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LinkedIn: io ci sono, e tu?

31 Agosto 2005

LinkedIn: io ci sono, e tu?

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La propria rete di relazioni: come crearla e coltivarla per farla crescere e renderla produttiva. Uno strumento Internet che mette in collegamento con contatti interessanti per il lavoro, gli interessi, le amicizie.

Linkedin.com è un sito basato sulla nuova scienza delle Reti. Ci si iscrive gratuitamente, e si invitano colleghi, amici, fornitori, clienti, a far parte della propria rete di contatti.

Fin qui niente di strano. Fin dai suoi primi sviluppi Internet ha messo in contatto le persone, e sono sorte iniziative di vario genere per creare gruppi virtuali.

Linkedin però non si limita a mettere in contatto le persone. Analizza i contatti e traccia percorsi con cui si possono raggiungere persone apparentemente lontane. Offre strumenti di ricerca e di contatto potenti e semplici. Ci aiuta a crearci una buona rete di contatti, a svilupparla, a usarla.

Vediamo come funziona

Possiamo iscriverci di nostra iniziativa, o rispondere all’invito di qualcuno. Ogni volta che ci colleghiamo, si apre una home page personalizzata.

Partendo dall’alto, il link “account” permette di cambiare la propria iscrizione gratuita con contratti a pagamento che offrono servizi particolari. Con il link “settings” scegliamo il modo con cui vogliamo cercare ed essere cercati. Il bottone “add connections” serve ad invitare nuove persone e ad attivare i relativi contatti.

La barra di navigazione con i pulsanti blu permette di cercare persone (“find people”), opportunità di lavoro (“find jobs”), fornitori e consulenti (“find services”), di controllare la propria presentazione (“my profile”) e i propri contatti (“my contacts”).

Ricerche più o meno raffinate e mirate si fanno con un motore di ricerca interno al data base (il banner “search”).

Il bottone “Upgrade now” ha la stessa funzione di “account”: modificare la propria affiliazione.

Il box a sinistra (“in box”) è un’evidenza, con novità varie. Il box a destra (“my connections”) mostra la situazione attuale dei contatti (nuovi contatti accettati, suggerimenti per altri contatti).

Dopo essermi iscritto, devo preparare la mia presentazione, andando alla pagina “my profile”. Questo sarà il modo con cui mi renderò visibile nella rete linkedin. Sono libero di scriverci quello che voglio, ma posso anche riempire un modulo predisposto. Cliccando su “edit” posso cambiare in qualunque momento i contenuti della presentazione.

Quindi dobbiamo costruire la nostra rete di contatti. Possiamo farlo da qualsiasi pagina con il pulsante “add connections” in alto a destra. La costruzione della propria rete è l’operazione più delicata e intelligente da fare. Vogliamo una rete con molti o pochi contatti? Puntiamo alla quantità o alla qualità? I contatti saranno monotematici (solo clienti, per esempio) o vogliamo costruire una rete più varia (lavoro/hobbies)?

Io ho cominciato rispondendo all’invito di qualche collega ben conosciuto, e ho continuato molto lentamente con una rete molto selezionata, con contatti di tipo diverso (clienti, fornitori, dirigenti, professionisti, amici). Ho preparato un elenco di contatti che sto invitando a poco a poco, perché la Rete è un organismo vivente, che nasce e cresce come una pianta, e che va coltivata, innaffiata, potata per farla crescere bene.

Poiché sono io che organizzo la mia presenza su linkedin, da essa deriva il tipo di rete che le costruisco intorno. Più la rete è specifica e personalizzata sulle mie attività, i miei interessi, le mie relazioni, più linkedin è in grado di rispondere a tono alle mie richieste, o di mettermi in contatto con le persone giuste, o di creare contatti nuovi e imprevisti.

Consiglio di cominciare con pochi contatti per capire come funzionano, e man mano aggiungerne altri, in base agli inviti accettati e a quelli che abbiamo ricevuto.

