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Libertà di software, copyright e altre storie

20 Gennaio 2003

Libertà di software, copyright e altre storie

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Intervista con Sam Williams, autore di "Free as in Freedom" (Codice Libero): riscontri e commenti sul libro, il futuro del software libero, le politiche di Microsoft.

A un anno dall’uscita del libro negli Stati Uniti, quali i riscontri sulle vendite e quali i commenti dei lettori?

Gli ultimi dati di vendita riportavano 9-10.000 copie vendute, ma non ho ancora parlato con O’Reilly (l’editore) di eventuali ristampa. Spero di poter includere una parte del nuovo materiale inviatomi dai lettori (incluse le segnalazioni su varie inesattezze) in un prossimo “Free as in Freedom 1.1”. Attualmente sto lavorando alla versione 1.1 di FAIFzilla, così da correggere tutti quei passaggi del libro rispetto ai quali RMS (Richard Stallman) ha mostrato maggiore preoccupazione.
Per quanto concerne altre traduzioni, credo attualmente i progetti in corso riguardino spagnolo, catalano, francese, russo, giapponese, cinese (tradizionale). Soltanto quest’ultimo però è collegato ad un editore vero e proprio, gli altri sono affidati all’opera volontaria degli hacker.

E le reazioni di Stallman?

Posso dire che nutre ancora parecchi dubbi. Non essendo io un hacker, alcuni passaggi più tecnici risultano imprecisi. È proprio quanto sto cercando di sistemare nella versione 1.1. Anche alcuni stralci relativi alla “Guerra con la Symbolics” e allo scisma open source/free software hanno provocato la sua ira. Ciò detto, Stallman ha però deciso di autografare alcune copie del libro nel corso dell’ultima O’Reilly Open Source Conference.

Come è cambiata la scena del software libero, e il ruolo di RMS, ad oltre un anno dalla stesura di “Free as in Freedom”?

Da quando ho chiuso il libro, ho visto Stallman spostarsi verso un ruolo tipo “dirigente anziano”. Credo che abbia riconosciuto come buona delle questioni relative alla libertà del software oggi vadano ben oltre gli obiettivi dei sistemi operativi. Qui negli Stati Uniti il Digital Millennium Copyright Act sta iniziando a produrre parecchi effetti collaterali indesiderati, e la Free Software Foundation (FSF) sembra volersi unire ad altri gruppi, in particolare la Electronic Frontier Foundation, per emendarlo o quantomeno per impedire ai legislatori di creare qualcosa di peggiore.

Stallman è sempre lo stesso. Durante la O’Reilly Open Source Conference l’ho notato perdere le staffe almeno un paio di volte. E tuttavia è stato lui a porre le domande più interessanti dalla platea durante la tavola rotonda su “L’open source nella pubblica amministrazione.” Direi che abbia riconosciuto come la sua stessa personalità sia in qualche modo d’intralcio al messaggio generale, perciò preferisce incaricare altri, soprattutto Bradley Kuhn, presidente esecutivo della FSF, alla gestione dei rapporti con il pubblico.

Per quanto riguarda il software libero, lo vedo scoppiettare senza freni. La chiave di svolta, naturalmente, sta nella GPL (GNU General Public License). Il sistema legale trova sempre il modo di scardinare anche le protezioni migliori, e so che Stallman ha riflettuto parecchio sui modi per rendere più duratura tale licenza. In qualche articolo su Slashdot ho anche letto che Microsoft o un altro produttore potrebbe decidere di passare la GPL al vaglio delle corti giudiziarie. Lo scarso livello di proteste mi porta tuttavia a ritenere ciò delle chiacchiere senza fondamento.

Credo che al momento Microsoft stia usando i propri muscoli del marketing per lanciare una guerra su due fronti contro la GPL. In zone quali Stati Uniti, Europa e Giappone tende ad esagerare gli svantaggi competitivi offerti dal software libero. In mercati emergenti quali Cina, India e America Latina ha semplicemente deciso di pagare per far sì che vengano installati prodotti Microsoft in uffici governativi e scuole pubbliche.

Quali gli obiettivi a cui possa realisticamente mirare il movimento del software libero nel 2003 e nel futuro prossimo?

