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Lavorare in gruppi (virtuali) per creare conoscenza

24 Giugno 2020

Lavorare in gruppi (virtuali) per creare conoscenza

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Il collaborative learning in Rete.

Ogni giorno interagiamo con altre persone a diversi livelli. Siamo esseri relazionali, viviamo continuamente in situazioni d’interdipendenza reciproca con chi ci sta intorno.

In famiglia, a scuola, con gli amici, nel mondo del lavoro: la nostra attività quotidiana è costellata da scambi verbali e non verbali con le persone che ci circondano.

Il mondo del lavoro sta dedicando attenzione sempre crescente alle soft skill dei professionisti: una parte determinante delle attività lavorative prevede interazioni con gruppi di lavoro eterogenei e dislocati in luoghi diversi su territori sempre più estesi, quindi saper gestire le interazioni con gli altri in modo efficace è diventata una competenza relazionale di cui non si può fare a meno.

Grazie alle tecnologie digitali e alla rete Internet, possiamo contare su supporti sempre più efficienti per contattare e interagire con persone che vivono e lavorano lontano da noi.

Le distanze si azzerano, almeno a livello di interazione mediata dal computer, e gli scambi avvengono con una rosa di strumenti a disposizione che è ricchissima e rende fattibile pressoché qualunque attività condivisa, eccetto bersi un caffè caldo e scambiare due chiacchiere a breve distanza.

La capacità di mantenere – e manutenere – queste relazioni resta appannaggio completo delle persone coinvolte, perchè gli altri ostacoli oggettivi vengono man mano eliminati dagli strumenti, sempre più efficienti, a nostra disposizione. È importante, in questo scenario, che la scuola e l’università ci preparino ad affrontare attività collaborative in modo positivo e aperto alla condivisione del sapere.

L’apprendimento collaborativo arricchisce a partire dalle differenze

Il confronto e la condivisione delle conoscenze sono particolarmente efficaci nella creazione di nuovi saperi: l’interdipendenza positiva che si crea all’interno di un gruppo di studio o di lavoro è alla base della collaborazione; in questo contesto, il successo del singolo è strettamente connesso al successo del gruppo intero.

Vediamo come l’apprendimento collaborativo può supportare quindi la preparazione ad un ambiente di lavoro che richiede questa capacità di interagire in modo positivo e produttivo pur in contesti sempre più liquidi e con sempre meno meeting in presenza.

Il collaborative learning, l’apprendimento collaborativo, è nato come forma di condivisione di conoscenze, visioni, prospettive e saperi all’interno di un gruppo di lavoro in continua evoluzione, dentro un percorso formativo; l’apprendimento collaborativo facilita una rielaborazione di contenuti con più prospettive, quelle dei singoli più quella del gruppo nel suo complesso.

Ciò permette ai singoli membri di ripensare le differenze tra le diverse visioni e ricollocarle in uno scenario nuovo, arricchito dai contributi di tutti i partecipanti. Serve dunque un lavoro sulle differenze per renderle, da un lato, meno contrastanti l’una con l’altra e, dall’altro, compresenti in una soluzione finale che ne mantenga l’identità.

Tutto ciò avviene senza rinunciare ad un risultato comune, ma tale risultato sarà rimodellato a partire dalle diverse proposte iniziali.

Che cosa succede in un gruppo collaborativo

Come nasce un gruppo collaborativo? Nasce da un progetto comune e da un insieme eterogeneo di persone, disposte ad acquisire le competenze necessarie per portare a termine il progetto stesso.

Ognuna di queste persone avrà un proprio stile di apprendimento favorito, cioè un proprio modo di apprendere più naturale, ma lavorare con altre persone che hanno stili di apprendimento diversi dal proprio costituirà un ottimo terreno di confronto e di affinamento delle proprie attitudini.

Tutti imparano da tutti e imparano da tutti anche come si impara, essendo coinvolti in un progetto comune e relazionandosi gli uni con gli altri per realizzarlo.

Ciascuno si prende la responsabilità del proprio contributo nei confronti di se stesso, degli altri membri, del gruppo in sé, per il progetto condiviso: il successo è tanto personale quanto dell’intero gruppo, l’eventuale insuccesso è tanto personale quanto dell’intero gruppo.

Il singolo è meno evidente, dal punto di vista del risultato finale: esiste una squadra, all’interno della quale ciascuno si ridefinisce anche in funzione degli altri (con la propria opinione, la propria operatività, il proprio contributo al risultato del gruppo).

Collaborative learning in tre elementi

I metodi e le regole dell’apprendimento collaborativo non sono predefiniti, ma vengono negoziati – e rinegoziati, spesso – fra i membri del gruppo durante il ciclo di vita del processo che affrontano insieme.

