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Le risorse umane di domani, tra intelligence e strategia creativa

28 Maggio 2020

Le risorse umane di domani, tra intelligence e strategia creativa

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Come si evolveranno processi e competenze HR in base alle nuove configurazioni di mercato.

Anticipare è meglio che curare

Se c’è una lezione che dovremmo avere imparato dalle calamità degli ultimi mesi, è che i cambiamenti più radicali possono avvenire letteralmente da un giorno all’altro senza preavviso né facoltà di appello. Lo abbiamo sperimentato da cittadini, da professionisti, da imprese e, non da ultimo, anche da brand.

Sarà il tempo a stabilire in che misura, come hanno proclamato in molti, il mondo non sarà più lo stesso e se, nell’urgenza di ricostruzione, ci affretteremo piuttosto a ripristinare tutte le comfort zone che davamo ormai per acquisite e irrinunciabili. Ciò che spetterà a noi stessi stabilire subito, invece, è in che misura d’ora in avanti vogliamo iniziare ad anticipare questi cambiamenti prima che ci sorprendano ancora nel sonno, costringendoci ad affrontarli al risveglio come emergenze anziché come progetti. Tanto più adesso che abbiamo identificato quali sono ad avere l’impatto maggiore sul futuro di persone, aziende, brand: quelli legati alle Risorse Umane.

HR is the new black (mirror)

Lo smart working è solo la punta dell’iceberg. Già da diversi anni si parla ciclicamente di video CV, di social recruiting, di gamification e di chatbot: di innesti, cioè, dell’universo digitale dei media nell’universo (per definizione) analogico degli HR. E, così come lo smart working prima del Covid-19, destinati perlopiù a lastricare di migliori intenzioni la strada per Atlantide anziché di buone azioni quella per l’Olimpo.

Insufficienza di budget, mancanza di know-how e carenza di organico hanno spesso fatto da contrappeso (o da alibi) alla possibilità (o alla volontà) delle aziende di proiettare al proprio interno i valori di innovazione e differenza che promuovono all’esterno, con l’inevitabile conseguenza di un lento e progressivo scollamento tra domanda e offerta di mercato.

Quale che sia l’assetto specifico di ciascuna società, infatti, il monito è valido su scala globale: l’HR di domani – ma a partire da oggi – è una figura eclettica, ibrida (nel senso automobilistico del termine), capace di integrare tecnica e tecnologia per attivare nelle persone le performance più elevate in termini di produttività. Un ruolo non solo amministrativo o gestionale, secondo il patrimonio ereditario di gran parte della letteratura di genere, bensì propulsivo e funzionale a più livelli, dal recruiting al counseling e dalla social responsibility alla web reputation.

Molto più che Analyst

In questo scenario, anticipare i cambiamenti significa essere in grado di elaborare in modo predittivo l’enorme quantità di informazioni che i canali online e offline ci mettono a disposizione ogni giorno. Elevando quella che fino a ieri chiamavamo genericamente analisi al rango di intelligence vera e propria.

Non si tratta, ovviamente, di estendere agli HR le competenze scientifiche in carico agli specialisti del settore, ma di sviluppare in loro una forma mentis in grado di renderli consapevoli delle opportunità che i dati – grandi o piccoli che siano – offrono in termini evolutivi.

Per esempio, monitorare nel dettaglio il traffico del nostro sito o della nostra pagina Careers non ci serve soltanto per ricavarne il numero di utenti unici e stabilire quanti di loro sono poi diventati candidati ed employee: ci serve per capire quanto tempo sono disposti a dedicarci nell’economia della loro dieta mediatica, in quanti clic vogliono trovare quello che stanno cercando (e cosa stanno cercando davvero: un lavoro? un’azienda? un futuro?), da dove entrano e da dove escono (e cosa fanno nel frattempo) o quali contenuti li interessano di più e quali di meno.

Il tutto non per mettere a referto una fiorita sequenza di statistiche, ma per innescare nuovi processi di user experience, nuove soluzioni di customer journey o nuovi modelli di relazione e/o di interazione. Che introducono tra le skill degli HR di domani sensibilità di project management e di design fino a ieri probabilmente suonate eretiche.

Molto più che Strategist

A monte di tutto, resta però il gap che anticipare i cambiamenti elaborando i dati in modo predittivo e convertendoli in innovazione non significa necessariamente fare le scelte giuste. Ecco perché un HR deve essere in primo luogo, sempre e comunque, una figura in grado di prendere decisioni virtuose. Elevando quella che fino a ieri chiamavamo genericamente pianificazione al rango di strategia vera e propria.

Il twist, nel suo piccolo, è sostanziale, e consiste nel passare da Mi piace a Lo voglio. La pianificazione dispone con ordine le pedine, la strategia le muove verso un obiettivo.

Ma in un’epoca in cui la competizione non si gioca più sull’abilità nel fissare delle regole bensì sulla reattività nel riscriverle di volta in volta, una strategia efficiente non basta: serve anche una creatività efficace. Servono idee, ispirazioni, interruzioni del rumore di fondo. Che introducono tra le skill degli HR di domani sensibilità di content marketing e di storytelling che prima di oggi sarebbero forse sembrate utopiche.

Parola d’ordine: Employer Branding

Forse, sintetizzando, potremmo quindi concludere che il cambiamento più radicale in ambito di Risorse Umane dovuto al coronavirus sia l’avere elevato quello che fino a ieri chiamavamo genericamente HR Management al rango di Employer Branding vero e proprio. Arricchendolo di valori, expertise e responsabilità che lo qualificano come disciplina abilitante di trasformazione e profitto.

Ed è esattamente con questi presupposti che nasce Employer Branding – Attrarre e coltivare talento in azienda in modo strategico e creativo, dedicato agli HR di domani che, a partire da oggi, vogliono essere fautori e protagonisti di un nuovo paradigma evolutivo introducendo, tra le loro skill, sensibilità fino a ieri, per qualcuno, fantascientifiche.

Così come, fino a ieri, sarebbe probabilmente suonato fantascientifico tutto ciò che abbiamo vissuto negli ultimi tre mesi.

Immagine di apertura di Luis Villasmil su Unsplash.

L'autore

  • Antonio Incorvaia
    Antonio Incorvaia svolge attività di consulenza e formazione per agenzie e aziende in materia di Digital Media Management, Content Marketing ed Employer Branding. Tra gli altri, ha curato progetti di comunicazione per cameo, Eni, Ferrero, Il Sole 24 Ore, Lottomatica, Max Mara, SKY, Snam, TIM, Volkswagen e Whirlpool. Con Apogeo ha pubblicato Employer Branding. È coautore del best seller Generazione mille euro, da cui è stato tratto l’omonimo film del 2009.

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