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La torta del compleanno

30 Gennaio 2004

La torta del compleanno

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Per festeggiare i 50 anni della TV, il Governo ha preparato una torta da 25 miliardi di euro. Una fettina costerà ad ogni nuovo operatore 1,2 miliardi. È il costoso pedaggio per entrare nel mondo del Digitale Terrestre, sistema di broadcast che rischia di fallire la sua missione di stimolo al pluralismo e di alfabetizzazione popolare, in un Paese in cui un utente su due ignora il vecchio televideo!

La Legge dello Swich-off

Il 50esimo compleanno della tv italiana coincide con lo sviluppo del broadcast. Nel 2004 si celebra, infatti, il vero battesimo di un sistema di trasmissione ancora poco visibile, ma destinato a diventare universale: il digitale terrestre, DTT in sigla, che moltiplica l’offerta stipando 4-5 canali su ogni frequenza (multiplex), migliora la qualità del segnale e risveglia i superstiti neuroni dei seguaci del mass media più unidirezionale con l’impiego del dialogo interattivo.

Se i test della DTT sono partiti per pochi intimi da un paio d’anni, ad opera di Rai, Mediaset e Telecom, la massa critica dovrebbe essere raggiunta in questi mesi. Ecco come il Disegno di Legge che ridefinisce il panorama dei mass media, scandisce i tempi per arrivare allo swich-off, ovvero alla completa conversione del sistema analogico in digitale.

“Il trasferimento dal sistema analogico al digitale prevede un periodo di controllo sull’offerta dei programmi digitali, fino al 31 dicembre 2004, esercitato dall’Autorità per le Comunicazioni. Vi sarà poi un periodo di 18 mesi di proroga all’attuale assetto analogico accanto al quale nasceranno nuove reti digitali. Entro il 1 gennaio 2004 la Rai deve coprire il 50% del territorio nazionale con due blocchi di diffusione; entro il 1 gennaio 2005 il 70% della popolazione”. Entro il 31 dicembre 2006 la tv nazionale, pubblica e privata, sarà del tutto digitale. Fatte salve eventuali proroghe.

Swich-off precox?

Le analisi dei politologi hanno, infatti, criticato la sospetta velocità con cui questo Governo vorrebbe abilitare la DTT, ed accusano il ministro Gasparri di voler aggirare con furbizia i limiti antitrust imposti a Berlusconi. Come? Abbassando la percentuale da assegnare ad ogni grande editore, ma ingigantendo la torta da dividersi in misura tale da destinare a ciascuno di loro una fetta ben più cospicua della precedente.

Una strategia consentita da un sistema di diffusione che centuplica il risicato spettro delle attuali dodici reti su cui Mediaset, Rai e Terzo Polo devono calcolare le rispettive parti spettanti. E attuata anche con la dilatazione del mercato di riferimento, su cui conteggiare la soglia antitrust del 20 per cento, che innalza a dismisura quello che lo stesso relatore della Legge On. Luigi Grillo chiama il “Montepremi”.

SIC, di tutto e di più

Il SIC, Sistema Integrato delle Comunicazioni, include infatti televisione, editoria, pubblicità, telepromozioni e sponsorizzazioni, e lascia fuori da un contenitore di almeno 25 miliardi di euro solo le Telecomunicazioni.

Il Ministro Gasparri ha spiegato questa scelta al Summit dei ministri europei dell’audiovisivo, tenutosi a Siracusa a settembre 2003, con una frase che lui stesso ha giudicata “non in corretto italiano” (chissà perché l’ha voluta dire ugualmente!): “inserire le Tlc nel Sic, lo avrebbe reso troppo grandissimo, perché il Sic è un limite antitrust che riguarda le televisioni, e non avrebbe avuto senso fare convergere i due mercati”. Almeno per ora, in futuro si potrebbe cambiare, “magari, quando sui telefonini si potrà vedere anche la televisione”.

Una telefonata allunga la vita… ed allarga l’oligopolio

Particolare non trascurabile. I detrattori di Gasparri, concentrati sui possibili vantaggi che possono derivare a Mediaset dalla DTT, dimenticano che per accedere alle funzioni interattive più avanzate bisogna attaccare la tv al telefono. Con benefici innegabili per il proprietario della rete telefonica, Telecom Italia, editore de La 7.

