La prima considerazione di fronte all’acquisto della messaggistica di Whatsapp da parte di Facebook per 19 miliardi di dollari è che la notizia ha interrotto il flusso incessante dei tweet sul Festival. Deve essere importante.
La seconda corrisponde al pensiero più veloce, che per esempio ha avuto Paolo Attivissimo sul Disinformatico: Facebook compra Whatsapp. O meglio, compra 450 milioni di rubriche di telefonini. Non sono mancate le ironie da social media:
Se vedo ancora una volta la battuta "l'ha pagato 19 miliardi quando sull'App store poteva averlo per 89cent" vi mando i ninja a casa.
— Terra2 (@Terra2itter) February 20, 2014
La cifra ingente – aveva fatto rumore analogo, per un diciannovesimo della spesa, l’acquisizione di Instagram – può essere letta con maggiore profitto come il costo della mancanza di un proprio sistema operativo nel grande confronto globale tra i grandi della tecnologia. Facebook, a differenza di Apple, Google e Microsoft, è privo di una propria piattaforma mobile e deve garantirsi canali di traffico e servizio molto efficienti, o rischia di subire le decisioni di chi governa gli strati inferiori della connessione, cioè sistema operativo e hardware.
La fame di rubriche di telefonini certamente gioca un ruolo, non primario però. Altrimenti la strategia di acquisto sarebbe stata un’altra, visto che Whatsapp si è distinta da subito per un modello di business basato sulla vendita della app a un prezzo modesto, senza pubblicità e senza compromessi.
Jan [Koum, cofondatore di Whatsapp] tiene sul tavolo un biglietto di Brian [Acton, altro cofondatore] “Niente pubblicità! Niente giochi! Niente trucchetti!” Serve come promemoria quotidiano per restare concentrati sulla realizzazione di una esperienza di messaggistica che resti limpida.
La citazione arriva da un pezzo di Jim Goetz sul Tumblr della casa di investimenti Sequoia Capital, dove si spiega che certamente contano i 450 milioni di iscritti a Whatsapp. Per Facebook tuttavia contano anche i 32 ingegneri capaci di supportare ciascuno 14 milioni di utenze attive quotidianamente su sette piattaforme diverse, per cinquanta miliardi di messaggi al giorno, con affidabilità del servizio al 99,9 percento.
Whatsapp chiede il numero di cellulare, è vero; nient’altro, però. E i messaggi che transitano sulla sua piattaforma vengono cancellati. L’acquisto da parte di Facebook può certo essere letto come un attacco alla privacy. Anche come l’acquisizione di un’arma tecnologica formidabile per mantenersi concorrenziale. Tant’è vero che il servizio continuerà a funzionare in modo indipendente da Facebook invece che essere assorbito e metabolizzato come accade a una più consueta acquisizione di puro talento tecnologico.