Possiamo riassumere in tre elementi principali la metodologia del collaborative learning:

  1. L’interdipendenza tra i membri del gruppo.
  2. La condivisione di compiti e con essa la gestione del processo di lavoro.
  3. La finalità di costruire qualcosa di nuovo.

Molte delle metodologie che possono essere applicate a supporto del collaborative learning, sia in presenza che online, sono vicine ad attività tipiche dell’approccio attivo all’apprendimento, cioè tutte le attività che possono stimolare, attraverso interazioni mirate, l’apprendimento sviluppato a livello sociale, consapevoli che una delle maggiori ricchezze in un setting di apprendimento sono le persone che lo abitano.

L’apprendimento collaborativo attraverso il computer

Fin qui non abbiamo ancora chiamato in causa i nostri strumenti di lavoro, i device digitali (computer, tablet, smartphone). Ora vediamo cosa avviene se l’attività collaborativa avviene in modo mediato.

Parliamo di Computer Supported Collaborative Learning (CSCL), cioè di una metodologia didattica con l’obiettivo di promuovere l’apprendimento collaborativo, avvalendosi del supporto degli strumenti informatici e delle reti Internet.

La ricerca nel campo del CSCL, pur se orientata all’applicazione in ambito didattico, si avvale dell’esperienza teorica e tecnologica accumulata dal Computer Supported Collaborative Work (CSCW). Il CSCW è una metodologia di lavoro collaborativo, sperimentata con successo nelle aziende già dall’inizio degli anni ’90, basata sul principio che le reti di computer possano essere usate per agevolare, aumentare ed anche per ridefinire le interazioni tra i membri di un gruppo di lavoro.

In questo contesto è chiaro che, fatto salvo l’obiettivo formativo delle attività, la loro natura in un gruppo di lavoro virtuale e in un gruppo di apprendimento virtuale hanno diversi punti in comune, eccetto la necessità di verificare le competenze acquisite a fine percorso.

Sicuramente un modello adottato in contesti sia di lavoro a distanza che di apprendimento collaborativo a distanza, e che ben si presta all’utilizzo mediato sia dei computer sia della rete, è quello definito problem oriented. Focalizziamoci qui sul contesto formativo.

I partecipanti ad un corso vengono invitati ad analizzare una situazione problematica, preferibilmente legata a scenari contingenti e a condizionamenti sociali. Contrariamente ad una situazione di apprendimento di tipo trasmissivo (il docente trasmette dei contenuti di cui è esperto ad una platea di discenti perché li apprendano), l’idea è utilizzare un’applicazione informatica ad integrazione delle discussioni di gruppo per:

  1. Distribuire materiale.
  2. Distinguere i contributi individuali.
  3. Mediare l’interazione tra gli studenti, ove ritenuto utile.
  4. Ottenere un lavoro completato in modo cooperativo.

L’apprendimento è organizzato come un progetto di lavoro collaborativo in cui il problema proposto agli studenti fa da punto di partenza per stimolare un interscambio volto a comprendere e approfondire. Non è il docente del corso a condividere il suo sapere e, quindi, a proporre una soluzione alla situazione problematica.

L’analisi del problema viene condotta da individui interdipendenti nel loro gruppo e che si avvalgono delle indicazioni del docente e del supporto del computer per costruire insieme la soluzione, favorendo al contempo uno scambio che annulla la distanza tra i membri.

Il docente sarà presente con un ruolo consulenziale: se vi serve un mio contributo, chiedetemelo. Altrimenti fate voi. Alla fine, a lavoro concluso, vi darò il mio feedback. Se vedo che durante il percorso tendete ad andare fuori strada, vi darò qualche indicazione o – meglio – vi farò domande per aiutarvi a riflettere sulla direzione che state prendendo.

Il ruolo del software nell’apprendimento collaborativo

Le applicazioni informatiche utilizzate in questo contesto hanno ruoli differenti a seconda delle situazioni. In alcuni casi hanno il ruolo di mediare tra gli individui che collaborano, in altri di mediare tra l’individuo e il proprio lavoro. In questo contesto quindi il computer (o il tablet, o lo smartphone) viene proposto come mezzo per la trasmissione dell’informazione, ma anche e soprattutto come mezzo per le interazioni tra pari e per lo sviluppo del lavoro individuale.

Questo scenario e queste tipologie di interazioni favoriscono un apprendimento attivo da parte dello studente: lavorare con strumenti informatici da soli o – ancor più – in gruppo è un’azione che avviene all’interno della sfera di controllo dello studente, più che del formatore.