Una volta creata la prima nostra piccola rete, possiamo cominciare a fare le ricerche, con le pagine “find people”, “find jobs”, “find services”. Possiamo cercare per nome e cognome (Aldo Rossi), nome della società o organizzazione (università di xy), titolo (professore), parole chiave (linguistica comparata). Se cerchiamo un lavoro o un cliente, possiamo specificare il campo (elettrotecnica), la zona (Lombardia), parole chiave (avvolgimenti elettrici). Se cerchiamo un servizio, si apre un menu con i vari settori (legale, fiscale, amministrativo, ecc.), e ci chiede se lo vogliamo vicino a noi o dovunque.

Possiamo valutare i risultati delle ricerche in base alla relazione, alle referenze e alla reputazione.

La relazione mi dice a che distanza si trova il contatto trovato. Linkedin prende in considerazione fino al terzo livello di relazione, perché ritiene che una relazione di quarto livello o più sia troppo debole. Tuttavia basti pensare che io, che per ora ho attivato solo 15 contatti diretti, ho già oltre 2.200 contatti di livello 2 e ben 247.000 contatti di livello 3! Una relazione di livello 1 è un mio contatto diretto. Di livello 2 è il contatto di un mio contatto. Per esempio ho scoperto che nella mia rete di contatti di primo livello ho cinque contatti che hanno come contatto di primo livello dirigenti e quadri di una grossa società informatica in cui credevo di non conoscere nessuno. Se avessi qualche proposta interessante da far loro, non avrei difficoltà a raggiungere le persone giuste.

Le referenze sono pareri di miei contatti di primo o secondo livello sulla persona che mi interessa. La reputazione deriva dagli endorsement(sostegno, approvazione) che datori di lavoro, colleghi, clienti, maestri, hanno dato a quella persona. Quindi anche noi dovremmo procurarci qualche endorsement, chiedendolo o scambiandocelo con nostri autorevoli contatti.

Questo è tutto. Anche se, per ottenere i risultati migliori dalla propria rete, occorre praticare meglio il sito con le sue varie e a volte poco evidenti possibilità.

Un po’ di teoria

Dopo aver compiuto i primi passi per usare Linkedin, vediamo qualche cenno alla teoria che c’è sotto.

Linkedin è un data base relazionale, una grande Rete virtuale di cui i record (i contenuti) sono i nodi e le relazioni fra loro sono i link. La macrorete è formata da più di tre milioni di nodi, all’interno dei quali si strutturano le microreti personali di ognuno dei singoli nodi. In altre parole, io potrei accedere a chiunque dei tre milioni di nodi, ma di fatto (e per fortuna) Linkedin mi mostrerà solo i miei nodi con legami al massimo di terzo livello, escludendo gli altri. È un po’ come le pagine gialle telefoniche, dove in teoria potrei telefonare a tutti gli abbonati, in pratica se ho bisogno di un autolavaggio cercherò solo in quella categoria, e solo quelli più vicini.

I contatti di secondo e terzo livello attivano relazioni basate su reputazione e fiducia, perché per contattarne uno ho bisogno di un sostegno da parte del contatto di primo livello che fa da legame tra me e il mio obiettivo. Naturalmente restituirò il favore appena mi verrà richiesto. Per questa ragione bisogna scegliere con cura i propri contatti di primo livello, per essere sicuri che siano veramente disposti a sostenerci di fronte ai loro contatti.

Linkedin è una Rete. Per capirne il comportamento, e dunque per usarla al meglio, è utile capire come funziona una rete in genere, e una rete virtuale in particolare.

Finora non si sapeva bene come le reti virtuali nascessero, crescessero e declinassero, data la spontaneità e l’anarchia del fenomeno Internet.

Lo studio delle reti inizia con Eulero nella prima metà del Settecento, si sviluppa con i metodi della topologia e riceve un impulso straordinario verso la metà del XX secolo con gli studi di Paul Erdos e Alfréd Rényi. Nella ricerca attuale le reti non sono più oggetti statici, ma possono trasformarsi, crescere, disgregarsi, evolversi: l’analisi della loro dinamica è un settore di ricerca in rapido sviluppo.