Come accennato sopra, credo che una meta concreta dei prossimi due anni sia quella di convincere almeno uno dei grandi conglomerati dei media [AOL, Sony, Vivendi o Bertlesmann] a uscire dai ranghi rispetto al copyright sulla musica, proprio come Netscape ruppe il fronte del copyright per il software commerciale all’inizio del 1998 (la decisione di rendere pubblici i codici sorgenti del browser Navigator, da cui prese avvio il progetto Mozilla). Condividere liberamente la musica è un po’ diverso dalla libera condivisione del software, ma i due fenomeni si completano perfettamente a vicenda.

L’attuale direzione presa dalle legislazioni sul copyright mira alla tutela dei beni degli investitori. È un po’ come vedere gli ingegneri dell’esercito USA che aggiungono sabbia sulle spiagge locali in New Jersey e North Carolina per proteggere gli investimenti dei proprietari di case sul litorale. Se dovessi scommettere su chi dovesse resistere più a lungo — gli ingegneri militari o l’Oceano Atlantico — punterei i miei soldi su quest’ultimo. Analoga la situazione con le norme sul copyright. Se mi si chiedesse di decidere cosa durerà di più — le leggi mirate al rafforzamento del copyright oppure la capacità delle nuove tecnologie di aggirare tali leggi — opterei per quest’ultima possibilità.

I conglomerati dei media sono finanziariamente allo stremo. Devono generare un flusso di denaro simile a quello dei primi ’90 onde poter pagare i debiti accumulati in quegli stessi anni. È improbabile ciò possa accadere nell’attuale scenario economico. Prima o poi, qualche elemento dovrà cedere. Le grandi corporation dei media saranno costrette a inabissarsi oppure dovranno alzare il livello di guardia sul copyright e cercare fonti alternative per i propri guadagni.

Quando ciò accadrà, ci troveremo molto più vicini ad un mutamento generale di carattere filosofico. Anziché considerare il copyright unicamente nel contesto della proprietà privata, lo valuteremo in quanto salutare elemento di equilibrio tra questa e gli interessi pubblici. Uno scenario che, ripeto, potrebbe concretizzarsi fin da quest’anno. Anche se, considerato il destino seguito da Netscape dopo il 1998, non mi sorprenderebbe vedere nei prossimi mesi i difensori del copyright alzare ancor più il tiro.

Come vedi il futuro del software libero (e dell’open source) al di fuori degli Stati Uniti? Riuscirà Linux a minacciare seriamente il quasi-monopolio globale di Microsoft?

Credo che l’attuale situazione politica sottolinei l’importanza di un’Europa economicamente e politicamente indipendente. Ciò avrà delle ripercussioni su Microsoft, perché alcuni paesi vanno già mettendo in discussione il fatto di poter affidare la propria infrastruttura informatica ad una corporation statunitense. La replica di Microsoft a queste preoccupazioni di alcuni paesi (particolarmente la Cina) è stata quella di “aprire” i codici sorgenti. Manovra intelligente, ma non credo sufficiente a tutelare l’azienda da una sorta di boomerang politico. L’approccio aggressivo e unilaterale di Microsoft alla filosofia di sviluppo del software è praticamente in sintonia con la strategia unilaterale e aggressiva del governo USA in politica estera. In un certo senso ne rappresenta il modello. Ciò espone l’azienda a critiche che vanno al di sopra e oltre le prestazioni dei propri prodotti.

Stiamo già assistendo agli sforzi di numerosi apparati statali verso la scelta di Linux come alternativa locale a Windows. L’esempio più ovvio arriva dalla Cina, ma ritengo che il Brasile, dove Linux è stato sperimentato a livello di governi regionali, potrebbe rivelarsi un caso interessante visti i risultati delle recenti elezioni.

Al momento su quali progetti stai lavorando?

In ambito tecnologico, scrivo su tematiche connesse al software libero per Salon.com e alla tecnologia personale per The New York Sun. Sto inoltre collaborando ad un paio di brevi libri di testo sulla storia degli Stati Uniti e del mondo. E ovviamente cerco di dedicare almeno un paio d’ore la settimana per chiudere la versione 1.1. di FAIFzilla. Mi sono imposto di farcela entro la primavera, così da proporre a O’Reilly la seconda edizione del libro. Spero inoltre di spostare FAIFzilla a un sistema gestionale tipo-CVS, così da eliminare la mia presenza dagli aggiornamenti periodici. Mi piace fare la parte del “dittatore benevolo”, ma temo che i miei ritmi di lavoro stiano rallentando eccessivamente il progetto.

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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