Bangalore, Wuhan, Istanbul, Shanghai, Bangkok, Denver, Atlanta, Cancun-Tulum, Madrid, e Vancouver. Queste le dieci “super-città” del futuro secondo McKinley Conway del World Development Federation. I criteri della scelta includono: popolazione urbana superiore al milione, effettive capacità di rispondere alle esigenze individuali e sociali dei residenti, ambienti dinamici e salutari in grado di creare, attrarre e far prosperare gli investimenti economici.
Il denominatore comune delle “super-città” rimane comunque il desiderio di attirare grandi eventi di livello globale che portino sia entrate che notorietà. In occasione dei recenti giochi olimpici, ad esempio, Barcellona e Atlanta hanno investito svariati miliardi di dollari nel miglioramento dell’infrastruttura metropolitana. E ovviamente lo stesso vanno facendo ora Sydney e Atene. Qualcosa che sembra funzionare per tutti.
Occorre inoltre garantire ampia disponibilità di risorse idriche, un aeroporto internazionale funzionale e un “technology center”, insieme ad una diversificata infrastruttura verde (parchi, giardini, etc.), e amministratori politici all’altezza del compito.
Ma, si chiede McKinley Conway, vale la pena per una “comune” città fare l’upgrade a “super”? Certamente, se questa vuole assumere un’immagine speciale agli occhi di miliardi di persone nel mondo e intende dimostrare alla comunità economica globale di essere un ottimo luogo per investimenti strategici.