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L'e-voto non funziona

01 Luglio 2014

L'e-voto non funziona

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Prevalgano i timori politici o la sfiducia sulla sicurezza, finisce sempre che le elezioni via Internet rimangono lontane.

La nostra intervista a Pietro Speroni di Fenizio testimonia dei progressi della democrazia elettronica nel proporre spazi virtuali e di discussione e decisione. L’applicazione più immediata del voto elettronico è tuttavia tutt’altra cosa.
La Norvegia ha per esempio deciso di interrompere i programmi sperimentali di voto elettronico applicati nelle elezioni del 2011 e 2013. La motivazione del Ministro del governo locale e della modernizzazione, Jan Tore Sanner, è di circostanza:

Ci sono stati disaccordi politici, sui quali si è discusso in diverse occasioni. Il Governo vuole essere sicuro di salvaguardare l’elevata fiducia dei votanti nelle procedure elettorali norvegesi e ritiene una sfortuna la discordia politica relativa alla loro implementazioni.

Che cosa è veramente accaduto? La BBC accenna a una iniziativa che, nelle dodici città del test, non ha aumentato l’afflusso alle urne né ha coinvolto gruppi sociali meno interessati al voto, come i giovani. Inoltre una piccola percentuale di persone avrebbe votato due volte, prima online e successivamente ai seggi.
Il Ministero norvegese lo ha definito misreporting, rappresentazione distorta dei fatti: agli esperimenti del 2011 e 2013 hanno partecipato rispettivamente 168 mila e 250 mila votanti; il voto online era disponibile solo come opzione nel periodo precedente alla giornata ufficiale; le regole consentono di effettuare un voto online e poi annullarlo votando nuovamente, stavolta ai seggi. L’obiettivo era recuperare semmai elettori disabili o residenti all’estero, non alzare a livello generale l’affluenza.
Il pubblico, sostiene il governo, ha un’altissima fiducia nella sicurezza del sistema (94 percento). Il problema sta tra i politici, dove c’è chi nutre dubbi sull’efficacia del sistema e chi ritiene che rendere superfluo il seggio fisico sminuisca l’importanza del voto stesso.
Sulla frontiera del voto elettronico rimane l’Estonia, che ha già una tradizione iniziata nel 2005 quando votarono online poco più di novemila persone. Alle Europee i voti virtuali sono stati il 31,3 percento dei partecipanti. Però sono numeri assoluti piccolissimi: 103 mila persone su 903 mila aventi diritto, neanche un quarantesimo degli elettori italiani.
Un bel paradosso: la tecnologia consente di maneggiare un miliardo di esseri umani che interagiscono miliardi di volte al giorno (da Facebook in giù), ma non ha ancora soluzioni certe e universalmente condivise per andare oltre la scheda pieghevole e la matita copiativa.
Il problema vero resta la sicurezza. Sono disponibili i sorgenti dei sistemi elettorali elettronici, ma non basta: il Security Lab dell’Università del Michigan ha analizzato quello estone, consigliandone la dismissione. Le autorità baltiche sostengono piccate di avere portato a casa sei elezioni senza neanche un incidente. Intanto le affermazioni del Lab inquietano:

Secondo la nostra ricerca, un aggressore dotato di risorse sufficienti, per esempio uno Stato ostile, potrebbe rubare voti in una elezione usando il sistema di e-voto estone.

La verità è che allo stato attuale delle cose, non sussistono le condizioni per il voto elettronico affidabile su larga scala. Neanche in Estonia, figuriamoci da noi con la nostra Agenda Digitale narcolettica.

L'autore

  • Lucio Bragagnolo
    Lucio Bragagnolo è giornalista, divulgatore, produttore di contenuti, consulente in comunicazione e media. Si occupa di mondo Apple, informatica e nuove tecnologie con entusiasmo crescente. Nel tempo libero gioca di ruolo, legge, balbetta Lisp e pratica sport di squadra. È sposato felicemente con Stefania e padre apprendista di Lidia e Nive.

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