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Le armi navali al Museo della scienza

08 Giugno 2000

Le armi navali al Museo della scienza

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Nate nel Medioevo, le prime artiglierie erano cosa modesta, di scarsa precisione e, a volte, più pericolose per chi le utilizzava che per l'eventuale bersaglio.

Il primo impiego sulle navi, almeno per le marinerie italiane, risale al 1319 ad opera dei genovesi. Prima della fine del XIV secolo i cannoni cominciarono a differenziarsi a seconda del tipo o dell’impiego: c’erano i basilischi, del peso di due tonnellate e che lanciavano grosse palle di pietra di almeno 16 kg, il falcone, con proiettili di circa 13 kg e, decrescendo ancora con il peso dei proietti, si trovava il passavolante, il serpentino, la colubrina, il cacciacornacchi, l’aspido, il girifalco, la mezza colubrina, il sagro, la pernice, il pellicano, il sagretto, il falcone, il falconetto, lo smeriglio, il ribadocchino, la cerbottana, la spingarda, la spingardella e il saltamartino.

Alla fine del XV secolo tutte queste denominazioni caddero in disuso e rimasero solo i nomi collettivi di cannoni, colubrine per quelli lunghi e obici e mortai per quelli corti. In ogni caso la precisione del tiro era molto difettosa e sulle navi erano frequenti gli incendi per la gran quantità di polvere sparsa dappertutto e per le numerose micce accese presso i vari pezzi.

Il passaggio delle marine militari dalle navi sottili tipo galere a navi d’alto bordo, senza remi e a sola propulsione velica, fece sì che dal XVI secolo le navi da guerra venivano classificate dal numero di cannoni imbarcati, con navi che andavano da 20 o 30 pezzi imbarcati, fino a navi a tre ponti con un dislocamento di circa 2.000 tonnellate e fino a 100 cannoni a bordo. La portata di queste armi era di poche decine di metri e il combattimento fra vascelli avveniva appunto a poca distanza, con possibilità di intervento anche dei fucilieri di marina, sempre presenti a bordo delle navi da guerra, e spesso si passava all’arrembaggio.

I cannoni divennero realmente efficaci solo con l’adozione generalizzata della granata esplosiva, che ebbe il suo culmine nelle grandi battaglie tra corazzate di Tsushima e Jutland, all’inizio del Novecento. Successivamente l’avvento dell’aereo doveva diminuire man mano l’importanza dei grossi calibri navali, aumentando però contemporaneamente l’importanza dell’artiglieria contraerea e dei cannoni a tiro rapido.

Un approfondimento sulla storia e sulla tecnologia delle armi navali è disponibile all’indirizzo http://www.museoscienza.org/navi/armi.html

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