Quali sono i principali requisiti che dovrebbe avere un software per CSCL? Supportare al meglio la comunicazione.

  1. Il contenuto e il contesto dell’informazione dovrebbero sempre essere resi disponibili (testo, immagini, voce o uno di questi).
  2. Lo strumento dovrebbe essere in grado di coprire pressoché tutte le necessità di comunicazione del gruppo (quindi meglio ragionare bene su questo aspetto prima di scegliere quale software utilizzare, e considerare anche la scelta di utilizzarne più di uno, se necessario, per attività diverse).
  3. L’informazione dovrebbe essere gestibile in modo personalizzato: si dovrebbe poter scegliere cosa-indirizzare-a-chi (individui, gruppi, liste di individui) se fare un invio privato o pubblico, a seconda delle esigenze.

Lo strumento dovrebbe anche permetterci un’organizzazione mirata degli ambienti di lavoro virtuali, delle attività e dei contenuti.

  1. È importante poter lavorare ad un certo livello di cooperazione, sia per discussioni formali di gruppo che per dibattiti informali.
  2. Non secondaria è la possibilità di organizzare il gruppo in modo elastico, per supplire alle diverse esigenze operative.
  3. Il sistema deve poter essere modificato in base alle dinamiche di coesione scelte dal gruppo.

Esistono a questi scopi diversi sistemi di tecnologie tra cui scegliere.

  1. Sistemi di comunicazione: si tratta di software che permettono la comunicazione tra persone o gruppi distanti (e quindi anche lo svolgimento di attività collaborative online).
  2. Sistemi per la condivisione di risorse (testi, video, immagini, ecc).
  3. Sistemi di supporto ai processi di gruppo: questa categoria indicava inizialmente software sviluppati per il CSCW in ambienti aziendali. Si tratta di strumenti per la gestione di progetti, diari e calendari condivisi, strumenti per brainstorming, strumenti per strutturare specifici tipi di formati di discussione.

In ambienti didattici, è da ricordare anche la funzione di supportare i diversi ruoli che si possono identificare in un gruppo, offrendo accesso differenziato alle risorse, agli strumenti e alle attività: la figura del docente deve poter accedere ad aree di lavoro che possono richiedere l’esclusione degli studenti, viceversa possono esserci ambienti di discussione tra studenti che, esclusi ai docenti, permettono un più libero scambio di opinioni anche sul corso stesso. Infine, in un ambiente didattico ci saranno strumenti o aree a supporto della valutazione dei risultati di apprendimento raggiunti.

Vale la pena di considerare il collaborative learning?

Il collaborative learning è una metodologia che può essere estremamente produttiva ed efficace se e solo se viene gestita con accuratezza e professionalità; in assenza di specifici obiettivi formativi dichiarati, essa può essere totalmente inefficace: se si intende proporre un percorso formativo per l’acquisizione di competenze che non comprendono, tra le altre, la capacità di lavorare in gruppo e l’abilità di mediare per raggiungere un risultato comunitario, allora le strategie da adottare nella progettazione sono diverse e non è prioritario far lavorare costantemente in modo collaborativo i partecipanti.

Gli obiettivi d’apprendimento di un corso devono guidare la progettazione a monte, le scelte metodologiche sono sempre conseguenti agli obiettivi formativi e al target cui il corso è diretto. Il collaborative learning è una strategia che si adatta perfettamente ad alcuni obiettivi formativi, ma sarebbe controproducente utilizzarla per altri. Compito dell’instructional designer è dunque primariamente individuare, per ogni corso che progetta, la metodologia didattica adeguata.

Puoi approfondire la tematica dell’e-learning attraverso la lettura degli altri articoli di Paola Corti: Implementare un sistema di e-learning, E-learning: che cos’è e a chi è rivolto, Quanto è difficile imparare online?

Immagine di apertura di Amélie Mourichon su Unsplash.

L'autore

  • Paola Corti

    Lavora al Politecnico di Milano presso METID, la task force dedicata all’innovazione didattica. I suoi interessi sono orientati fortemente verso la Open Education: nel 2019 ha organizzato la OE Global 2019 Conference.
    Si occupa di progetti europei relativi all’innovazione didattica e di progettazione di MOOC (Massive Open Online Courses) su tematiche relative all’innovazione e alle metodologie didattiche, e di supporto a docenti ed esperti di contenuto nella progettazione dei loro MOOC. È volunteer Mentor nel progetto UNESCO Open Education for a Better World. Le piace fare attività all’aperto, specie in montagna, e ha una passione per il cinema che non sazia mai a sufficienza.

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