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Leggine per internet, problemi irrisolti

03 Dicembre 2003

Leggine per internet, problemi irrisolti

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Il Congresso USA vara leggi e iniziative per il mondo online: serviranno a qualcosa?

I legislatori statunitensi devono dedicare sempre più tempo e attenzione al mondo online. Perfino nel bel mezzo di grossi problemi, dal lungo dibattito sulla riforma del Medicare al controverso Energy Bill, fino alle continue emergenze del dopoguerra in Iraq. Un trend tutt’altro che nuovo, considerati gli ampi risvolti imposti dalla rampante penetrazione. All’approssimarsi della pausa di fine anno, il Congresso tenta di “chiudere” su passi da tempo dovuti e necessari, pur tra dubbi e problemi.

Prima di tutto, dopo una lunga sessione notturna dedicata al Medicare, la Camera ha approvato la prima legislazione anti-spam a livello federale. Passata a schiacciante maggioranza (392 si, 5 no), la norma arriva dopo oltre sei anni di analoghi tentativi falliti, ma non sembra andare oltre il tipico, sudato compromesso. Piuttosto simile al testo del “Can Spam” (Controlling the Assault of Non-Solicited Pornography and Marketing Act), approvato il mese scorso al Senato, la nuova legge prevede solo in alcuni, rari, casi la pena massima fino a cinque anni di carcere per chi invia junk email. Quest’ultima viene in pratica equiparata alla comune posta indesiderata cartacea, mentre le email “non-fraudolente” vengono, di fatto, legalizzate finché il destinatario non procede all’unsubscribe. Al di là di palesi messaggi illegali (pornografia non richiesta, schemi per arricchirsi, truffe varie), o con mittente non valido, riceve via libera la pubblicità di qualsiasi tipo purché il messaggio contenga un indirizzo postale valido e il link per l’eventuale cancellazione dell’utente, il quale deve ricorrere al controverso opt-out.

Vengono inoltre vietati: la falsificazione dell’header o del mail server di partenza, la presenza di subject dubbi o equivoci, la raccolta casuale e tramite robot di indirizzi online, il ricorso a script automatici per aprire e usare account gratuiti di web-mail, l’invio di “sexually oriented material” privo di apposito avviso firmato dalla FTC. Per chi fosse colto con le mani nel sacco, multe fino a 250.000 dollari e 5 anni di carcere. Un testo, dunque, meno restrittivo di quanto avrebbero voluto parte dell’industria high-tech, e perfino alcuni deputati. Tra questi, hanno votato contro i due democratici rappresentanti del cuore di Silicon Valley: Zoe Lofgren e Mike Honda, oltre a Ron Paul, repubblicano texano con tendenze libertarie. La norma risulta più lasca anche di quella californiana (dove s’imponeva l’opt-in), passata a settembre, e che avrebbe dovuto entrare in vigore il prossimo primo gennaio. Avrebbe perché se, come sembra, Bush finirà per firmare il “Can Spam”, questo cancella e supera ogni altra legge statale in tema. In tal senso, nei prossimi giorni il testo della Camera verrà integrato con quello del Senato onde arrivare rapidamente alla stesura definitiva.

Nell’attesa di vedere se e in che misura ciò potrà effettivamente ridurre l’attuale valanga di spam, sembra in dirittura d’arrivo un’altra misura da tempo in ballo: il divieto definitivo di tasse sull’accesso a internet. Scenario in cui, stavolta, è l’high-tech ad opporsi ai governi statali e locali, alla ricerca di modi per rimpinguare le casse all’asciutto. Il precedente divieto non copriva tutte le situazioni, ovvero le connessioni via cable modem e dial-up ma non la rampante DSL. La prevista (e veloce) proroga era rimasta impantanata al Senato, a testimonianza di un’opposizione strisciante in quest’epoca di budget ultra-risicati. Opposizione che i senatori USA pensano ora di aggirare, evitando la presentazione di un apposito disegno di legge, con la contemporanea introduzione di una clausola in coda al mastodontico testo di stanziamento dei fondi federali per il 2004. Operazione che, ancora un volta, va completata in tutta fretta, prima della pausa natalizia. In netto contrasto con quanto già accaduto alla Camera, che lo scorso 17 settembre aveva rapidamente approvato, con voto urlato a voce, la cancellazione definitiva dell’internet tax. Pur provocando le animate rivalse di autorità statali e locali che hanno portato allo stallo attuale.

Tutt’altro che usuale, infine, la recente richiesta da parte di un gruppo di senatori alle aziende P-2-P: una sorta di “auto-polizia” del materiale in circolazione e del proprio software. Sei parlamentari di entrambe le parti hanno inviato una lettera ai nomi più in vista del settore (tra cui Grokster, BearShare, LimeWire e Streamcast Network), ricordando loro “l’obbligo legale e morale di conformarsi alle norme sul copyright”, chiedendo il blocco del “traffico di pornografia in atto sui rispettivi network”, ha chiarito il senatore repubblicano Lindsey Graham. Il testo della missiva invita altresì gli operatori del P-2-P a informare chiaramente i propri utenti sui rischi legali cui vanno incontro, ad aggiungere appositi filtri per materiale sotto copyright e di carattere pornografico, a impostare il software in modo che gli utenti debbano scegliere esplicitamente la condivisone dei file. Secondo il gruppo di senatori, quelle aziende che vorranno aderire a tali richieste, dimostreranno di “voler educare e tutelare i consumatori” oltre che il loro desiderio di “diventare cittadini e corporation responsabili.”

L'autore

  • Bernardo Parrella
    Bernardo Parrella è un giornalista freelance, traduttore e attivista su temi legati a media e culture digitali. Collabora dagli Stati Uniti con varie testate, tra cui Wired e La Stampa online.

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