altro, come Linuxcare, ha preferito rinunciare. Motivo? Sembra che un po’ tutti stiano preparandosi alla grande kermesse del Linux Business Expo, previsto per la prossima settimana in concomitanza con il sempre pimpante COMDEX in quel di Chicago. E pur nella buona quantità di pubblico, coloro che si aggiravano tra gli stand erano più studenti e fan che gli attesi business people che movimentano i trade show. Last but not least, va pesando un netto ridimensionamento dei titoli azionari delle aziende Linux. Pur nel tipico altalenarsi che caratterizza il mercato borsistico high-tech di Wall Street, vedi le picchiate dei giorni scorsi subito recuperate il mattino successivo, è vero che nelle scorse settimane le azioni di Red Hat, VA Linux, Cobalt e Corel hanno subito chiari deprezzamenti.

La stessa Corel, ad esempio, due mesi dopo aver occupato le prime pagine dei giornali con la notizia della trasformazione in “Linux Powerhouse” a seguito della fusione con Inprise, ha visto quasi dimezzare i propri titoli, da 19,31 a 10 dollari. Medesimo scenario per VA Linux, passata dai 128 dollari di febbraio agli attuali 56,38. E ciò dopo aver speso quasi un miliardo di dollari per inglobare le proprietà del gruppo Andover.net, con a capo il noto Slashdot.org, un’acquisizione che aveva suscitato qualche perplessità per possibili monopolizzazioni del movimento. Ma se il trend può essere imputabile ai normali assestamenti del mercato, alcuni analisti ritengono che l’ambito open source difetti ancora di un modello di imprenditoria commerciale valido per imporsi davvero nel panorama high-tech, in primis negli USA. Come spiega un esperto del Gartner Group: “Linux sta diventando la cura de facto cure per dare slancio o alla debolezza del business model o alla sua totale mancanza.”

Tutto ciò ha dato adito a commenti piuttosto tiepidi intorno alla manifestazione di Montreal, giunti anche dall’interno del pianeta open source. Lo si evince tra l’altro in alcuni reportage apparsi in Linux Today, incluso un articolo dall’ironico titolo di “Linux Expo: freddo ideale per un pinguino vero”. In generale, però, anziché preoccuparsi più di tanto, l’attivismo (e il business) open source continua giustamente a muoversi in maniera trasversale e internazionale. Non a caso nel parterre della Linux Expo North America Red Hat ha spiegato come la penetrazione dei propri prodotti nel mondo extra-USA tira così forte che all’interno dell’azienda non si distingue più tra “mercato domestico e straniero”. Il successo dell’open source, se e quando di successo si tratterà, viene dunque giocato tutto nell’arena della globalità senza frontiere. Come d’altronde è accaduto finora, con l’ampio seguito conquistato nel mondo intero.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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