La nuova scienza delle reti sta facendo luce sul comportamento di reti reali e virtuali. È un campo di ricerca nato da meno di un decennio, grazie al lavoro di Barabàsi, Watts, Buchanan e altri.

Che cos’è una Rete?

Una rete è un insieme di nodi interconnessi che possiedono uno o più legami (link) con cui si mettono in contatto l’uno con l’altro.

Tutto è rete. Da Internet al Dna, dalle epidemie ai mercati finanziari, tutto può essere interpretato come nodi interconnessi.

Tutte le reti che si incontrano in natura e nella società si assomigliano molto sul piano strutturale.

Vi si trovano molti nodi con poche connessioni e pochi nodi con tante connessioni, secondo il rapporto 80/20 di Vilfredo Pareto (il 20% dei soggetti possiede l’80% delle risorse di un sistema). Questi supernodi si chiamano hub. Letteralmente l’hub è il mozzo della ruota, da cui partono i raggi, e quindi è un centro, un elemento aggregante. Una rete è ben collegata se almeno uno dei suoi nodi è collegato con un hub.

Le reti “crescono” nel tempo. Chi ha molte connessioni spesso è privilegiato nell’acquisirne di nuove. Nel mondo delle reti i ricchi diventano più ricchi, i poveri più poveri. I ricchi però sono anche più esposti al rischio. La perdita di un nodo è irrilevante per una rete, la perdita di un hub può essere devastante.

Da qualche tempo, gli scienziati hanno imparato a disegnare il tracciato delle nostre interconnessioni. Le loro mappe gettano una luce nuova sull’ordito del nostro universo, offrendo sfide e sorprese fino a pochi anni fa inimmaginabili. Mappe della rete Internet hanno svelato agli hacker la vulnerabilità del sistema; mappe dei rapporti finanziari e proprietari di diverse società hanno disegnato il profilo del potere e del denaro nella Silicon Valley; mappe delle interazioni fra le specie negli ecosistemi hanno aperto degli spiragli sull’impatto distruttivo dell’uomo sull’ambiente; mappe dei geni che lavorano insieme in una cellula hanno permesso nuove scoperte sui meccanismi del cancro. Ma la vera sorpresa è arrivata quando queste mappe sono state accostate l’una all’altra. Si è visto che, proprio come gli esseri umani che condividono scheletri pressoché indistinguibili, le diverse mappe seguono un’impronta comune.

Barabàsi lavora sul modello delle reti cosiddette a invarianza di scala, fondato sulle leggi di potenza. In questo modello, i nodi non sono tutti uguali e i link non si distribuiscono in modo uniforme, in primo luogo perché i nodi più “vecchi” godono del vantaggio di avere avuto più tempo per acquisire link, poi perché nelle reti i collegamenti non avvengono a caso ma tendono a concentrarsi su alcuni nodi che assumono la funzione di connettorio hub (in Internet, portali e siti molto popolari e frequentati, nella nostra rete personale, contatti importanti con numerose e buone relazioni di primo livello).

Alcuni nodi però, anche se compaiono più tardi di altri, si aggiudicano rapidamente la maggior parte dei link (es. Google); altri invece non se ne aggiudicano nessuno, non riescono a trasformarsi in hub.

I nodi non sono tutti uguali. Ogni nodo ha una certa fitness, che indica l’abilità competitiva. La fitness non elimina crescita e collegamento preferenziale, ma modifica il criterio in base al quale qualcosa viene considerato “attraente” in un ambiente competitivo. L’anzianità passa in secondo piano: sono i nodi con fitness più alta a passare subito in testa. Google non è il motore di ricerca più anziano, ma quello che ha sviluppato più fitness.

