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Lavorare in modo più Agile con una Kanban board

30 Settembre 2019

Lavorare in modo più Agile con una Kanban board

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Agile, Lean o Kanban sono concetti e ricette pratiche dal grande potenziale per chi vuole impegnarsi a tradurle nella pratica quotidiana del lavoro all’inseguimento di una migliore produttività ed efficienza. Basta poco per cominciare: una lavagna e tanti post-it…

Il lavoro ieri, oggi, domani

Un giorno il Grande Capo di una Grande Organizzazione che produce automobili esce dal suo ufficio e scende in fabbrica per vedere come sta andando la linea di produzione. Cammina tra le stazioni dei tanti settori e osserva l’assemblaggio dei veicoli che avanza.

A un certo punto incontra un gruppo di specialisti appena usciti da una lunga e faticosa riunione e domanda loro di cosa hanno parlato. Gli spiegano che stanno provando a mettere in pratica quello che i propri capi hanno suggerito di fare alcuni giorni prima, una serie di nuove tecniche studiate nelle lezioni di un corso e già praticate da altri colleghe e colleghi, in contesti diversi. Così gli mostrano tutta una serie di attrezzature, schemi, lavagne, liste di procedure e strumenti che hanno iniziato ad utilizzare dopo aver sentito anche i consigli degli altri specialisti.

– Abbiamo fatto tutto quello che dicono manuale e la teoria, ma non sappiamo se funzionerà. Come possiamo capire se stiamo applicando bene le lezioni? – chiedono loro.

Il Grande Capo si guarda attorno compiaciuto dagli sforzi e risponde:

– Migliorare non significa solo seguire un piano o una lezione. – Li guarda e aggiunge con tono risoluto: – Significa che oggi abbiamo fatto meglio di ieri e che domani potremo fare meglio di oggi.

Questa breve storiella, tramandata e raccontata in modi diversi, proviene dal mondo della produzione leggera, il Lean nato dal Toyota Production System. È un modo di strutturare il lavoro che arriva dalla cultura giapponese della produzione industriale delle automobili dell’omonima casa (semplificando molto!). L’aneddoto è semplice ma racchiude due concetti interessanti: Kaizen (cambiare in meglio) e Continuous Improvement (miglioramento continuo). Fare di meglio non è un punto di arrivo, ma un processo che non finisce. Ci paragoniamo a ieri, per migliorare il lavoro di oggi, e gettiamo le basi per quello di domani. È parte della quotidianità Lean.

Lavorare tanto aumenta la produttività?

Mi è ricapitato tra le mani recentemente un articolo del Sole 24 Ore di Francesca Barbieri intitolato Lavoro, i più «stakanovisti» in Europa? Record in Italia e Grecia. In breve: in Italia si lavorano in media 33 ore alla settimana, ben 3 in più della media europea.

I dati però non sorprendono per questa ragione, quanto piuttosto perché sotto la lente della produttività le ore lavorate contribuiscono a una variazione del Pil (il Prodotto Interno Lordo) in modo praticamente identico anno dopo anno (nello studio Ocse dal 2010 al 2016). Non esattamente la definizione di “Continuous Improvement”.

In altre parole, immaginiamo di fare una fotografia dall’alto alla penisola. Prima contiamo tutte le ore di lavoro svolto dagli Italiani in un certo lasso di tempo, poi dividiamole per il valore di quello che è stato prodotto (il prezzo di beni e servizi al consumo in questo caso). Ora toriamo ai dati degli indicatori. La crescita di produttività in Italia si attestata al +0,14%, penultima dopo la Grecia (33 ore e -1,09%), ma ben distante dalla capolista Irlanda (33 ore, +6,12%) e dalla Germania (26 ore, +1,04%).

Insomma lavoriamo moltissimo ma i nostri sforzi spesso non sortiscono tanti effetti quanti quelli dei nostri vicini di casa. Si potrebbe davvero aprire un’infinità di riflessioni: diversi Paesi, economie, politiche economiche, modelli d’impresa, sociali, geopolitici e via dicendo. Certo è che la maggior parte di noi cittadini non ha la possibilità di legiferare dall’oggi al domani o cambiare questi equilibri in tempi rapidi.