Il gestore del terzo polo tv, di fatto diventa concessionario dei servizi interattivi, le utility più innovative del sistema di trasmissione digitale. E le telefonate, ricordiamolo, saranno a pagamento, come ricorda Filippo Barberio su Key4biz: “L’interattività- scrive il magazine- presuppone il collegamento telefonico per l’invio della richiesta da parte dell’utente. Si tratta di un collegamento telefonico che si paga in base alla tecnologia usata o di cui quell’utente dispone: rete internet analogica o ADSL oppure GPRS, 3G o Wi-Fi nei casi in cui si potrà usare una SIM. Quindi nulla di gratuito”.

Oltre a Mediaset e Rai, acquista dunque un ruolo importante nel nuovo assetto tv anche il Gruppo integrato Hmc -formato da Telecom e Seat– che comprende La7, Mtv Italia, telefonia mobile, fissa, ed i portali Virgilio e SuperEva, e che potrà ben sfruttare le sinergie della convergenza tra Tv, Tlc ed informatica, create dalla DTT.

È rimasta un po’ di torta per i più piccoli?

Nulla di male, se il broadcasting numerico offrisse spazio reale anche ad altri operatori. Gli editori minori, o comunque alternativi, che dovrebbero accrescere il pluralismo mediatico, avranno almeno le briciole della torta? Il regolamento sulla DTTcontenuto nella Legge prevede una distinzione -trafornitore di contenuti, fornitore di servizi ed operatore di rete- che dovrebbe abbassare i costi all’ingresso, consentendo a ciascun attore di delimitare il proprio asset e le spese relative.

Inoltre impone ai titolari di almeno due concessioni televisive analogiche (I Tre Grandi di cui sopra) l’obbligo di riservare almeno il 40% della capacità trasmissiva alla sperimentazione di altri soggetti, ed assegna un terzo della capacità trasmissiva prevista dal Piano Nazionale di Assegnazione delle Frequenze agli operatori locali.

È caduta invece nel dimenticatoio la richiesta, di un gruppo di parlamentari di sinistra, di assegnare il 10 per cento dello spettro digitale alle tv comunitarie. Tra i suoi fautori, c’è anche Stefano Bonaga, ricercatore di filosofia dell’Università di Bologna,divenuto popolare come amante della vip tv Alba Parietti, e co-fondatore di Telestreet, il primo network italiano di tv di quartiere.

Ma il DTT non è calibrato certo a misura dei mini-editori delle emittenti di strada! Per richiedere dal prossimo 31 marzo la licenza di operatore di rete, ogni operatore deve disporre di un capitale che taglia fuori in partenza troppi candidati. Una somma che “La Stampa” dello scorso 16 dicembre quantifica con precisione.

“La legislazione vigente indica nel 2006 l’anno del definitivo passaggio dal segnale analogico a quello digitale- scrive Stefano Porro- ma la maggior parte degli esperti ritiene che questo traguardo potrà essere raggiunto non prima del 2010. E nel frattempo che cosa accadrà? Difficile prevederlo. Senz’ombra di dubbio, lo strapotere del duopolio analogico continuerà ad imperversare, visti anche gli ingenti investimenti necessari per approntare una piattaforma di trasmissione digitale: 1,2 miliardi di euro per operatore televisivo. Una cifra non proprio a portata di tutti”.

La DTT italiana costa di più

Il modello italiano di DTT apre anche un inedito scenario tecnologico: i decoder costano di più, perché si è adottata una piattaforma più potente, la MHP, e quelli venduti in questo periodo sono già obsoleti. MHP è uno standard aperto, diverso dagli standard proprietari usati negli altri Paesi europei da operatori di pay Tv per creare mercati verticali.

Spiega il Libro Bianco sul Digitale terrestre del Garante per le Comunicazioni. “Nel breve termine lo standard MHP risulta svantaggiato sul mercato perché:1) non è implementato sulla maggior parte dei decoder oggi in commercio; 2) richiede processori più veloci e potenti di quelli necessari in decoder funzionanti con standard già in commercio; 3) richiede più memoria per la gestione e l’esecuzione delle applicazioni interattive;4) consente l’accesso Internet solo con il profilo più avanzato e quindi più costoso. A causa dei requisiti hardware più spinti sono, quindi, previsti costi più elevati rispetto alle soluzioni basate su piattaforme esistenti.”

Si è adottata questa soluzione più ” costosa”, ma nel complesso più interoperabile ed efficace nelle prestazioni, e comunque ammortizzata dagli incentivi statali alle famiglie per l’acquisto dei set top box, poiché il regolatore europeo, l’ETSI, ha lasciato libero il mercato per non scoraggiare gli investimenti nascenti nel settore.

