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Libertà di espressione online: Usa e Ue a confronto

05 Marzo 2002

Libertà di espressione online: Usa e Ue a confronto

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Il sistema americano e quello europeo e canadese sono profondamente diversi. Spesso gli autori di siti considerati illegali nel vecchio continente, si trasferiscono negli Usa per poter continuare indisturbati la loro attività

Al termine di un lunghissimo processo, il tribunale canadese dei diritti della persona ha dichiarato illegale, lo scorso 18 gennaio, il sito Internet di un famoso editore di origine tedesca, Ernst Zundel, residente in Canada sin dal 1957 – ma al quale le autorità canadesi non hanno mai concesso di ottenere la cittadinanza – che diffondeva messaggi a contenuto negazionista, vale dire miranti a negare, se non l’esistenza, quanto meno l’entità dell’olocausto.

Ernst Zundel, che aveva il controllo del sito e lo gestiva dal Canada, senza attendere la sentenza si è, però, trasferito negli Stati Uniti, dove continua a mantenere attivo il proprio sito, sotto la protezione del primo emendamento della Costituzione americana.

La pronuncia del tribunale canadese e la vicenda ad essa collegata, hanno, perciò, più che altro un significato simbolico e costituiscono un ennesimo esempio del divario esistente tra due diverse concezioni di Internet.

Nella maggior parte dei paesi europei e in Canada, infatti, gli autori dei siti Web sono responsabili dei contenuti che diffondono e il limite del diritto alla libertà di espressione è costituito dal rispetto della legge, mentre negli Stati Uniti il cardine di tutto il sistema è rappresentato dal primo emendamento che tutela la libertà di espressione, cosicché non è possibile incriminare qualcuno solo perché diffonde le proprie idee online.

Questa contrapposizione ha assunto un’importanza notevole in quanto, anche se non mancano alcune prese di posizione in senso contrario, gli Usa non ratificheranno mai una convenzione internazionale che possa limitare in qualunque modo il diritto alla libertà di espressione su Internet, sebbene in Europa continuino, invece, a ripetersi casi di condanne esemplari – anche se scarsamente efficaci – nei confronti degli autori di siti a contenuto neonazzista, razzista o che incitano all’odio nei confronti di determinate categorie di soggetti.

La vera sfida è, perciò, quella di elaborare un nucleo di disposizioni applicabili ad entrambi i sistemi, che possano garantire al contempo la libertà di manifestazione del pensiero e la salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo.

L'autore

  • Annarita Gili
    Annarita Gili è avvocato civilista. Dal 1995 si dedica allo studio e all’attività professionale relativamente a tutti i settori del Diritto Civile, tra cui il Diritto dell’Informatica, di Internet e delle Nuove tecnologie.

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