Quindi proviamo a stringere un po’ il campo d’azione e partire dalla nostra produttività.

Il tempo è denaro (ma dipende da come lo impieghiamo)

Pare lo disse Benjamin Franklin. Solo che a guardare i dati sui Paesi OCSE, la realtà sembra diversa. Ok, ok… sto semplificando di nuovo, è vero, e lasciando fuori la complessità. Questo invece lo scriveva Carlo Collodi:

– Il tempo è moneta! – gridò allora l’americano.
– Il tempo è moneta! – ripetè da un capo all’altro tutto il vecchio continente.
Questa formula, quasi per incanto, generò le macchine, il vapore e il telegrafo.

Anche qui c’è grande enfasi, di natura un po’ diversa. Apparentemente lavorare tanto non basta per produrre tanto denaro. Proviamo ad analizzare questa equivalenza con una conoscenza matematica di base. Se tempo e denaro sono la stessa cosa, potremmo sommare euro e minuti. Uhm… Ci accorgiamo presto l’equazione è incompleta. Come possono valuta e tempo essere equivalenti? In effetti manca un pezzo, mancano molti pezzi. È una derivata parziale. Certamente c’è una relazione, ma trasformare il tempo in denaro non è automatico e si può fare in molti modi.

Un celebre statistico, William Edwards Deming, a partire dagli anni Trenta sperimentò moltissimo in tema di qualità nella produzione industriale. E arrivò anche a concludere che circa il 95 percento dei risultati che ottengono i lavoratori in azienda è governato dal sistema di produzione. Insomma, il contesto in cui erano inseriti, il metodo con cui lavoravano, i processi adottati (specialmente in gruppo!) determinavano i loro risultati in gran parte. Solo un piccolo 5 percento era attribuito alla bravura individuale.

Strumenti sofisticati per provare a far meglio: foglietti adesivi

Torniamo a noi e ipotizziamo di essere uno di quei lavoratori dalle 30 ore della media italiana (sì, lo so che sospirate, ma è un’indicatore!). Innanzitutto definiamo cosa vuol dire fare di meglio. Ci sono almeno due opzioni: lavorare meno ore, oppure a parità di ore ottenere un po’ più di produttività. Puntiamo ad avere più produttività per oggi!

L’espediente che useremo è migliorare il nostro processo con una Kanban board, facendo un paio di ritocchi alle regole con cui lavoriamo. Non cambiamo quello che facciamo e nemmeno la quantità di tempo lavorato. Semplicemente rimescoliamo un po’ le fasi di lavorazione, l’ordine delle cose, la quantità di operazioni in contemporanea e come comunichiamo.

Non importa che mestiere si faccia, l’importante è avere un certo numero di passi definiti, un certo numero di cose da fare a priori. Potrebbe essere il prossimo prodotto da caricare in un eCommerce, la prossima fattura da mandare al cliente, il riordine di caffè che è finito, un pezzettino di software oppure le infografiche per il prossimo evento da promuovere. Ma anche preparare un esame, una festa di compleanno, gli hobby o i mestieri di casa valgono! Prendi tutto quello che state facendo in questo momento e scrivilo su dei foglietti adesivi, incluse le cose che hai lasciato a metà. Poi, su altri foglietti, scrivi quello che ti aspetta nei prossimi giorni di lavoro. Tre o quattro parole al massimo bastano, non bisogna essere specifici.

Kanban! Dai foglietti alla lavagna

Le Kanban board sono uno strumento Lean di visual management (gestione visuale) dei processi. Sono in grado di dare a chi le vede un’idea di quello che accade (e accadrà) in un processo produttivo. Sono anche un punto di intersezione tra alcuni metodi Agile di produzione del software e Lean.

Kanban board

Una Kanban board che più semplice non si può. Eppure sufficiente per iniziare a migliorare l’efficienza e la produttività.

Per realizzare una semplice board sono sufficienti una lavagna a fogli mobili e qualche post-it. Per prima cosa è necessario tracciare tante colonne quante sono le fasi del processo da rappresentare, da sinistra a destra. Proviamo con l’essenziale e disegniamone tre: To Do (da fare), Work-In-Process (WiP, lavorazioni nel processo, o in corso) e Done (finito).

