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Le prospettive del WiFi in Italia dopo la Pisanu

02 Novembre 2010

Le prospettive del WiFi in Italia dopo la Pisanu

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Mettiamo anche che, se il Governo regge, nei prossimi giorni venga finalmente superata la famigerata legge Pisanu che tiene sotto chiave le connessioni wireless in contesti pubblici, che cosa cambia davvero?

Che cosa farà mai il WiFi, uscito dal carcere italiano dopo cinque anni, in giro per la città, finalmente libero e bello? In altre parole, quale impatto avrà la nuova vita del WiFi, sullo sviluppo di internet in Italia, e quali sono i nodi principali da sciogliere? La risposta a questa domanda coincide con i motivi che hanno giustificato una lunga battaglia, mediatica e politica, che in questi giorni ha raggiunto il picco. Questa settimana il ministro dell’Interno Roberto Maroni porterà al Consiglio dei Ministri la sua proposta per riformare le norme che, nella legge Pisanu, hanno posto limiti eccessivi allo sviluppo del WiFi in Italia. Limiti – ricordiamolo- che non hanno pari nel resto del mondo democratico.

Ostacolo politico

Il passo del ministro è una svolta perché questi era il principale (se non il solo) ostacolo politico a cambiare la Pisanu. Anche Renato Brunetta e Paolo Romani erano più intenzionati di Maroni a cambiare le cose. Maroni però è stato convinto dai suoi consiglieri che il Pisanu è ancora utile alla sicurezza, contro il «terrorismo, la pedofilia online, la criminalità organizzata», come ha detto alla Camera. Ma davvero mafiosi, terroristi e pedofili aspettano di andare al WiFi del bar sotto casa per organizzare i propri intenti criminosi? Gli Stati Uniti, la Spagna e il Regno Unito, che di attentati se ne intendono, la pensano in altro modo, come si può giudicare dalle loro norme.

Così, il ministro spinge verso un compromesso, tra l’attuale Pisanu e la totale abrogazione dell’articolo 7, richiesta da politici di vari schieramenti. Beninteso: il compromesso, tra sicurezza e libertà, potrebbe non essere sufficiente a cambiare le cose. Se si limitasse ad autorizzare ufficialmente l’autenticazione via Sim, per esempio, non faremmo un passo avanti. Almeno bisognerebbe seguire la proposta Cassinelli, che vorrebbe limitare l’autenticazione solo ad alcuni casi.

Non risolve

Premessa necessaria: siamo a un passo dal cambiare le norme WiFi, ma meglio non eccedere con l’ottimismo. Ciò detto, secondo alcuni la liberazione del WiFi avrebbe un impatto limitato comunque, sul nostro mercato. Si sostiene che da noi internet nei luoghi pubblici è poco diffusa non tanto per la Pisanu quanto per la scarsa alfabetizzazione informatica di utenti e di esercenti. I primi peccano per scarso numero di pc: solo il 40% di italiani ha un laptop e il 6% ha un netbook, contro il 50% e il 6% della media europea EU-7 (dati Forrester Research, al secondo trimestre 2010). I laptop e i netbook sarebbero appunto gli strumenti deputati per navigare in WiFi da luoghi pubblici.

Quest’obiezione non tiene conto della rivoluzione smartphone, che è molto forte in Italia. A gennaio 2010, secondo Forrester, ci sono state 4,09 milioni di connessioni in mobilità (smartphone e computer), in Italia. Solo il Regno Unito ha fatto meglio, di poco (4,10). È ovvio che se questi utenti potessero connettersi gratis a una rete più veloce, WiFi, la preferirebbero a quella Umts. Un quarto dei cellulari venduti nel 2012 avrà il WiFi. Le potenzialità ci sono, quindi. Gli esercenti sono poco propensi a installare il WiFi? Chi afferma questo fa notare che già ora è possibile dotare il proprio negozio, bar, pizzeria di un access point WiFi chiavi in mano adempiente alle norme Pisanu affidandosi ai servizi di aziende come Guglielmo o Trampoline. Ad esempio, con Guglielmo: in un canone di alcune decine di euro al mese, comprende l’hotspot, la piattaforma tecnica e gli Sms di identificazione. Il prezzo dipende dall’operatore banda larga scelto dall’esercente. Se questi non vuole pagare canoni, può iscrivere l’hotspot alla rete WiFi gratuita di Guglielmo; in questo caso il solo svantaggio è che per accedervi i clienti devono avere un account speciale. Possono ottenerlo dal proprio Comune (se è tra quelli che ha fatto accordi con Guglielmo) oppure acquistarlo al prezzo di sette euro l’anno da questa stessa azienda.

Barriere

Come si vede però anche in questo modo, a causa della Pisanu, c’è una barriera per l’esercente: deve per prima cosa sapere di Guglielmo o di aziende simili; poi pagare un costo extra per affidargli il proprio WiFi. A meno che l’esercente non sia molto motivato, a questo punto può rinunciare. La normativa non rende impossibile offrire WiFi in un bar, ma certo lo scoraggia. Quella barriera chiamata Pisanu può essere – soprattutto in questa fase di boom degli smartphone e dei tablet – il fattore che frena le potenzialità italiane nella diffusione  di internet nei luoghi pubblici. Il fattore che impedisce un circolo virtuoso. Mettere il WiFi nei luoghi pubblici infatti significa portare internet tra la gente. Farla conoscere anche agli utenti che finora hanno evitato di accedervi. L’esempio di chi si connette a internet in un bar o da una panchina può essere contagioso: se a vista c’è chi verifica così le condizioni meteo e del traffico, altri capiranno l’utilità di internet, che finora hanno snobbato.

Ci sono anche altre considerazioni. «Abolire l’articolo 7 darebbe una spinta alle applicazioni WiFi connesse al turismo. Che consentano di studiare itinerari e forniscono informazioni sul luogo: il turista seleziona il mezzo di trasporto, tempo disponibile, e riceve una guida», spiega Giovanni Guerri, general manager di Guglielmo. Già, WiFi pubblico non è solo puro e semplice accesso internet. Il problema è che «i sistemi di autenticazione via cellulare hanno problemi con sim straniere», continua. È un motivo in più per chiedere una riforma profonda delle norme WiFi italiane e non solo in superficie. Infine, ha ragione Quintarelli a ricordare che cambiare la Pisanu impatterebbe molto solo sugli esercizi commerciali. Nei luoghi aperti al pubblico (strade, piazze, panchine), offrire il WiFi è un lavoro da provider, sottoposti a numerosi obblighi di legge, alcuni dei quali tipicamente italiani. Se gli esercenti volessero estendere il proprio WiFi a un quartiere, all’esterno dei negozi, come avvenuto a Madrid con Fon, da noi non potrebbero farlo direttamente. Ma di questi limiti ci occuperemo dopo aver archiviato la pratica Pisanu.

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