Esiste un paradosso che affligge tutti i concorsi di bellezza. Le prime foto che ritraggono la neo reginetta la colgono nella sua espressione peggiore. L’emozione della vittoria, la gioia di aver battuto una lunga scia di concorrenti e la tensione si scioglie in un pianto dirotto che fa tracimare il trucco e trasforma il viso angelico in una smorfia grottesca. È un paradosso comprensibile perché vincere significa aver superato una lunga sequenza di battaglie dall’esito sempre incerto.
La strada per la celebrità è lunga e affollata e le porte per accedervi sono strette. In passato il talento artistico, la bellezza, il diritto di nascita, l’aggressività politica, l’impresa sportiva, la santità, erano le poche vie d’accesso che autorizzavano ad aspirare la gloria dei pochi. Da quando i mass media hanno cominciato a fare affari grazie al volto noto, la fabbrica dei famosi è sempre in attività. I personaggi si sfornano come i panettoni a Natale, per far fronte alla richiesta continua di celebri da mostrare, intervistare, spogliare. La rete internet ha accelerato ulteriormente il processo di “cottura” diventando una sorta di microonde dell’eccellenza: veloce e accessibile a tutti. La strada per la notorietà rimane comunque selettiva e difficile ma le opportunità sono aperte a tutti. Se volete approfittare e trasformarvi in un nuovo luminoso riferimento per la nostra umanità contemporanea ecco alcune storie esemplari da cui prendere esempio per costruire un mito fatto in casa.
La magia della quotidianità
La buona notizia è che non c’è più bisogno di intraprendere imprese titaniche quali scalare l’Everest (per altro piuttosto affollato). Basta osservare la realtà con un occhio un poco cinico e il gioco è fatto. Soprattutto e avete per le mani un parente indifeso da riprendere con la telecamera. Bisogna essere rapidi ed organizzati perché di parenti indifesi più o meno ne abbiamo tutti e le telecamere vengon via al prezzo delle patate. Il segreto è fare sistema, copiare in piccolo ciò che le grandi major cinematografiche fanno per i blockbuster. Crea il fenomeno, fai girare la voce (internet costa poco e rende molto), copri le spese con il merchandising.
Soggetti preferibili: bambini, animali e anziani se arzilli e giovanili. David aveva un piccolo problema ortodontico. Il dentista eccede un po’ con l’anestesia ed ecco che abbiamo un perfetto esemplare da notorietà. Il protagonista è un bambino rimbambito dalla anestesia che delira. Il passo numero uno è riprenderlo con una telecamera qualsiasi (tanto YouTube digerisce tutto, stimolare un po’ la sua improvvisazione e lasciarlo andare a ruota libera. Lui vi premierà con una interpretazione da Oscar e una sceneggiatura che sembra scritta da Guillermo Arriaga: «Is this real life?!». Passo numero due un blog (che mai ci sarà da dire su un bambino rimbambito dall’anestesia?) e il merchandising. Qualcuno vorrà denunciarvi alla protezione dell’infanzia, ma in fondo che cosa avete fatto? Avete mica fatto spenzolare vostro figlio da un balcone. E poi quei soldi serviranno sicuramente a garantirgli una sana educazione.
Phisique du Role
Se avete la fortuna di essere brutti, veramente brutti, è la vostra occasione, perché per emozionare Demi Moore fino alle lacrime ci vuole il fisico. E non solo quello statuario di un Ashton Kutcher ma il fisico di un autentico brutto anatroccolo che nasconde un tesoro: una voce d’angelo o qualche altro talento prodigioso. Il punto di partenza è uno dei numerosi talent show come Amici, X Factor, Britain Got Talent. Non c’è neppure bisogno di vincere. Basta appartenere alla fetta di umanità esclusa dalla società glitter, il più lontano possibile dall’idea di bellezza aristocratica simmetrica e filiforme che anni di haute couture hanno imposto. La probabilità di successo sale se venite da un paese piccolo, lontano dalle rotte del futuro come Abbiategrasso o il West Lothian, in Scozia.
Ottenuto il palcoscenico, quei pochi minuti di notorietà sta a voi trasformarvi. Così diventerete la zia racchia ma talentuosa Susan Boyle (o in alternativa Giusy Ferreri), per la quale la superstar Moore versa calde lacrime durante la sua esibizione. La vicenda di Susan Boyle è un vero e proprio colossal disneyano in miniatura riassunto in poche battute e una canzone. Il brutto anatroccolo, il cinismo della “gente”, il riscatto, il perdono, la gloria. Se Pip, protgonista di Grandi Speranze di Dickens ci fa penare per più di quattrocento pagine a Susan bastano 3 minuti e 46 secondi.