Riprendiamo i foglietti e nella colonna a sinistra (To Do) collochiamo quelli che abbiamo scritto con le cose che non abbiamo ancora iniziato a fare. Poi in quella centrale tutto quello che invece (in qualche modo) abbiamo iniziato a fare. Così abbiamo costruito una prima board rudimentale: è modo per dare una forma visiva a ciò che bisogna fare. Sembra una cosa banale, ma può aiutare in molti modi: fare chiarezza per sé, comunicare con i colleghi senza dover interrompere ciò che si sta facendo (per questo si chiamano information radiator). Un primo piccolo miglioramento sia di processo e di comunicazione.

Ora in ogni colonna ci sono i kanban (i nostri foglietti), che rappresentano la piccola lavorazione che ci aspetta. Si parte da sinistra, con la fase iniziale del processo. Questa colonna contiene la coda delle lavorazioni che ci impegniamo a fare entro un certo tempo (To Do) e transita verso destra fase dopo fase. Tieni aggiornata la lavagna man mano che prosegui a lavorare. Quando la lavorazione è stata completata da un po’, esce dalla board.

Manca una cosa: dare un ordine a ciò che faremo, secondo la sua importanza. Le lavorazioni in ciascuna colonna sono in ordine di priorità. Sposta i foglietti finché non sei soddisfatto del piano di lavoro nel suo insieme. Capire che cosa è importante dipende dai propri criteri e dal lavoro che si fa. Un indizio: un economista di nome Pareto diceva che che molto spesso l’80 percento del prodotto si ottiene con il 20 percento dello sforzo. A che cosa non puoi davvero rinunciare? Mettilo in cima!

Inizia con oggi, pensa a domani

Un bravo coach Lean avrà molto da obiettare su questo esempio, che è veramente è molto semplice. Però una cosa su tutte è veramente irrinunciabile per trasformare una visual board in una vera Kanban board. Il limite del Work-in-Process. Senza quel il numeretto (che nell’immagine è nella colonna centrale), la nostra board non è una Kanban board, ma solo un irradiatore di informazioni.

Il WiP limit rappresenta il numero massimo di cose che possono stare in una colonna in contemporanea. Nella pratica, qui, si traduce in quante cose possiamo fare contemporaneamente. Questo è il vero “motore” del sistema che ci aiuta a migliorare.

Nel mondo della produzione reale, con l’aiuto di questo numero e il suo livellamento (verso il basso) per ciascuna fase, si può migliorare il flusso produttivo di quasi tutti i processi. Ottimizzare il costo totale, ridurre sprechi, scorte di materiale, tempi di attesa. Questo perché serve a capire dove si formano i colli di bottiglia. Ogni volta che si libera uno spazio in una colonna a destra, ci chiediamo quale sia la prossima lavorazione da prendere in carico. Siccome le abbiamo ordinate per priorità, alla parte superiore corrisponde la maggiore urgenza. Quando non ci sono posti liberi, i cartellini si accumulano: lì c’è un problema.

Tornando a noi… Parti scrivendo il numero di cartellini che hai messo nella colonna To Do (senza barare!). Poi completa piano piano quello che stai facendo e prova ad abbassarlo di giorno in giorno, in modo da fare meno cose in contemporanea, fino ad arrivare a una.

Questo è un primo sistema di miglioramento e funziona bene, specialmente se i cartellini rappresentano lavorazioni di durata simile (qualche ora). Quando sei a quota 1 e vuoi migliorare ancora, inizia a prendere i tempi di completamento, ovvero quanto un cartellino permane nelle varie fasi, da quando viene preso in carico al suo completamento. Si tratta di un altro sistema che pone le basi per migliorare ulteriormente: la misurazione.

Un buon punto d’inizio è fare meno cose e farle bene! Il perché è un discorso complesso che affronteremo un’altra volta. Un indizio: si parlerà di economia della produzione Pull e Push.

L'autore

  • Fabio Mora
    Fabio Mora è un programmatore e Agile coach freelance entusiasta di Extreme Programming e Linux. Appassionato di open source, di economia e di tutto quello che riguarda la matematica e la scienza dei dati, ha prima fondato una web agency e poi lavorato in eBay come Software Engineer. Ama la musica, l’ingegneria del suono e la divulgazione scientifica.

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