Se tutto ciò che è disponibile ai nostri sensi richiedesse sistematicamente la nostra attenzione, non arriveremmo alla fine della giornata e non saremmo più in grado di fare nulla. Ecco il motivo per cui il nostro fuoco dell’attenzione è unico: esso, cioè, non può prestare attenzione a più di un elemento alla volta, volontariamente o involontariamente che sia. È una difesa che permette di concentrarci su un compito specifico alla volta. In un contesto di sovraccarico informativo, di stress o di fatica il nostro fuoco dell’attenzione diviene ancora meno capace. Lo spiega molto bene Jef Raskin nel suo libro Interfacce a misura d’uomo. All’aumentare dello stress, ci concentriamo sempre più su un numero sempre minore di aspetti dell’ambiente che ci circonda, facendo sempre meno attenzione agli altri. Così, più un’operazione è critica, meno ci accorgeremo degli avvertimenti che ci mettono in guardia da azioni potenzialmente pericolose.
Bombardamento informativo
L’attendere in stazione o in aeroporto, nella complessità e nel sovraffollamento tipico di questi luoghi, con l’ansia del tempo o dei ritardi, è uno di questi casi. Siamo concentrati su ciò che riguarda il nostro viaggio, tutto il resto non ci interessa. Un bombardamento informativo è quindi a maggior ragione inutile se non dannoso: dire tutto equivale a non dire nulla. L’usabilità e l’architettura dell’informazione (non solo nel web) sono in fondo proprio questo, fornire l’informazione giusta al momento giusto e nel modo giusto. Un’interfaccia a misura d’uomo – ci ricorda ancora Raskin – dovrebbe anzitutto essere rispettosa delle peculiarità e fragilità dell’essere umano. E anche un messaggio vocale è un’interfaccia. Eppure molte stazioni sembrano contravvenire a questo semplice principio, annunciando di tutto e di più (parliamo di annunci tramite altoparlanti).
In particolare, nella nostra esperienza di viaggiatori su rotaia, il record spetta alla stazione di Bologna. Qui Trenitalia sembra in preda a una sorta di horror vacui informativo per effetto del quale il viaggiatore è letteralmente e ininterrottamente bombardato di messaggi. A questo sovraccarico informativo di tipo quantitativo si aggiunge un sovraccarico qualitativo: una ridondanza informativa che alla fine ci porta a non udire più nulla. Ogni annuncio su arrivi, partenze, ritardi, cambi di binario, infatti, è chiosato da una serie di avvertimenti del tutto inutili (quando non lesivi dell’intelligenza delle persone): come «Attenzione! Allontanarsi dalla linea gialla» o «Si rammenta che è vietato aprire le porte esterne del treno e salire o scendere quando il treno non è completamento fermo». L’informazione si fa così puro rumore, un rumore di fondo che non solo perde ogni utilità, ma che diviene fastidioso fino all’irritazione e persino offensivo (chiunque sa comprendere il senso di una linea gialla vicino a un binario, o quale sia il lato da cui scendere). Ma Trenitalia non perde occasione per ricordarcelo.
Parole-amanti
Come risolvere allora il problema di informare i viaggiatori su variazioni, ritardi eccetera senza infastidirli? Allo stesso modo in cui si fa in tanti altri settori, compreso quello dei trasporti urbani: via sms, telefono o email (ormai tutti hanno un cellulare con sé; chi non lo avesse può sempre usufruire dei monitor in stazione). Quando acquisto un biglietto potrei decidere se e come ricevere comunicazioni riguardanti il mio treno. In alternativa, il biglietto stesso potrebbe riportare un codice (numerico, QR code e simili) che letto o inviato per sms mi terrà aggiornato sul mio percorso. In questo modo ricevo informazioni solo se lo desidero, nel modo che preferisco e, soprattutto, solo quelle che mi servono. In attesa, in un prossimo futuro, di interfacce ancora più intelligenti in cui l’interazione uomo-informazione sarà ancora più im-mediata.
All’interno del treno gli annunci sono forse un po’ più parchi, ma la situazione non migliora di molto. Soprattutto, continua a essere elusa quell’idea di usabilità come cortesia e rispetto (dell’intelligenza) della persona. In questo senso, Luisa Carrada ci ricorda che l’accoppiata parola-aggettivo è un’arma a doppio taglio, da usare con cautela – altrimenti meglio non metterli gli aggettivi. L’aggettivo deve essere l’amante del sostantivo, non la moglie legittima: l’aggettivo aggiunge potere comunicativo solo se porta novità; quando fa coppia fissa col sostantivo, non aggiunge nulla e nuovamente diventa puro rumore; ne sono esempi emblematici azienda leader, migliori marche, formula innovativa…). E il fantomatico gentile clientela che Trenitalia non si lascia mai sfuggire. Qui il delitto è triplice: l’accoppiata logora aggettivo-sostantivo; la posposizione del sostantivo all’aggettivo; l’uso dell’astratto “clientela” per il concreto “clienti”. E poi, perché mai la clientela dovrebbe essere gentile? E l’attenzione cortese?
Meno parole, più efficacia
Ecco come si potrebbe migliorare con poco la comunicazione, e dire con meno molto di più. Questo è il messaggio originale:
Signori e signori buongiorno!
Trenitalia vi dà il benvenuto a bordo del treno … n. … e diretto a …
Le fermate intermedie sono …
Si informa la gentile clientela che a bordo dei treni non è consentito fumare.
Parlare ad alta voce o tenere alto il tono della suoneria del cellulare può recare disturbo agli altri viaggiatori. Si raccomanda pertanto la gentile clientela di moderare il tono della voce e abbassare o eliminare la suoneria del cellulare.
Trenitalia vi augura buon viaggio e vi ringrazia per la cortese attenzione.
Questa la nostra rivisitazione:
Buongiorno, benvenuti a bordo del treno … n. … e diretto a …
Le fermate intermedie sono …
Vi ricordiamo di abbassare o eliminare la suoneria del cellulare e che in treno è vietato fumare.
Buon viaggio.
90 parole contro 37 (30 se eliminiamo anche il vietato fumare). Less is more.