Si prenda un impiegato degli anni novanta e il suo computer mostrerà cartelle ordinate per argomento, contenenti fogli di calcolo e documenti di testo elaborato.
L’evoluzione quasi assordante di software e hardware ha portato a considerare questo modello peggio che sorpassato: antiproduttivo. Si consideri la seguente citazione da un recente articolo di David Sparks su Macworld.com:
Once all those different bits of data are on the Evernote servers, they’re synced to my other Evernote-capable devices, which include my iMac, iPad, and the Windows PC at my office; there are also Evernote clients for Android, Blackberry, Windows Phone 7, and WebOS. And you can access your Evernote data online using most standard Web browsers.
È questo il nuovo benchmark per una applicazione di produttività: essere accessibile su apparecchi e sistemi multipli, con accento sulla flessibilità piuttosto che sulla potenza o su un vasto insieme di funzioni.
Evernote ovviamente è solo un esempio eclatante, di un ambito lavorativo – gli appunti – che si presta particolarmente. Ma le cose si muovono in fretta anche in una concezione tradizionale di produttività. Google Documenti e Office 365, suite centrate interamente sul browser, rappresentano la punta estrema del fenomeno. Per chi preferisce ancora lo spazio di lavoro locale esistono già soluzioni come iWork di Apple, dove il foglio di calcolo o la presentazione, per mezzo di iCloud, si replicano istantaneamente e automaticamente – e sono sempre modificabili – su tutti gli apparecchi OS X e iOS che l’utilizzatore controlla.
Chi stia usando un word processor o uno spreadsheet privo di replicabilità istantanea via rete, o che non renda i propri documenti facilmente accessibili via browser, dovrebbe porsi qualche domanda. Si può fare (molto) di più.