I nodi sono in competizione perché i link rappresentano la principale fonte di sopravvivenza in un mondo interconnesso.

Secondo la nuova scienza delle reti, nelle reti sociali gli hub sono i pochi individui altamente connessi che tengono insieme tutti gli altri individui. Anche nel marketing opinion leader, power user o influencer sono coloro che, con i loro abbondanti contatti sociali, sono i primi a notare e sfruttare l’esperienza degli innovatori. La resistenza ai prodotti degli hub può frenare la diffusione dell’innovazione. Per descrivere il declino di alcune tendenze e la diffusione di altre gli epidemiologi e i sociologi hanno sviluppato un modello a soglia: ogni innovazione ha un preciso tasso di diffusione, che esprime la sua probabilità di successo. Ovviamente ciò non basta per prevedere il destino di un nuovo prodotto: occorre anche calcolare la sua soglia critica, che è una grandezza determinata dalle proprietà della rete in cui l’innovazione si diffonde. La soglia critica è un concetto importante per chiarire le dinamiche di diffusione di mode e virus, ed è parte integrante della teoria della diffusione.

Il valore politico del concetto di hub ci dice che non è possibile predeterminare chi va ad occupare la posizione di nodo privilegiato: hub non sono solo i governi, le grandi imprese, i grandi media, i partiti tradizionali, ma anche il circuito dei blogger, le reti di controinformazione, le comunità virtuali, le reti civiche, ecc. Inoltre un hub è tale in relazione alla rete di cui fa parte. Un nodo con mille contatti di fronte a Google è irrilevante, ma nella mia rete è un hub piuttosto potente.

Anche se creata dall’uomo, Internet non è una rete centralizzata, somiglia più a un ecosistema.

Non è un prodotto della creazione umana: come rete fatta di una miriade di invenzioni, decisioni, pratiche e comportamenti individuali e collettivi, che non rispecchiano nessun tipo di “progetto” centralizzato, essa è divenuta sempre più simile a un organismo biologico o a un ecosistema, per cui risponde a leggi analoghe a quelle che governano i sistemi complessi di origine naturale.

Una mappa del Web ci mostra hub più o meno grandi come concentrati di relazioni.

Una tela senza il ragno

Le società del XX secolo erano organizzate secondo una struttura ad albero, che si addiceva perfettamente alla produzione di massa. Oggi invece idee e informazione acquistano più valore, ed è evidente il passaggio da un’organizzazione ad albero ad una reticolare o a ragnatela.

In una network economy non si può più ragionare secondo un modello gerarchico, perché ogni nodo può essere redditizio. Il suo valore non dipende dalla posizione, ma dai link.

Non c’è un progetto dietro le reti, ma autorganizzazione. Perfino Al Qaeda ha assunto la forma di una ragnatela autorganizzata senza ragno: non è una rete centralizzata, e non ha neanche una struttura ad albero. È una rete tenuta insieme da una gerarchia di hub. In conclusione, le reti complesse sono i processi che fanno pulsare il mondo, sono lo scheletro della complessità.

In tanta anarchia, come si collega un nodo con un altro?

Secondo la teoria di Milgram, ogni essere umano è separato da ogni altro essere da soli sei gradi di separazione. Ognuno di noi può farne la prova, per vedere con quanti contatti riesce a raggiungere Berlusconi o Brad Pitt. Io per esempio potrei raggiungere ambedue con tre passaggi (non dico quali; è vero, anche se incredibile).

Ciò non significa che sia facile per me contattarli. Ci posso riuscire solo se ho da proporre qualcosa di molto interessante per loro, in modo da attivare tutti i contatti, perché su di loro puntano moltissime altre persone, con le stesse mie possibilità di raggiungerli.

In tal senso la mia rete deve collegarsi con uno o più hub, i miei primi contatti devono avere un’ottima opinione di me, devo fare in modo che molti puntino verso di me. E questa, per una persona, un prodotto o una pagina Web, tutti e tre nodi di reti, è la cosa più difficile.

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