I passaggi tecnici per attuare una trasmissione digitale “interattiva” sono cinque. I primi due, la codifica del segnale e la multiplazione e trasmissione dei contenuti, sono uniformati a livello europeo dall’ente di standardizzazione,ETSI, che ha pubblicato un set di tecnologie comuni: lo standard di compressione MPEG per la codifica, ed il DVB, con le varianti DVB-Satellite, DVB-Terrestre e DVB-Cavo, per la multiplazione e trasmissione dei programmi e dei servizi. Non sono invece disciplinati gli altri tre passaggi: gestione delle applicazioni multimediali e interattive, dell’accesso condizionato e della sicurezza dei dati interattivi.

Decoder del passato per la Tv del futuro

Gli effetti negativi della scelta di una piattaforma aperta e performante come la MPH saranno però pagati dagli acquirenti dei decoder attualmente disponibili nei negozi. “I decoder attuali- conferma Key4biz- appartengono ad una prima generazione, il che non ha nulla di straordinario se non il fatto che siano considerati inidonei ai servizi previsti entro il 2004.

Sono in sostanza vecchi in partenza, ancor prima di nascere, inidonei ad alcune delle applicazioni tipiche del digitale terrestre. Accusano un rumore (impulse noise) che annulla l’immagine in caso di applicazioni complesse. Potranno tutt’al più consentire la partecipazione a qualche giochino di Amadeus o Jerry Scotti… saranno infatti sostituiti tra giugno e settembre 2004 da decoder di seconda generazione capaci di risolvere il citato problema del rumore”.

Tutti a “Squola” di interattività

La Multimedia Home Platform abilita tre livelli di complessità bidirezionale: un’interattività locale, limitata alla trasmissione ciclica di contenuti (data carousel), un’interactive broadcasting, piena, con canale di ritorno, ed un terzo profilo che aggiunge anche l’accesso ad Internet.

Collegando il decoder al doppino telefonico, gli utenti potranno accedere a un teletext evoluto, effettuare transazioni bancarie, fare t- shopping e richiedere servizi di t-governement e di t-healt. Secondo il Ministero, la sua interfaccia user friendly, ovvero il consueto telecomando arricchito di nuovi pulsanti, candida la DTT a strumento di alfabetizzazione delle masse. Ma chi assicura che la presenza di funzionalità sofisticate sia veramente sfruttata dagli utenti analfabeti?

Televideo, chi è costui?

Un dato tratto da una ricerca sull’uso del comune Televideoin Italia, fa riflettere. Tralasciando le statistiche più recenti, commissionate da Rai e Mediaset per dimostrare la maggiore efficacia dei rispettivi teletext come canali pubblicitari, i sondaggi più disinteressati di qualche anno addietro mostrano una realtà preoccupante.

Nel 1996 si registravano una media di 8 milioni di contatti giornalieri su un totale di 12 milioni di apparecchi televisivi dotati di decodificatore. Almeno 4 milioni di utenti -ammessa e non concessa un’improbabile biunivocità tra utente e contatto!- possedevano il televideo, ma non lo avevano mai usato.

Un sondaggio precedente, eseguito alla fine degli anni ’80, rivela meglio l’uso delle pagine interattive: solo il 54% degli adulti affermava di consultare almeno una volta il servizio in un giorno. Le persone anziane ed a basso livello di scolarità, veri beneficiari di un’eventuale alfabetizzazione, erano il 48 ed il 41 per cento!

Un utente su due, approssimativamente, non aveva notato la presenza sul telecomando del tasto per accedere al teletext: riuscirà oggi a capire che lo schermo magico non è un copyright di Raffaella Carrà?

È qui la festa?

Cosa accadrà dopo la festa di compleanno della Tv? O meglio, dopo la celebrazione del battesimo della nuova Tv? Ecco cosa profetizzava a settembre 2003 in un’intervista concessa al Bernabè Digital Magazine l’ingegnere Leonardo Chiariglione,capo del Gruppo di ricerca Mpeg ed “inventore” putativo della tv digitale.

“Usare slogan come “DTT supera le limitazioni antitrust” e simili, come fanno i politici, è utile come calcolo elettorale, ma a lungo termine vuol solo dire soldi della collettività buttati al vento. O si adotta un modello di business valido o anche l’avventura italiana della televisione numerica terrestre finirà come quella degli altri Paesi che ci hanno provato. Si è arrivati a toccare il fondo del barile, in Italia in particolare. È giunto il momento di stabilire la regola che chi sbaglia deve pagare.”.

La torta della grande festa rischia di intossicare troppi protagonisti.

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