Belle e insistenti
Se avete il dono della bellezza non fatevi illusioni. È solo un punto di partenza come tanti altri. Bisogna lavorarci su. Come Julia. Come molte ragazze della sua età, di questi tempi aspira al successo. Sapesse cantare Julia potrebbe sognare una carriera musicale, col rischio, vista la concorrenza, di passare anni di studio, di tournée sfiancanti, di locali fumosi, di produttori sfruttatori per poi finire impigliata in un mestiere frustrante e faticoso come tanti. Sapesse recitare potrebbe tentare la carriera cinematografica o quella televisiva. Malgrado l’enorme consumo di prodotti di intrattenimento la quantità di volti noti che vi lavora è comunque esigua e la concorrenza spietata (nel nostro paese le audizioni per il Grande Fratello stanno superando, in termini numerici, le adunate oceaniche dei concorsi statali).
Julia sceglie il dribbling: diventare celebre per la celebrità stessa, senza impegnarsi in nulla che non sia la promozione della propria notorietà. Il motto è: se non sai fare niente, nessuno potrà farlo meglio di te. E così Julia comincia ad “apparire” come una fresca divinità dell’ozio, accanto a chi è davvero famoso. Assume, come un fungo, un po’ di notorietà in eccesso, si fa toccare (castamente, s’intende) da quei re taumaturghi che in passato grazie alla loro nobiltà guarivano la lebbra e che ora grazie ad un disco ben riuscito curano dall’anonimato. Fedele all’insegnamento di Walter Winchell, l’inventore del gossip: ”se vuoi diventare famoso, tira un mattone ad un Vip”, Julia si limita gettare loro le braccia al collo. E a farlo sapere sulla rete. È un nuovo tipo di concubina che, come Diana di Poitiers, beve oro per rimanere sempre desiderabile perché sa che la sua bellezza è il suo solo talento. E la rete le serve per amplificare l’effetto. Non ha più bisogno di elemosinare l’attenzione dei paparazzi come le starlette sulla Croisette, ma la cronaca se la fa da sé. Il suo blog è il suo agente, il suo ufficio stampa, nella quale colleziona pezzetti di notorietà.
Personal branding
Si chiama personal branding, l’attività di costruire e curare la propria immagine. Non è solo la gestione della propria notorietà derivata da una di quelle attività che si sono accennate prima. È la vera e propria costruzione di notorietà. Re ed imperatori del passato si facevano chiamare dei, si circondavano di cronisti per immortalare le proprie gesta (vere, gonfiate, frutto della fantasia), si facevano ritrarre come esseri superiori. La novità è che ora gli strumenti del personal branding sono alla portata di tutti. Soprattutto di coloro che di talenti particolari non ne hanno. Non avendo le opportunità finanziarie di una Paris Hilton ci si rivolge ai social network per racimolare un po’ di attenzione da un pubblico la cui bulimia per lo spettacolo e la rappresentazione è ampiamente soddisfatta da un’offerta strabordante di personaggi, storie, gossip.
Le strategie per aumentare la propria notorietà sui social network sono numerose e hanno il vantaggio di non costare troppo. Insomma, esercitando il proprio avatar non è necessario recarsi fisicamente alle feste giuste, fare lunghe anticamere per conoscere le persone giuste, e neppure sarà necessario allestire la classica valigia di cartone per emigrare, pieni di speranze verso i cuori pulsanti dello showbusiness. Sarà sufficiente cerare un proprio “rappresentante” virtuale e curarlo come un agente cura la propria star. Le armi strategiche sono originalità, velocità, caparbietà. L’originalità attira l’attenzione, la velocità la sfrutta, la caparbietà la diffonde. Dunque cercate il vostro lato singolare, occupate gli strumenti dei comunicazione e cominciate a tediare gli amici. Poi attendete. È possibile che un lampo di successo sconvolga per attimo veloce, molto veloce, la vostra vita e vi faccia sorvolare l’Empireo degli immortali.
Poco importa se poi la notorietà si limiterà a una collezione di persone che hanno solo accettato la vostra amicizia su Facebook o MySpace, poco importa se sarà necessario dimenticare che brand, in origine, indicava la marchiatura degli animali, che la stessa marchiatura applicata agli esseri umani significava infamia. Al branding ora possiamo prestare la parte più sensibile della nostra pelle con un sorriso compiaciuto.